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La Nato deve identificare i nemici e poi plasmare le sue difese

La Nato deve stabilire all'unanimità le minacce esistenziali: la Russia è un nemico?

La Nato deve identificare i nemici e poi plasmare le sue difese

Tra pochi minuti il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump chiederà agli alleati della Nato perché gli interessi americani nella sicurezza dell'Europa sono così importanti da giustificare il costo delle forze USA schierate nel Vecchio continente. Gli alleati potrebbero rispondere affermando che la sicurezza dell’America in patria dipende dalla protezione dell'Europa da minacce che noi non possiamo affrontare da soli, così come avvenuto nelle due guerre mondiali. Tuttavia se cosi fosse la Russia di oggi dovrebbe essere considerata alla stregua di Stalin e Hitler e tutti gli alleati dovrebbero riconoscerla come minaccia esistenziale. La teoria della solidarietà euro-atlantica sulla questione russa è utopia poiché le preoccupazioni e le prospettive di un gruppo di Paesi non diventeranno mai posizioni dell'Alleanza nel suo complesso ed accettate da tutti i membri.

Le divergenze della Nato nella percezione della minaccia

Stati Baltici, Polonia e Romania considerano la Russia come una immediata minaccia esistenziale. Tuttavia tale percezione cambia in Europa meridionale, dove la Russia non rappresenta una minaccia esistenziale. Sarebbe opportuno ricordare i rapporti commerciali tra Turchia (potente alleato della Nato) e Mosca o il massiccio acquisto tedesco di gas russo. E' così che si combatte un avversario? In realtà Francia e Germania non ritengono la Russia una minaccia diretta, sebbene osservino con attenzione l'impatto negativo del Cremlino sull'ordine europeo. Allo stesso tempo, entrambi propongono un approccio a doppio binario, abbracciando sia la deterrenza che l'impegno in relazioni commerciali produttive con la Russia. Per Norvegia e Regno Unito, la Russia è una minaccia, ma anche un partner economico significativo. La Russia non è un principio organizzativo centrale per la politica estera degli Stati Uniti mentre gran parte dell'attenzione tende ad essere episodica, piuttosto che una preoccupazione fondamentale per la sicurezza. I termini della partnership devono essere rinegoziati e ridefinito il terreno comune. Se la Russia è un nemico, la Nato deve prepararsi alla guerra e per vincerla. Se la Russia non è un avversario, la Nato deve cambiare la sua postura, la medesima dalla guerra fredda e plasmare le sue capacità. Prima ancora del burden sharing, la Nato deve identificare all'unanimità i suoi nemici e plasmare di conseguenza le sue difese.

Se la Russia è una minaccia esistenziale, la Nato deve prepararsi alla guerra

Le attuali forze della Nato sul territorio Baltico non rappresentano una minaccia credibile per la Russia. I giochi di guerra della Rand hanno dimostrato l’inadeguatezza dell’Alleanza contro un’offensiva russa sui Pasi Baltici (che non avverrà). In nessun contesto simulato, le attuali forze della Nato sono state in grado di mantenere le capitali come Tallin o Riga per più di 60 ore. In diverse simulazioni, la Nato è stata sconfitta in 36 ore. Un’offensiva russa lascerebbe poche opzioni agli Stati Uniti (il ricorso al nucleare sarebbe inevitabile), travolto l’attore strategico dominante in Europa centrale. Sarebbe un fallimento di quasi 75 anni di sforzi bipartisan americani per sostenere la sicurezza in Europa. Il requisito minimo per la deterrenza e la negazione lungo i confini della Nato con la Russia, è quello di garantire delle permanenti azioni strategiche.

Sarebbero necessarie sette brigate indipendenti, tre delle quali pesanti, supportate da artiglieria ed aviazione. Per essere efficaci, le brigate dovrebbero essere già schierate in Europa: dovranno essere in grado di arrestare la principale forza d’invasione russa stimata in almeno cinquanta battaglioni tattici. Con sette brigate, la Nato sarebbe in grado di difendere i Paesi Baltici per un massimo di 28 giorni.

