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Messo in libertà dai giudici, il foreign fighter di Brescia ora combatte per il Califfato

Arrestato nel giugno del 2013 per addestramento con finalità di terrorismo, viene rimesso in libertà 15 giorni dopo. Oggi Anas el Abboudi è in Siria

Messo in libertà dai giudici, il foreign fighter di Brescia ora combatte per il Califfato

Da un istituto professionale di Brescia al fronte di Raqqa. "Il mio datore di lavoro è la jihad", scriveva imbracciando un kalashnikov nell’ultimo post pubblicato prima di chiudere la pagina Facebook. Ora il nome di Anas el Abboudi è nell’elenco dei 53 foreign fighter indicati dal ministro dell'Interno Angelino Alfano. Gli esperti dell'antiterrorismo e l'intelligence sono convinti che da oltre un anno si trovi in Siria a combattere tra i miliziani dello Stato islamico o tra le fila dei qaedisti di Jabhat al Nusra.

La di Anas el Abboudi è molto simile a quella di tante altre centinaia di giovani e giovanissimi europei, radicalizzatisi in pochissimo tempo grazie alla propaganda sul web e partiti per i fronti di guerra. Ma quella di Anas el Abboudi, che ha scelto Anas al Italy (Anas l'italiano) come nome di battaglia, è anche l'ennesima storia di un sistema giudiziario (il nostro) che fallisce miseramente. Il giovane fu, infatti, arrestato nel giugno del 2013 per addestramento con finalità di terrorismo ma fu rimesso in libertà appena due settimane dopo dal tribunale del riesame che, pur avendo riconosciuto le sue posizioni radicali, ritenne che il giovane non era in procinto di compiere attentati o gesti di violenza.

Marocchino di origine, naturalizzato italiano, Anas el Abboudi ha 22 anni e viveva a Vobarno, in provincia di Brescia, con il padre operaio cassaintegrato e la madre casalinga. Lui, prima di sparire, frequentava una scuola professionale a Brescia. Gli uomini della Digos e dell’antiterrorismo che hanno indagato su di lui ritengono sia il fondatore della cellula italiana di "Sharia4", un movimento ultraradicale islamico messo al bando da diversi paesi europei, fondato in Belgio nel 2010 dal predicatore filo jihadista Omar Bakri, ed era alla ricerca di obiettivi da colpire nella sua città.

L'odio di Anas el Abboudi nei confronti dell'Occidente nacque dopo l'11 settembre. Tornato a scuola dopo l’attacco alle Torri Gemelle, il ragazzino fu apostrofato con disprezzo. "Terrorista, talebano", gli gridarono i compagni. Da allora Anas ha cominciato a isolarsi e a frequentare i siti più radicali, quei forum dove si parla apertamente di jihad e di uccidere l’infedele. E in più di un’occasione ha manifestato la volontà di morire per Allah. Prima di sparire Anas el Abboudi era ormai diventato un estremista islamico che sul sito veicolava sermoni e documenti di natura jihadista, acquisiva informazioni sulle armi e sulle tecniche di combattimento, sull’uso di esplosivi. "Dimmi, dimmi o mujahid - scriveva - dimmi cosa ti ispira, se la morte ti spaventa, se la vendetta ti accontenta, se il sangue del nemico non ti sazia, preparati alla lotta, il paradiso ti aspetta...". Su "Sharia 4" c’era anche un decalogo con "le 12 chiamate ai credenti". Tra queste figurava anche quella che sosteneva la necessità di "fare esercitazioni dure non solo per combattere ma anche per resistere in prigione, addestrarsi all’uso delle armi bianche per sgozzare i nemici e con fucili per uccidere".

Anas el Abboudi sparisce nel settembre del 2013. Ora lo ammette anche la famiglia che sostiene che sia partito per Aleppo. "Lavoro per jihad, the trail of politica islam", scriveva su Facebook.

Poi, ad agosto del 2014, quell’ultimo post prima che il profilo sparisca: "Il mio datore di lavoro è la jihad".

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