Russia 2018

Le sigle del terrore minacciano di insanguinare i Mondiali di Putin

Il Ramadan si concluderà il 15 giugno. I campionati del mondo inizieranno il 14 giugno: la prima partita sarà Russia - Arabia Saudita, bersagli già citati dall'Isis

Le sigle del terrore minacciano di insanguinare i Mondiali di Putin

I simpatizzanti pro-Is continuano a minacciare sulla rete i prossimi mondiali di calcio che si disputeranno in Russia dal 14 giugno al 15 luglio prossimo. Ad oggi il gruppo ufficiale Isis non ha mai menzionato nella sua letteratura pubblica (ne esiste una parallela privata) i prossimi campionati del mondo di Russia, anche se la natura multinazionale dell’evento lo rende un bersaglio simbolico ed unanimemente accettabile per i terroristi. Minacce ed un maggiore coinvolgimento dei simpatizzanti non sono affatto sorprendenti, basti pensare alle olimpiadi di Rio del 2016. Per attirare i simpatizzanti due anni fa la propaganda pro-Is venne diffusa sui social media tradotta per la prima volta in portoghese. Medesima strategia adottata per altri eventi olimpici come Sochi e Pechino. Da circa tre settimane, le minacce rivolte ai campionati del mondo sono state tradotte in russo.

Da rilevare che è il messaggio dell'Isis ad avere l'autorità necessaria per innescare i “distaccamenti” per attacchi pianificati e su larga scala. I messaggi pro-Is (comunque rivendicati per la profondità strategica) si rivolgono ai soldati del califfato, coloro che sono stato soltanto ispirati senza aver mai avuto un contatto diretto con il nucleo centrale dell'organizzazione.

Già nel 2014 al-Qaeda suggeriva di cercare occasioni specifiche come campagne elettorali, feste di beneficenza, eventi sportivi e concerti per compiere attentati. Nella sua letteratura pubblica, l’Isis non ha fatto riferimento al mondiale di Russia come un obiettivo da colpire, tuttavia gli stadi sono già stati attaccati con successo dallo Stato islamico.

Perché attaccare gli stadi?

Il terrorismo si pone l’obiettivo di scardinare gli schemi classici, modificando e plasmando lo status quo che la società conosce

Sotto il profilo culturale gli stadi rappresentano i templi dello sport per eccellenza. I jihadisti considerano lo stadio alla stregua di una chiesa per il ruolo che ricopre nella vita del kafir (I seguaci dell’Isis credono di osservare l'Islam nella sua forma più efficace). Lo sport lo appassiona, lo distrae dalla tragicità della sua vita, gli fa provare sentimenti antipodali. Lo sport lo fa divertire, magari anche con la famiglia. Ecco che la struttura che ospita lo sport diventa teatro di battaglia. La strategia degli stadi (attualmente localizzata in Europa) ha già dimostrato di avere senso e si colloca in una tattica che mira alla dispersione delle forze massimizzando la paura nelle masse. Gli stadi ospitano decine di migliaia di persone: alcune strutture sono in grado di contenere anche 90 mila tifosi. Non si prestano ovviamente a tutti gli attacchi. A differenza della metropolitana, attaccare uno stadio con il gas non avrebbe senso per il fatto che si trova in una condizione ottimale sotto il profilo del riciclo dell’aria. Lo stadio in se, però, ha un fattore determinante: ospita una folla che potrebbe, in pochissimo tempo, diventare ingestibile. Se uno degli attentatori di Parigi ad esempio fosse riuscito a farsi esplodere o a far detonare un ordigno a ridosso di un gate stracolmo di tifosi, le conseguenze sarebbero state ben più tragiche. Quella folla in attesa sul campo di gioco (ripresa in diretta mondiale), se fosse stata colpita all’uscita si sarebbe tramutata in una forza dirompente non gestibile dagli steward dello stadio. E considerando i controlli serrati che, in teoria, impedirebbero di minare le fondamenta di una curva, per esempio, deflagrare un ordigno dinanzi un gate stracolmo di persone, resta ancora l’opzione tattica migliore. Infine lo stadio ha una caratteristica particolare, unica nel suo genere: la diretta televisiva. I social permettono di raggiungere milioni di persone, ma tale raggio d’azione non è lontanamente paragonabile ad una diretta televisiva di una partita di calcio, seconda forse ad una partita di football americano.