Fortificata l’Europa bisognerà vincere, poiché la forza delle sette brigate non sarebbe sufficiente per resistere a tempo indeterminato contro le preponderanti forze russe. Il contrattacco della Nato dovrà quindi basarsi su una forza di ulteriori 14 nuove brigate indipendenti. Tale forze è ritenuta in grado di ripristinare il terreno perduto e respingere i russi fino alle loro linee iniziali. Parliamo quindi di 21 brigate. Le sette brigate della Nato dovranno essere schierate in Europa, poiché è impossibile credere che possano essere ridistribuite in tempo di guerra, considerando che le attuali forze non sarebbero in grado di sostenere un attacco ad est del fiume Oder, mentre le principali unità degli Stati Uniti sono localizzate nella Germania sud-occidentale, a più di 1.000 miglia dalla probabile zona di combattimento. Qualsiasi tentativo di supportare logisticamente e rivitalizzare le forze della Nato da quella distanza sarebbe impossibile.

La Nato non sarebbe in grado di spostare e supportare grandi formazioni di combattimento lungo il suo confine orientale ed in particolare in tutti e tre gli Stati Baltici. La Nato dovrebbe essere riorganizzata e strutturata su 21 brigate indipendenti, organizzate in tre corpi d’armata. Secondo le attuali capacità, gli Stati Uniti sarebbero in grado di fornire fino a 12 brigate indipendenti (a costi esorbitanti).

L’attuale strategia della Nato strutturata su tre brigate è tatticamente assurda ed inutile. La deterrenza minima concepita per difendere realmente gli Stati Baltici richiede una forza di sette brigate, tre delle quali corazzate. Le quattordici brigate supplementari sarebbero necessarie per contrattaccare e respingere le forze russe.

L’errata valutazione della Rand per l’ultima guerra in Europa

“Già 50 anni fa le strade di Leningrado mi hanno insegnato una regola: se lo scontro è inevitabile, colpisci per primo”. E' una delle frasi più famose del Presidente russo Vladimir Putin.

Rappresenta anche la tattica di Putin. Trasliamo queste affermazioni in un contesto tattico. Nei wargame della Rand, la Russia invade l’Europa con forze pesanti, conquistando agevolmente i Paesi Baltici. Tuttavia la domanda è una soltanto: perché? Se nell’assurda ipotesi la Russia dovesse dichiarare guerra all’Europa e quindi alla Nato e cioè agli Stati Uniti, perché Putin dovrebbe comportarsi come nella Seconda Guerra Mondiale?

“Se lo scontro è inevitabile, colpisci per primo”. E colpire per primo, in gergo militare, significa utilizzare l’intero ventaglio delle opzioni disponibili per decapitare la linea di comando nemica ed impedire a quest’ultima di contrattaccare. Posto che la Russia non invaderà l’Europa, se Mosca volesse dichiarare guerra alla Nato non attuerebbe tattiche delle Seconda Guerra Mondiale ma lancerebbe migliaia di testate termonucleari contro gli Stati Uniti ed i siti strategici della Nato. Ed ogni caso, anche se l’attacco preventivo russo avesse successo azzerando le capacità della Nato in Europa, la rappresaglia statunitense sarebbe devastante con danni inimmaginabili. La griglia di rilevazione statunitense consentirebbe di contrattaccare prima ancora di essere colpiti dai russi.

Concepire una guerra con delle regole d’onore sarebbe da stupidi. Tanto varrebbe consegnarsi al nemico. La guerra convenzionale è prerogativa delle potenze non nucleari. Se Putin volesse dichiarare guerra alla Nato lancerebbe un migliaio di testate termonucleari, non ordinerebbe ai carri armati di violare i confini dei Paesi Baltici. Sarebbe comunque l’ultimo ordine di Putin. Le super potenze continueranno a farsi la guerra per procura in scenari asimmettrici.

