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La Mogherini annuncia: le nostre armi in Irak

L'Italia invia mitragliatrici e munizioni La Farnesina: "Il sostegno umanitario resta la priorità". Paura per gli ostaggi, ma Greta e Vanessa non sarebbero in mano all'Isis

La Mogherini annuncia: le nostre armi in Irak

La strategia comune venuta fuori dalle stanze del Quai d'Orsay è nel segno dell'urgenza. «Urgente necessità di porre fine alla presenza dello Stato islamico nelle regioni in cui ha preso posizione in Irak», è scritto nel documento finale del vertice parigino, che ieri ha riunito 25 Paesi, oltre alle delegazioni di Onu, Unione Europea e Lega Araba. Che si dichiarano «pronti a usare ogni mezzo» per raggiungere l'obiettivo.

Il mondo schiaccia l'acceleratore nella lotta al terrorismo fondamentalista: mentre i leader erano ancora riuniti i jet francesi già sorvolavano l'Irak. E anche l'Italia, che fino a qualche settimana fa si limitava al supporto al pit-stop, monta in sella. Nessun aereo, ha chiarito il ministro Federica Mogherini, il nostro contributo militare è composto da armi e munizioni: due velivoli carichi di mitragliatrici e proiettili sono arrivati a Erbil, nel Kurdistan iracheno, tra sabato e domenica, come già deciso dal Consiglio straordinario dell'Ue di metà agosto. Oltre agli aiuti umanitari, «che sono una priorità», ha continuato la titolare della Farnesina, perché l'obiettivo è «riunire i Paesi che confinano con l'Irak affinché lavorino insieme per arginare l'Isis», sfruttando proprio le buone relazioni diplomatiche dell'Italia con questi Stati. È questo, dice il ministro, il nostro «valore aggiunto».

Una sorta di peacekeeping, un po' diplomatico e un po' armato. Un equilibrio delicatissimo, anche perché in gioco, in quelle aree, ci sono le vite di ostaggi italiani di cui si sono perse le tracce. Delle due cooperanti Vanessa Marzullo e Greta Ramelli non si hanno notizie dal 31 luglio, quando si trovavano ad Aleppo, nel nord della Siria. Nelle ultime ventiquattr'ore si sono diffuse indiscrezioni secondo cui le due ragazze si trovano nelle mani dei jihadisti dell'Isis, in una prigione nei pressi di Raqqa e assieme ad un altro italiano, il padre gesuita Paolo Dall'Oglio, scomparso a fine luglio del 2013. Ma ieri un'altra fonte locale ha smentito, sostenendo invece che Greta e Vanessa sono nelle mani di gruppi armati siriani ad Abizmu, tra Aleppo e Idlib, non lontano da dove furono avvistate l'ultima volta. Se fosse così il loro destino sarebbe legato a faide locali, ma le notizie e smentite disegnano un quadro nebbioso, impossibile verificarne la validità. La domanda è quanto sia a rischio l'incolumità degli ostaggi, ora che l'Italia è in guerra, insieme al resto del mondo.

Anche il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha detto a margine della conferenza che il Cremlino «fornirà il proprio contributo» per aiutare le autorità irachene a «combattere i terroristi e assicurare la sicurezza allo Stato». Ma al contempo ha fatto sapere che aiuti militari simili saranno destinati anche alla Siria, «che deve affrontare un'analoga minaccia terroristica». Mosca resta vicina a Bashar al Assad, il cui esercito governativo è preso di mira negli ultimi mesi proprio dai miliziani jihadisti. Meno di un mese fa Damasco aveva aperto alla possibilità di raid aerei attraverso il suo territorio, chiedendo però agli Stati Uniti di avere voce in capitolo nella strategia. Ma un'alleanza con il regime di Assad resta fonte di imbarazzo per l'Occidente, e per Barack Obama in testa: se il traffico sui cieli di Damasco s'intensificherà nei prossimi giorni sarà comunque senza accordo, almeno in via ufficiale. Mentre la posizione del Cremlino è equilibrista, un po' con l'Occidente e un po' con l'Iran, che intanto ha respinto l'invito americano a coalizzarsi contro i tagliagole.

La situazione diplomatica con Teheran è complessa: «I jihadisti non possono essere sconfitti senza la collaborazione con la Siria», ha detto il vice ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdolahian, sostenendo che «la Repubblica islamica dell'Iran non ha aspettato una coalizione internazionale, ha fatto il suo dovere».

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