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L'Isis manda in pensione Al Qaeda

La guerra intestina tra jihadisti ha un solo vincitore: il Califfato. Due leader spirituali di Al Qaeda ammettono: "Soldi e reclute solo allo Stato islamico"

Abu Bakr Al Baghdadi, in una rara immagine che lo ritrae in moschea a Mosul
Abu Bakr Al Baghdadi, in una rara immagine che lo ritrae in moschea a Mosul

Addio ad Al Qaeda. L'organizzazione terroristica che ha portato a termine i più sanguinosi attentati degli ultimi 15 anni, come quello alle Torri Gemelle di New York, perde colpi e la sua leadership è alla disperata ricerca di una soluzione per sopravvivere. Il prestigio e l'influenza globale di Al Qaeda hanno subito un duro colpo negli ultimi due anni con la nascita dell'Isis e il leader Ayman al-Zawahiri sta tentando in tutti i modi di frenare la fuga di comandanti e militanti, inesorabilmente attratti dall'esercito del Califfato.

Due importanti leader spirituali del gruppo terroristico, intervistati da The Guardian, hanno ammesso che lo Stato Islamico sta ormai succhiando risorse e nuovi reclutamenti all'organizzazione creata da Osama bin Laden. Il giordano Abu Muhammad al-Maqdisi, considerato uno dei più importanti ideologi del jihad, è un grande amico di Zawahiri ma non gli risparmia critiche: "Agisce soltanto basandosi sulla fedeltà. Non c'è una struttura organizzativa, ci sono solo comunicazioni di lealtà". Abu Qatada, il predicatore giordano ritenuto uno degli uomini più pericolosi dagli 007 britannici, ha affermato che Zawahiri "è isolato" e ha confessato che l'Isis ha vinto la guerra contro Al Qaeda sia sul terreno sia nella propaganda. Qatada, estradato dieci anni fa dalla Giordania in Gran Bretagna per rispondere alle accuse di terrorismo, è uscito dal carcere la scorsa estate dopo essere stato assolto. Secondo il predicatore, i membri dell'Isis sono un "cancro" che sta crescendo dentro il movimento jihadista, come dimostra anche l'assalto contro al Qaeda negli ultimi due anni. "L'Isis non rispetta nessuno", ha detto Moqtada.

l'Isis era una un ramo di Al Qaeda in Iraq e per anni ha coordinato le azioni terroristiche nel paese sotto la bandiera di Bin laden prima e di Zawahiri poi. A guidare il gruppo era Abu Musab Zarqawi, più volte rimproverato per l'eccesso di violenza e crudeltà da Zawahiri e da Bin Laden, i quali temevano di alienarsi la pubblica opinione musulmana. Zarqawi è stato ucciso nel 2006 dagli americani e il suo successore, Abu Bakr al-Baghdadi, ha seguito le sue orme continuando a seminare violenza e terrore, fino a quando è stato estromesso da Al Qaeda per aver disobbedito agli ordini di Zawahiri. Ma è stato l'inizio della fine per il più famoso network del terrore. La mossa del leader di Al Qaeda è stata considerata un atto di guerra e al-Baghdadi, che si è autoproclamato califfo lo scorso anno, ha deciso di considerare nemici mortali tutti quelli che non dichiarano fedeltà alla sua causa, affermando che non saranno tollerati altri gruppi jihadisti nel suo territorio.

D'altronde, è sotto l'occhio di tutti l'avanzata dell'Isis, che ormai ha esteso la sua influenza dall'Afghanistan alla Siria, dall'Iraq allo Yemen, fino alla Libia e alla Nigeria. Il Califfato è diventato un brand di successo nel mondo islamico e molti analisti sono concordi nell'affermare che la crescita dell'Isis ha messo Al Qaeda ai margini del jihad globale. La Casa Bianca continua a sostenere l'equaziione "Isis = Al Qaeda", ma un ex analista dell'intelligence americana, Derek Harvey, non è dello stesso parere. "Il nostro antiterrorismo è cresciuto combattendo la rete di Al Qaeda, ma l'Isis è un'altra cosa - ha detto Harvey - Il know how, le abilità organizzative e di conseguire gli obiettivi sono capacità che Al Qaeda non ha mai avuto".

Insomma, per il network di Zawahiri sembra ora di andare in pensione.

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