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Libia, terra di nessuno: la mappa delle milizie

Una Libia politicamente spaccata in due e attraversata da milizie armate e jihadisti

Libia, terra di nessuno: la mappa delle milizie

L’avanzata dello Stato islamico in Libia accelera il dibattito nella comunità internazionale su come fermare i miliziani jihadisti. Dopo il video con la brutale esecuzione dei 21 cristiani copti su una spiaggia di Tripoli, l'Egitto ha bombardato con otto raid campi d’addestramento e luoghi di riunione ed arsenali jihadisti lungo il confine con la Libia. Dal Cairo è arrivata la richiesta di "un intervento globale" contro questa "chiara minaccia alla sicurezza internazionale e alla pace".

I presidenti di Egitto e Francia, Abdel Fattah Al-Sisi e Francois Hollande, hanno chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Abdullah al Thani, il premier del governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, ha rinnovato l’appello al dialogo ma in caso di fallimento ha chiesto un'offensiva aerea dell’Occidente per stanare gli jihadisti che controllano Tripoli. "Altrimenti - ha avvertito - la minaccia arriverà in Italia".

Una Libia politicamente spaccata in due e attraversata da milizie armate e jihadisti che con l'Isis sono avanzati nelle ultime settimane da est a ovest. Questa in sintesi la ’mappà dei protagonisti in campo.

I miliziani dello Stato islamico

I jihadisti dell'Isis decapitano i cristiani copti in Libia

È stata Derna, ex provincia dell’Italia coloniale sulla costa orientale del Paese, la prima città libica a giurare fedeltà allo Stato islamico e al califfo Abu Bakr al Baghdadi, lo scorso autunno. Inizialmente circoscritta a Derna, con poche centinaia di uomini tra cui iracheni e yemeniti e campi di addestramento sulle Montagne verdi della Cirenaica, la presenza dei jihadisti dell'Isis si è spostata nelle scorse settimane a Tripoli, dove il 27 gennaio ha compiuto un sanguinoso attacco all'Hotel Corinthia. Di pochi giorni fa, invece, la notizia dell’ingresso di uomini di Baghdadi a Sirte e in altre località dell’ovest del Paese.

Ansar al Sharia

Miliziani di Ansar al Sharia

Nati sulle ceneri della rivolta del 2011 di ispirazione qaedista, i "Partigiani della Sharia" oggi alleati dell'Isis controllano le città di Bengasi e di Sirte. Sono ritenuti responsabili dell’attacco al consolato americano a Bengasi dell'11 settembre 2012 in cui morì l’ambasciatore americano Chris Stevens e altri tre statunitensi. Il gruppo è inserito nella lista nera degli Stati Uniti e dell'Onu delle organizzazioni terroristiche.

Governo legittimo e forze regolari

L'ex generale Khalifa Haftar

In Cirenaica, a Tobruk e Baida, si è autoesiliato in agosto per motivi di sicurezza il governo transitorio di Abdullah al Thani, espressione della Camera dei rappresentanti, il parlamento eletto il 25 giugno scorso, entrambi riconosciuti come legittimi dalla comunità internazionale. Il governo Al Thani è sostenuto dalle forze regolari libiche, nelle cui file è stato "riassorbito" l’ex generale Khalifa Haftar, che da mesi guida l’operazione militare Dignità contro Ansar al Sharia a Bengasi e Isis a Derna, e quella contro le milizie filo-islamiche della coalizione Fajr Libya (Alba della Libia) a Tripoli. A fianco delle istituzioni di Tobruk si sono schierati l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, entrambi indicati come responsabili di raid aerei sulle milizie di Tripoli sin dall’estate del 2014.

Fajr Libya e "governo" parallelo

Dopo la battaglia di agosto contro i rivali di Zintan (oggi fedeli a Tobruk) per il controllo dell’aeroporto internazionale di Tripoli, Fajr Libya (principalmente composta dagli ex ribelli di Misurata) ha imposto nella capitale un governo parallelo, denominato di "salvezza nazionale" e guidato da Omar al Hassi, esponente dei Fratelli musulmani, appoggiato dalla Turchia. Le milizie hanno riportato in vita anche il Congresso nazionale libico, l’ex parlamento il cui mandato è scaduto da tempo. Il 6 novembre scorso una contestata sentenza della Corte Suprema ha definito "illegittimo" il parlamento di Tobruk e il suo governo.

Il Qatar è stato accusato di fornire armi e approvvigionamenti alle milizie filo-islamiche e di condurre una "guerra per procura" contro gli Emirati Arabi Uniti.

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