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Militarizzare la Norvegia per contrastare i sottomarini russi

Questa la raccomandazione del Center for Strategic & International Studies. La Russia ha in servizio attivo circa 50 sottomarini: l’Unione Sovietica nel 1957 ne aveva 450. La Norvegia nuova base di proiezione.

Militarizzare la Norvegia per contrastare i sottomarini russi

“L'ex base di Olavsvern, in Norvegia, è ideale per supportare le operazioni sottomarine nell'estremo nord Atlantico e nell’Artico. Le priorità, a fronte della nuova attività russa, devono essere rivolte nel garantire le vie commerciali e la sicurezza delle infrastrutture critiche. Ed, infine, mantenere la capacità di rispondere ad un’aggressione e sconfiggerla”.

E’ questa la conclusione del rapporto a cura del Center for Strategic & International Studies consegnato a Washington, sulle “nuove sfide poste dall’aumento dell’attività sottomarina russa”.

La base di Olavsvern è al centro della nuova architettura di difesa proposta dal gruppo di studio per fronteggiare “la strategia di negazione del mare di Mosca ed il suo nuovo approccio stratificato nel Nord Atlantico”.

Durante la guerra fredda, le unità norvegesi e della NATO utilizzavano Olavsvern, nei pressi di Tromsø, come base di approvvigionamento per i pattugliamenti nel Mare di Barents e per monitorare il traffico sottomarino proveniente dalla costa della penisola di Kola, ad ovest di Murmansk. Olavsvern, venduta alla società Triko AS nel febbraio del 2013, infine, era la base ideale per la proiezione dei sottomarini d’attacco nella regione, rispetto alle strutture navali esistenti in Europa e Nord America. Per i 46 anni della guerra fredda, l’arma navale sovietica più temuta era quella sottomarina. Inizialmente, era concepita come una minaccia per l’utilizzo occidentale delle rotte di navigazione dell’Atlantico per rafforzare e sostenere l’Europa nel caso di un assalto. Successivamente, i sottomarini sovietici equipaggiati con missili strategici divennero la minaccia numero uno per l’Occidente.

Sappiamo che il Cremlino ha ripreso i pattugliamenti strategici oceanici a copertura di possibili obiettivi, in attesa dei sottomarini classe Borei che attendono la fine dei test sui nuovi missili Bulava per svolgere il loro ruolo primario. I pattugliamenti strategici oceanici e lungo le latitudini meridionali erano stati sospesi dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Oggi la flotta sottomarina russa ha aumentato la sua attività a livelli che non si vedevano da prima della fine della guerra fredda. Schierati nella Flotta del Nord, i sottomarini classe Delta IV rappresentano l’ultima evoluzione della classe entrata in servizio nel 1972. Equipaggiati con dodici missili SS-N-23 Skiff, ognuno dei quali dotato di quattro testate MIRV da 100 kilotoni, rappresentano l’attuale spina dorsale russa del deterrente strategico.

Il timore degli Usa è rappresentato proprio dall’accesso verso l’Atlantico: la via di rifornimento principale, cioè, qualora dovesse scoppiare un crisi in Europa. Durante la guerra fredda, gli aerei da pattugliamento marittimo erano sempre in volo nel GIUK gap, braccio di mare tra la Groenlandia, l’Islanda ed il Regno Unito per la rilevazione acustica dei sottomarini sovietici. Le flotte MPA (Maritime Patrol Aircraft) furono dismesse dopo la fine della guerra fredda. L’Olanda ha venduto le sue piattaforme P-3 Orion nel 2003. L’intera flotta MPA inglese fu soppressa nel 2010 a causa di tagli alla spesa militare. Altri paesi come Germania, Italia, Francia e Canada, hanno annullato l’acquisto di nuove piattaforme MPA per modernizzare le flotte attuali. La NATO, infine, stima che l’Europa dimezzerà la sua flotta MPA entro il prossimo decennio (alcuni velivoli sono entrati in servizio negli anni ’80). Anche gli Stati Uniti hanno ritirato dall’Europa la propria forza Maritime Patrol Aircraft. Basti pensare che dai due squadroni presenti durante la guerra fredda, il Pentagono mantiene oggi soltanto cinque velivoli. Nel 2006, gli Stati Uniti hanno dismesso anche la base aerea di Keflavik, luogo chiave per le pattuglie MPA e per la rete idrofonica. La situazione dovrebbe cambiare entro i prossimi quattro anni. Il Regno Unito ha confermato che ricostruirà la sua capacità MPA entro il 2020 attraverso l’acquisto di piattaforme P-8 Poseidon, mentre gli Stati Uniti hanno nuovamente investito risorse per riattivare a pieno regime le strutture di Keflavik dove saranno schierate pattuglie in rotazione, anche se tali forze non risponderebbero alla necessità crescente che il contesto sottomarino impone. Le basi di Andøya e Evenes, nella Norvegia settentrionale, sono già state visionate dagli americani.

La Russia di oggi non è l’Unione Sovietica

Nel rapporto del CSIS si raccomanda agli Stati Uniti di “sfruttare le relazioni bilaterali con la Norvegia al fine di sviluppare ed implementare una nuova generazione di sistemi per il rilevamento sottomarino e snellire la procedura di manutenzione ed assistenza tra i membri della NATO operanti nelle missioni di sorveglianza”.

Continuano dal Center for Strategic & International Studies:

“I sottomarini della NATO hanno utilizzato questa importante base come un hub di rifornimento per lo svolgimento di lunghi pattugliamenti ASW nella regione. La riapertura dell'intera struttura avrebbe un costo proibitivo, ma la Norvegia potrebbe nazionalizzare e riaprire un parte della base per sostenere la presenza delle forze in rotazione di Stati Uniti, Regno Unito e Francia”.

Sarebbe opportuno rilevare, infine, un dato. Se è vero, da un lato, che l’attività sottomarina russa è ripresa, dall’altro è da considerarsi soltanto una minuscola proporzione di ciò che rappresentava un tempo la potente forza sottomarina sovietica. Al di là dei proclami, il dato che preoccupa gli USA è uno soltanto: i paesi della NATO non hanno una reale capacità militare, perché quella attuale si basa su sistemi per lo più datati e forze sottodimensionate. Forse lo spauracchio russo spingerà i paesi dell’Alleanza ad investire nella spesa militare, ma la Russia non è l’Unione Sovietica.

Oggi la Russia di Putin ha in servizio attivo circa 50 sottomarini. L’Unione Sovietica nel 1957 aveva in servizio attivo circa 450 unità. Dal 1945 al 1991, l’Unione Sovietica ha prodotto 727 sottomarini: 492 a propulsione diesel-elettrica e 235 a propulsione nucleare. I tassi di costruzione erano mediamente di quasi 16 sottomarini all’anno per i sovietici e di 4,6 per gli Stati Uniti.

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