Possibili date e coincidenze

Una finestra temporale utile potrebbe essere quella compresa tra il 28 maggio ed il 4 giugno prossimo

Con l’inizio del Ramadan il mondo musulmano festeggia l’annunciazione del Corano da parte dell’arcangelo Gabriele al profeta Maometto. Il Ramadan, nono mese dell'anno secondo il calendario islamico, è il periodo per eccellenza nell’Islam dedicato al digiuno per la prima rivelazione del Corano al profeta Maometto. L’osservanza annuale è considerata come uno dei cinque pilastri dell'Islam e obbliga i musulmani ad astenersi dal comportamento peccaminoso e dal combattere se non per autodifesa. Secondo la Scrittura islamica, i premi spirituali del digiuno si moltiplicano durante il Ramadan mentre saranno perdonati i peccati precedenti. Per i veri musulmani praticanti sparsi per il mondo, il Mese Santo si onora con pace e profonda introspezione. Il Ramadan si concluderà il prossimo 15 giugno con l’inizio delle celebrazioni per l’Eid al-Fitr, una delle feste più importanti della religione islamica che sancisce proprio la fine del digiuno.

Così come avvenuto in precedenza il messaggio ufficiale dello Stato islamico è atteso a ridosso degli ultimi dieci giorni del Ramadan, prima della Notte del Destino. Una finestra temporale utile potrebbe essere quella compresa tra il 28 maggio ed il 4 giugno prossimo. Non a caso, gli attentati avvenuti a Medina, Dacca e Baghdad nel 2016 si verificarono negli ultimi dieci giorni del Ramadan.

Secondo le Sacre Scritture nella Notte del Destino o Laylat al-Qadr, il Profeta Maometto ricevette per la prima volta il messaggio divino nella sua interezza. E' chiamata così perché in essa Allah decreta il destino della creazione per l’anno a venire. In realtà si ignora quale giorno fosse, ma è solitamene indicata come una delle notti dispari dell’ultima decade del Ramadan. Lo scorso anno il portavoce dello Stato islamico Abu al-Hassan al-Muhajir (che non possiede la preparazione ed il carisma del suo predecessore) rilasciò su Telegram una messaggio audio di incitamento per compiere attentati durante “il mese sacro della jihad” in Europa, Russia, Stati Uniti, Australia ed Iran (l’Isis ritiene i musulmani sciiti come apostati). Il messaggio è stato diffuso il 12 giugno scorso, a dodici giorni dalla fine del Ramadan. L’eliminazione fisica delle figure principali del movimento non interrompe la profondità strategica digitale. Secondo le tradizioni islamiche, nella Notte del Destino i peccati saranno perdonati. Nella reinterpretazione della teologia islamica ad opera dell’Isis, l'omicidio negli ultimi dieci giorni del Ramadan è considerato un atto devozionale.

La Notte del Destino e l'inizio dei Mondiali

Il Ramadan si concluderà il prossimo 15 giugno con l’inizio delle celebrazioni per l’Eid al-Fitr. La cerimonia di inaugurazione della 21° edizione della Coppa del Mondo si terrà il prossimo 14 giugno dinanzi gli 80 mila spettatori del Luzhniki Stadium di Mosca. La prima partita sarà Russia - Arabia Saudita, entrambi bersagli già citati dall'Isis. Oltre al lavoro svolto dall’intelligence russa, i dodici stadi che ospiteranno i mondiali saranno certamente difesi da diversi perimetri difensivi ridondanti e da una schermatura aerea contro i droni.

