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L'Isis ha perso il 40% del territorio ed il 50% delle entrate

Al-Qaeda basa le sue entrate sulle donazioni esterne, lo Stato islamico ha generato parte del suo reddito a livello locale con imposte e tasse su imprese e civili

L'Isis ha perso il 40% del territorio ed il 50% delle entrate

Lo Stato islamico starebbe affrontando la sua più grande crisi finanziaria. E’ questa la conclusione del Dipartimento del Tesoro in un nuovo report che analizza l’attuale capacità economica del califfato.

Per la prima volta, i funzionari degli Stati Uniti riportano nel report numerosi casi di corruzione, cattiva gestione e furti che sarebbero avvenuti nei territori ancora sotto controllo Isis.

“Le carenze di cassa hanno già costretto il gruppo a dimezzare lo stipendio dei combattenti iracheni e siriani. Le continue diserzioni confermano che molte unità non hanno ricevuto lo stipendio per mesi. Il malcontento dei civili, invece, continua a montare a causa delle tasse sempre più elevate”.

Secondo il Dipartimento del Tesoro, lo sconvolgimento economico è stato determinato dalla campagna militare della Coalizione a guida Usa e russa che ha colpito le principale entrate del califfato, come gli impianti petroliferi ed i depositi di valuta.

“Lo Stato islamico ha ridotto di un terzo la produzione di petrolio, mentre il fatturato complessivo legato a tale business è sceso del 50%. Le operazioni militari degli Stati Uniti, nel frattempo, hanno eliminato un certo numero di funzionari di alto livello, tra cui il ministro delle finanze del gruppo, Haji Iman, la cui morte è stata confermata una settimana fa”.

Secondo le ultime stime, rispetto allo scorso anno, lo Stato islamico ha perso il 40% del territorio. A differenza di al-Qaeda che basava parzialmente le sue entrate sulle donazioni esterne, lo Stato islamico ha tradizionalmente generato il suo reddito a livello locale, attraverso imposte e tasse su imprese e civili.

"Se non controllano il territorio non possono sfruttare la popolazione. Non possono sfruttare le risorse naturali, che si tratti di olio, frumento o acqua”.

E’ opinione comune che i recenti attacchi terroristici in Europa siano in gran parte una risposta alle prospettive di peggioramento del gruppo. Nel breve periodo, la pressione sulle finanze dello Stato islamico potrebbe rendere il gruppo ancora più pericoloso ed imprevedibile.

“Lo Stato islamico gestisce ancora il 60 per cento dei pozzi petroliferi in Siria ed il 5 per cento in Iraq. Tali risorse continuano a garantire un flusso economico enorme, ma quella quantità di denaro è subito investita nel garantire un esercito combattente".

Il Dipartimento del Tesoro stima che nel 2014, lo Stato islamico riuscì ad accumulare, grazie al solo petrolio, un budget superiore ai 700 milioni di dollari. Entrate illecite che ne hanno fatto l’organizzazione terroristica più ricca del mondo.

“Quel denaro è ora in gran parte scomparso o in stipendi o incenerito dai nostri missili”.

Il Pentagono stima che solo nelle ultime settimane, sono stati distrutti tra i dieci ed i venti depositi per un valore di decine di milioni di dollari.

"Devono accumulare quel denaro da qualche parte. Quando scoviamo i depositi, li facciamo saltare in aria”.

Nel 2015, il gruppo è riuscito a fatturare mezzo miliardo di dollari con la sola vendita del petrolio agli acquirenti in Turchia e Siria. Da rilevare che fino agli attentati di Parigi dello scorso novembre, Obama aveva posto il veto per i raid contro gli impianti petroliferi. I caccia dell’operazione Tidal Wave 2, hanno condotto oltre 200 attacchi mirati contro i pozzi petroliferi, le raffinerie e gli oleodotti.

“Dall'inizio della campagna, la produzione di petrolio da parte dello Stato Islamico è crollata. Il califfato ha perso sia la capacità di raffinazione che di facile accesso ai propri rivenditori del mercato nero in Siria e nella Turchia meridionale. Il gruppo terroristico è sempre più dipendente dal denaro che raccoglie dalle popolazioni locali nelle città e nei villaggi che ancora controlla. Dal 2014, lo Stato islamico ha prelevato centinaia di milioni di dollari da iracheni e siriani attraverso un elaborato sistema di imposte e tasse”.

Un altro duro colpo all’economia dello Stato islamico è stato assestato lo scorso anno, quando il governo iracheno decise di sospendere il pagamento degli stipendi a migliaia di dipendenti pubblici a Mosul e in altre città sotto il controllo dell’Isis.

“Quella mossa ha interrotto un flusso economico di 2 miliardi di dollari l'anno, mentre la loro capacità di acquisto continua a diminuire.

Diminuiscono i beni di prima necessità ed aumentano le tasse per aver violato, ad esempio, le norme sull’abbigliamento”.

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