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L'incubo della jihad resta

L'incubo terrorismo non è affatto finito. Nuovi jihadisti della porta accanto, spesso con il passaporto occidentale, sono pronti a colpire. Le cellule dormienti progettano attentati in Europa

L'incubo della jihad resta

Cinquantaquattro ore d'assedio, tre terroristi giustiziati e una jihadista ancora a piede libero, il sangue di quattro ostaggi innocenti e un intero continente (l'Europa) che adesso non più andare avanti a nascondersi dietro al dialogo. Perché l'incubo della jihad islamica è ancora lì. A blitz finito lo sceicco Hareth al Nadhari, uno dei leader di al Qaeda nella Penisola Arabica, ha intimato alla Francia e a tutti i Paesi occidentali di "smettere di attaccare l’Islam o ci saranno altri attentati". La mattanza alla redazione di Charlie Hebdo, gli 88mila agenti a caccia di due sanguinari fratelli, le "cellule dormienti" pronte a colpire e i contatti col violento mondo musulmano. La guerra qui e ora.

È il 5 febbraio 2002. L'imam Anwar al Awlaki partecipa ad un evento organizzato dal Pentagono, che all’indomani dell'11 settembre cercava probabilmente aperture con il mondo musulmano "moderato". L’imam era già stato interrogato almeno quattro volte dal Fbi pochi giorni dopo le stragi, perché aveva contatti con tre attentatori di al Qaida, Nawaf al Hazmi, Khalid al-Mihdhar e Hani Hanjour. Si tratta di tre dei cinque dirottatori saliti a bordo del volo 77 della American Airlines, quello precipitato proprio sul Pentagono. In realtà, Awlaki altro non è che il "padre" dei lupi solitari, i jihadisti della porta accanto, spesso con il passaporto occidentale. Osama bin Laden lo avrebbe apprezzato molto. Dal 2010 Awlaki è il "delfino" del capo di al Qaeda che viene ucciso nel maggio 2011. È in Yemen che Cherif Kouachi, uno dei due fratelli che hanno ammazzato dodici persone alla redazione di Charlie Hebdo, che incontra l’imam, e a suo dire, riceve i fondi per l’azione di questi giorni. A settembre i droni americani scovano Awlaki in Yemen e lo uccidono. E, sebbene stiamo elencando solo terroristi morti, è bene dire che nulla è finito. I lupi solitari sono liberi di girare in Europa. È proprio nelle nostre città che le cellule dormienti progettano attacchi rimanendo in continuo contatto con le organizzazioni jihadiste di riferimento.

"Come possiamo noi non combattere chi attacca il nostro profeta, insultano la nostra religione. È meglio per voi smettere di attaccare i musulmani - ha dichiarato Hareth al Nadhari - in modo che possiate vivere in pace. Ma se desiderate solo la guerra, allora non avrete più pace fino a quando continuerete a fare la guerra ad Allah e al suo profeta". Una dichiarazione di guerra, appunto. Una rivendicazione della strage è arrivata anche da Mosul, la città irachena occupata dall'Isis. "Abbiamo iniziato con l’operazione in Francia, per la quale ci assumiamo la responsabilità - ha dichiarato l'imam Abu Saad al-Ansari durante un sermone - domani toccherà alla Gran Bretagna, l’America e ad altri, è un messaggio a tutti i Paesi che partecipano alla coalizione internazionale guidata dagli Usa che ha ucciso militanti dello Stato islamico". Non importa quale sia il vero mandante. Perché al Qaeda e Isis hanno iniziato a collaborare dalla fine di settembre quando Jabhat al Nusra denunciò gli attacchi in Siria degli alleati occidentali "una guerra contro l'islam" che richiedeva "una risposta comune". Da quel momento le due organizzazioni hanno smesso di combattersi in Siria. Al loro fianco si sarebbe schierato anche il misterioso gruppo Khorasan considerato dai servizi americani la maggiore minaccia alla sicurezza nazionale perché "impegnato a preparare attentati imminenti".

Ora l'Europa si interroga sulle falle al sistema di sicurezza. Che oggi pare ancora più clamoroso, dopo la notizia che dall’Algeria sarebbe arrivata un'allerta per un imminente attacco il giorno prima dell’irruzione dei terroristi a Charlie Hebdo. Al momento la notizia non ha trovato conferme, ma è bastata per riaccendere la polemica sulla sorveglianza dei soggetti a rischio e in particolare delle cellule jihadiste collegate con il Maghreb. Come quella basata nel 19° arrondissement di Parigi, battezzata "filiera delle Buttes Chaumont", dal nome del grande parco del quartiere, a cui erano collegati sia Cherif Kouachi sia il sequestratore di Parigi Amedy Coulibaly. In realtà la Francia è l'Europa. Nell'informativa alla Camera il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha riferito che Cherif Kouachi "era noto anche alle forze di polizia italiane". Ma nessuno ha mosso un dito. Fra quanto un altro pazzo sanguinario a piede libero, ben noto ai servizi segreti occidentali, deciderà di aprire il fuoco contro innocenti o farsi saltare in aria in un posto affollato? Potrebbe anche accadere oggi, magari in Italia.

E solo dopo ci diranno: "Ci era noto".

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