La Nato deve cambiare la sua postura strategica

L’Europa di oggi non sta lottando per riprendersi dalla Seconda Guerra Mondiale, mentre le sue capacità militari complessive dovrebbero essere alla stregua degli Stati Uniti. L’area di responsabilità della Nato è principalmente focalizzata sull’Europa, ma non vi sono guerre (nel senso stretto del termine) in questa zona. L’intervento russo in Ucraina avrebbe dovuto innescare un’inversione di tendenza per la Nato, ma la costante preoccupazione espressa dai paesi membri dell’Alleanza non si è riflessa nella spesa per la Difesa. In realtà, sia l’Ucraina con lo spauracchio di scenario bellico moderno, ma convenzionale, sia lo Stato islamico ed il suo contesto prettamente asimmetrico che la cyber difesa, rappresentano minacce reali per la sicurezza europea e per la Nato. La Nato non può più definire come sua ragion d’essere la protezione dell’Europa dall’invasione russa. L'Alleanza oggi è mal strutturata, mal equipaggiata e mal finanziata per affrontare i principali problemi di sicurezza della regione europea. Tuttavia è imperativo che la Nato si scrolli di dosso il cadavere della guerra fredda. Prima ancora del burden sharing (la condivisione degli oneri), la Nato deve identificare all'unanimità le minacce esistenziali. Successivamente analizzare non solo gli input (la quantità di denaro speso) ma anche sugli output, le effettive capacità militari che gli alleati possono schierare. La Nato deve innanzitutto essere unanime nei suoi intenti ed essere strutturata sulle reali capacità specifiche plasmate sulle minacce esistenziali percepite e ritenute come tali.

La soglia del 2% va rivista

L'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord è stata concepita per supportare logisticamente la presenza in Europa degli Stati Uniti. Parliamo di una strategia che proviene direttamente dalla guerra fredda. La Nato era un'alleanza con un unico scopo: proteggere l'Europa occidentale da una invasione sovietica. La struttura di base della Nato non è cambiata dal crollo dell'Unione Sovietica nel 1991. E' semplicemente cresciuta fino ad includere gli ex stati satelliti sovietici e gli Stati baltici. Il motivo dietro l'espansione era quello di inglobare questi paesi nel quadro del sistema di difesa occidentale, al fine di dare loro fiducia nella loro indipendenza, così da contribuire a sostenere lo sviluppo delle democrazie.

Con il crollo dell’Unione Sovietica, Stati Uniti, Regno Unito e Francia incoraggiarono le nazioni europee a costruire forze orientate verso missioni di proiezione come in Afghanistan, con l'invio di truppe lontane dai confini nazionali. Convogliando i fondi in questa direzione, la spesa militare interna divenne opzionale.

Dal 1985 al 1989, i membri europei dell’Alleanza investirono una media del 3,3 per cento del PIL per la Difesa. Dal 1990 al 1994 la spesa si ridusse al 2,7 per cento. Nel periodo tra il 1995 ed il 1999, la spesa scese al 2,2 %, fino ad arrivare all’1,9 % tra il 2000 ed il 2004. Entro il 2009, la media scese all’1,7 % per arrivare al punto basso dell’ 1,45 per cento nel 2015.

Al vertice Nato in Galles del 2014, dopo anni di declino, i leader decisero di investire il 2% del PIL nella Difesa. Nel 2014, soltanto Stati Uniti (che da soli rappresentano oltre la metà delle spese militari della Nato) Regno Unito e Grecia spendevano il 2% o più nella Difesa. Quest'anno otto alleati raggiungeranno l'obiettivo. Entro il 2024 almeno 15 alleati dovrebbero spendere il 2% del PIL o più nella Difesa. Negli ultimi tre anni gli alleati europei ed il Canada hanno aggiunto 46 miliardi di dollari ai bilanci della Difesa ed investito 19 miliardi di dollari in più nelle principali attrezzature militari. Entro il 2024, si prevede che 22 dei 29 alleati investiranno il 20% dei loro bilanci della Difesa nelle principali attrezzature militari per migliorare le nostre forze e la loro prontezza operativa.

Calcolare la soglia del 2%

100 miliardi di dollari l’anno. E’ questa la portata dell’investimento se tutti i paesi della Nato (Stati Uniti esclusi ovviamente) raggiungessero il 2% del loro Prodotto Interno Lordo per la Difesa. Tutti i membri dell’Alleanza dovranno raggiungere tale obiettivo. I livelli di spesa derivano direttamente dalle decisioni politiche e dal processo di traduzione degli ingressi fiscali nella spesa militare. Se ad esempio Germania, Italia, Canada, Spagna e Paesi Bassi raggiungessero il 2 per cento del PIL per la Difesa, la Nato toccherebbe un livello di spesa di 80 miliardi di dollari. Se Berlino si impegnasse ad investire il 2 per cento del PIL, aggiungerebbe 30 miliardi di dollari nella difesa europea, una larga fetta dell’obiettivo fissato. La Germania assegna solo l’1,2 per cento del PIL alla difesa e gran parte del suo bilancio è ripartito per il personale. Nonostante le rassicurazioni l’obiettivo dei cento miliardi di dollari è ancora un miraggio. I più importanti e ricchi paesi della Nato sono troppo piccoli o economicamente deboli per avere un effetto sul saldo finale della difesa europea, mentre saranno proprio le scelte della Germania ad essere determinanti per capire la futura capacità dell'Allenza.

