Coronavirus

Il mistero del virus cinese: ecco perché non ha un nome

A differenza di altre epidemie del passato la patologia nata a Wuhan viene ancora definita con il nome che le ha dato l'Oms, ovvero "nuovo coronavirus". C'è una spiegazione ben precisa

Il mistero del virus cinese: ecco perché non ha un nome

Il nuovo coronavirus che ha messo in ginocchio la Cina e sta terrorizzando il mondo intero non ha ancora un nome. A differenza di altre epidemie del passato, alle quali era stata apposta una apposita denominazione propria, la patologia nata a Wuhan viene ancora definita con il nome che le ha dato l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ovvero "nuovo coronavirus". L'alternativa è il riferimento scientifico “2019-n-CoV”, un termine in cui la lettera “n” indica “nuovo”, “Cov” sta per “coronavirus” e “2019” indica l'anno.

Eppure, fa notare l'Agi, negli anni precedenti numerosi virus avevano preso il nome dal luogo in cui si erano originati o dalla regione in cui erano stati identificati per la prima volta. Gli esempi non mancano: Mers sta per Sindrome respiratoria del Medio Oriente; il virus Ebola prende il nome da un fiume della Repubblica Democratica del Congo; la malattia di Lyme si rifà a una città del Connecticut.

I criteri dell'Oms per definire un virus

Nel 2015 l'Oms ha tuttavia pubblicato una nuova guida esortando gli scienziati a evitare nomi che potrebbero causare effetti controproducenti o negativi su nazioni, economie o persone. Più nel dettaglio, ecco le linee guida a cui attenersi: “I termini che dovrebbero essere evitati nei nomi delle malattie includono aree geografiche (fra cui Sindrome respiratoria mediorientale, influenza spagnola, febbre della Rift Valley), nomi di persone (come Malattia di Creutzfeldt-Jakob, malattia di Chagas), specie di animali o alimenti (influenza suina, influenza aviaria), riferimenti culturali, di popolazione, industriali o professionali legionari) e termini che incitano alla paura indebita (quali sconosciuta, fatale, epidemia)".

Il nome da utilizzare per riferirsi a una nuova malattia, invece, sempre secondo l'Oms, dovrebbe essere generico e riferirsi a determinati sintomi: “Il nome di una malattia dovrebbe consistere in termini descrittivi generici, in base ai sintomi, a coloro che colpisce, alla sua gravità o stagionalità". Ecco, dunque, perché per riferirsi al virus cinese si utilizzano due possibili termini generici: nuovo coronavirus o 2019-n-CoV.

Gli ultimi report

In ogni caso, nell'ultimo report diffuso dall'Oms si legge che il rischio legato al coronavirus è “molto elevato in Cina ed elevato a livello globale e regionale”. In una nota si precisa che nei precedenti aggiornamenti era stato riportato per errore un rischio a livello globale “moderato”.

Intervistato dall'Agi, il virologo Roberto Burioni si è detto d'accordo con la decisione dell'Oms: “È ormai evidente che siamo di fronte a un rischio globale: sono stati registrati diversi casi negli Stati Uniti, in Francia, in Australia. L'epidemia è ormai in corso. Non so come questo cambio di valutazione da parte dell'Oms si traduca in termini pratici.

Ma credo che la situazione attuale richieda ai paesi di tutto il mondo, compreso il nostro, di essere pronti a fare di tutto per controllare l'eventuale diffusione del coronavirus”.

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