Come i terroristi hanno trasformato il Ramadan in un mese di guerra

Un modello stagionale di violenza

Il Profeta Maometto ottenne la prima vittoria musulmana della storia in quella che è nota come la Battaglia di Badr, durante il Ramadan del 624. Contro ogni probabilità, quella vittoria assicurò la sopravvivenza della neonata comunità di credenti. Durante il Ramadan del 630, Maometto conquistò anche la Mecca. I jihadisti sfruttano tali riferimenti storici manipolandoli per fini politici. Abdullah Azzam, il padre della jihad moderna, nei suoi testi affermava che "trascurare la jihad è come abbandonare il digiuno e pregare. Solo con la jihad il musulmano può raggiungere il più alto dei ranghi. Il credente vede la vita terrena come una prigione ed ambisce a raggiungere Allah". La reinterpretazione della teologia islamica ad opera dell’Isis risale al 2014, durante i primi sermoni di Abu Mohammed al-Adnani, portavoce del gruppo e del califfo autoproclamato Abu Bakr al-Baghdadi. Il linguaggio jihadista non va inteso come letterale, ma interpretato ed incastonato in un preciso contesto con un chiaro obiettivo strategico. Nella sua prima apparizione pubblica in una moschea nella città irachena di Mosul, al-Baghdadi gettò le basi della nuova mentalità radicale islamista sostenendo la liceità e la natura obbligatoria della jihad nel Ramadan. Il discorso di al Baghdadi decontestualizzava le classiche prescrizioni del Corano per garantire un supporto religioso ad omicidi e missioni di martirio.

“Gli atti virtuosi (omicidi) durante il Ramadan varranno mille volte più di qualsiasi altro periodo dell’anno. Questo è il mese in cui il profeta ha ordinato agli eserciti di combattere contro i nemici di Dio. E Dio ama chi uccide i nemici in suo nome”.

Un semplice passaggio che di fatto elevò la jihad durante il Ramadan ad obbligo per i musulmani. L’omicidio dei non credenti, che è sempre di ispirazione divina, durante il Ramadan acquisiva un valore ulteriore poiché avrebbe moltiplicato le ricompense spirituali. La Sacra Scrittura Islamica è stata così stravolta da messaggi che invocano a “guadagnare il massimo beneficio durante il Ramadan”. Nella visione Isis l’omicidio durante il Ramadan non è considerato come una violazione della Sacra Scrittura, ma un obbligo in rispetto alla nuova rivisitazione moderna della teologia islamica. Poiché sono le azioni terrene che garantiscono le ricompense divine, l’omicidio durante il Ramadan ha pienamente senso. È questa la base teologica alla base degli attacchi durante il Ramadan, da al-Adnani definito come “il mese di conquista”. Se l'Occidente non capisce come l'Isis elabora e decontestualizza la teologia islamica, non sarà mai in grado di combatterlo efficacemente.

Il primo messaggio dell'Isis per il Ramadan del 2014

In preparazione del Ramadan del 2014, l’Isis iniziò ad utilizzare in diversi messaggi ed articoli pubblicati su Rumiyah la parola ribat. Quest’ultima inserita gradualmente nei testi, è stata poi associata al Ramadan per un binomio linguistico divenuto costante. Non si trattava, così come erroneamente inteso, di semplice propaganda con riferimento al Medioevo islamico. Con il termine Ribat ci si riferisce ad un avamposto di frontiera ai confini del mondo islamico. Una struttura fissa quindi, in grado di assolvere ad un duplice scopo di natura spirituale e militare. Frasi come “Fare Ribat”, nella raffigurazione moderna della jihad con la scrittura islamica classica, iniziarono a ripetersi costantemente nei testi e nei messaggi dei terroristi. Poiché la legittimità dell’Isis tra i suoi seguaci si basa sulla rivendicazione delle dottrine islamiche, contestualizzare il Ramadan a momento di lotta divina contro i nemici di Dio aveva pienamente senso. Riscrivendo la percezione di un nemico lo si colloca al di fuori di un gruppo. Non riconoscendo nell’avversario alcun tipo di diritto, si elimina qualsiasi tipo di preoccupazione e rimorso nel compiere azioni efferate contro soggetti che non dispongono di caratteristiche umane. La retorica delle organizzazioni terroristiche impiega spesso linguaggi e immagini per ritrarre i nemici con spiccate caratteristiche negative a svariati livelli (affettivi, culturali, intellettivi).

Enfatizzando la percezione di un nemico non umano infine, si annulla qualsiasi tipo di negoziazione pacifica.

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