L’Italia nel 2016 ha investito nella spesa militare l’1,11% del PIL

Ogni paese membro della Nato avrebbe dovuto investire il 2 per cento del PIL per la Difesa. Il termine del 2 per cento del PIL è stato fissato analizzando il livello medio di spesa dell’Alleanza tra la fine della guerra fredda fino al 2003. Il 2 per cento rappresentava lo standard medio degli alleati, quindi facilmente gestibile. Un obiettivo che, al 2016, è stato raggiunto soltanto da cinque alleati: Stati Uniti (3,61%), Grecia (2,38%), Regno Unito (2,21%), Estonia (2,16%) e Polonia (2%). L’Italia, nel 2016, ha investito nella spesa militare l’1,11% del PIL.

Nel 2016, la Francia è stato il sesto paese dell’Alleanza ad aver investito di più con l’1,78% del PIL. Seguono Turchia (1,56%), Norvegia (1,54%), Lituania (1,49%), Romania (1,48), Lettonia (1,45%), Portogallo (1,38%), Bulgaria (1,35), Croazia (1,23%), Albania (1,21%), Germania (1,19%), Danimarca (1,17%), Olanda (1,17%), Slovacchia (1,16%), Italia (1,11%), Repubblica Ceca (1,04%), Ungheria (1,01%), Canada (0,99%), Slovenia (0,94%), Spagna (0,91%), Belgio (0,85%), Lussemburgo (0,44%).

La Nato dovrebbe abbandonare l'obbligo di spendere il 2% del PIL nella Difesa perché non più realistico. Identificate le minacce esistenziali, la Nato dovrebbe richiedere a tutti i membri di impegnarsi a spendere le risorse necessarie per soddisfare le responsabilità di difesa identificate. In base alla minaccia esistenziale identificata, l'obbligo di spesa potrebbe essere superiore al 2%. Sarebbe sempre una spesa mirata contro una minaccia esistenziale certa e condivisa.

La Nato vista da Trump (e dagli americani)

Attualmente gli Stati Uniti mantengono una forza permanente di 32 mila soldati in Germania. Il punto non riguarda soltanto le forze Nato schierate in Europa (irrilevanti senza gli Usa), ma sul costo qualora scoppiasse un conflitto con la Russia (che non ci sarà). Il burden sharing, cioè l’equa divisione degli oneri tra gli alleati sarà uno dei temi principali affrontati a Bruxelles. Il costo di una guerra convenzionale in Europa sarebbe immenso (concetto ampio). Il costo di una guerra nucleare inimmaginabile poiché le testate termonucleari russe colpirebbero con certezza assoluta le citta americane. Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti riconobbero ad accettarono il costo dell’enorme sistema militare allestito in Europa, pronto ad ammortizzare l’invasione dell’Unione Sovietica. Dopo la fine della guerra fredda, gli alleati diedero per scontato che gli Stati Uniti mantenessero i medesimi impegni strategici. Oggi gli USA si ritrovano ad affrontare altre regioni prioritarie, in particolare nel Pacifico occidentale. L'opinione pubblica americana si aspetta che i paesi ricchi dell'Europa si difendano da soli, con Stati Uniti in ruolo di supporto strategico in base alle necessità.

Nella Dottrina Trump (una Dottrina Nixon 2.0) il futuro impegno degli Stati Uniti ai sensi dell'articolo 5 è subordinato alla performance europea. Tali capacità fornite dagli Stati Uniti dovrebbero essere specificamente adattate per rafforzare i piani della Nato. Secondo la nuova divisione globale delle responsabilità, gli stati europei si concentrerebbero sulla minaccia meridionale. Per affrontare la minaccia russa nell'Europa nordorientale, gli Stati Uniti dovrebbero guidare e sviluppare i requisiti per le forze in grado di scoraggiare e, se necessario, sconfiggere l'aggressione russa irregolare e convenzionale.

Per Trump e gli americani i membri della Nato in Europa sono pienamente in grado di provvedere alla propria difesa.

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