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La moglie di Clooney debutta nel processo a Strasburgo sul genocidio armeno

Amal Alamuddin rappresenta il governo armeno, costituitosi parte civile nel processo contro un cittadino turco, che in Svizzera ha negato l'esistenza del genocidio armeno

La moglie di Clooney debutta nel processo a Strasburgo sul genocidio armeno

Amal Alamuddin, moglie di George Clooney, debutta alla Corte di Strasburgo. Nota avvocato dei diritti umani, rappresenta il governo armeno che si è costituito parte civile nel processo che vede imputato un politico turco, Dogu Perincek, che durante un viaggio in Svizzera negò il genocidio armeno. Perincek fu multato per le sue affermazioni, ma presentò appello alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, sostenendo che la Svizzera aveva violato il suo diritto alla libera espressione. Oggi è iniziato il processo di appello. La sede della Corte era assediata dalla stampa.

Oltre ai numerosi giornalisti e fotografi presenti circa 200 armeni che chiedono il riconoscimento del genocidio del 1915.

Il genocidio armeno

Gli armeni erano già finiti al centro di una dura repressione da parte del sultano ottomano Abdul Hamid II, tra il 1894 e il 1896. Per genocidio, tuttavia, si intende quello avvenuto tra il 1915 e il 1916. Gli armeni lo commemorano ogni anno il 24 aprile. Nella notte tra il 24 e il 25 aprile 1915, infatti, furono compiuti numerosi arresti e deportazioni di armeni, inizialmente contro l'élite intellettuale di Costantinopoli: più di mille tra giornalisti, scrittori e persino parlamentari armeni furono deportati in Anatolia, e molti di essi neanche vi arrivarono perché uccise (o lasciate morire di stenti) nelle lunghe "marce della morte". Da qualche anno nell'impero ottomano si era affermato il governo dei "Giovani Turchi", formazione costituitasi alla fine del XIX secolo per trasformare l'impero in una moderna monarchia costituzionale, con un esercito ben addestrato. I giovani turchi temevano che gli armeni potessero allearsi coi russi, di cui erano acerrimi nemici. E in effetti alcuni battaglioni armeni dell'esercito russo nel 1915 si misero a reclutare armeni che prima avevano fatto parte dell'esercito ottomano. Anche i francesi, con il loro esercito, forniva soldi e armi agli armeni, spingendoli alla rivolta contro il movimento che, nel 1923, avrebbe dato vita alla repubblica. Furono anche (qualcuno dirà soprattutto) ragioni politiche e di alleanze, dunque, a causare i massacri.

Ancora oggi la Turchia rifiuta di riconoscere il genocidio compiuto a danno degli armeni. E nel modo più assoluto Ankara nega che il massacro fu pianificato e messo in atto così come, anni dopo, fecero i nazisti in Germania contro gli ebrei. Uno storico turco, che negli anni Settanta affrontò il tema spingendosi a ipotizzare che vi fosse stato un genocidio, fu incarcerato e condannato a dieci anni di prigione. Oggi Taner Akçam vive e lavora negli Stati Uniti. La Turchia tuttora punisce con una pena fino a tre anni chiunque in pubblico citi l'esistenza del genocidio degli armeni: viene considerato un gesto anti-patriottico. Questo negazionismo ha creato moltissime frizioni tra Turchia e Unione Europea, in relazion al negoziato per l'adesione di Ankara nell'Ue. Eppure le foto di Armin T. Wegner testimoniano quel massacro.

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