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Libano, l'inferno di Beirut. ​Un incendio o un attentato?

Esplosioni causate da nitrato di sodio altamente esplosivo? Non si escludono altre motivazioni. L'esperto: "A rischio stabilità del paese"

Libano, l'inferno di Beirut. ​Un incendio o un attentato?

Due esplosioni terrificanti hanno scosso oggi la capitale del Libano, Beirut. La deflagrazione, avvenuta nella zona del porto, è stata avvertita in tutta la capitale libanese, provocando scene di panico tra i cittadini: il ministro della sanità ha dichiarato che sono 30 le persone rimaste uccise e oltre 3.000 quelle ferite. Ma è un bilancio purtroppo destinato a crescere nelle prossime ore. La situazione è disperata: Al-Manar, la TV ufficiale libanese del movimento sciita Hezbollah, ha reso noto che gli ospedali di Beirut sono sopraffatti dal numero di vittime dell'esplosione del porto della città; e ha rivolto un appello con la richiesta di donazioni di sangue. Secondo le prime ricostruzioni, l'esplosione nei pressi del porto di Beirut sarebbe stata causata da nitrato di sodio altamente esplosivo confiscato da una nave più di un anno fa e collocato in uno dei magazzini dello scalo marittimo. Un corrispondente di Al-Manar ha confermato quest'ipotesi.

Anche il ministro dell'Interno libanese ha affermato che il nitrato di ammonio è stato immagazzinato nel porto, ed è ciò che ha causato l'esplosione. Ha detto che alle dogane libanesi dovrebbe essere chiesto perché fosse lì. Il generale Abbas Ibrahim, riferisce Al Jaazeera, ha visitato il sito dell'esplosione sottolineando che la causa è da ricercarsi in materiale altamente esplosivo, proprio come il già citato nitrato di ammonio. C'è anche un'altra ipotesi: l'esplosione di un magazzino di armi di Hezbollah. È quella più accreditata fra varie fonti di intelligence occidentali citate dall'Adnkronos, secondo le quali ad esplodere non sarebbe stato un deposito di fuochi di artificio o un vasto quantitativo di nitrato di ammonio, come riferito dal ministro dell'Interno libanese Mohamed Fehmi, ma un deposito di armi delle milizie sciite libanesi filo iraniane

Esplosioni a Beirut, l'esperto: "Fosse anche un incidente non va sottovalutato"

Secondo, Roberta La Fortezza, analista per la regione Medio Oriente e Nord Africa e Sahel per Ifi Advisory e dottore di ricerca in Storia delle Relazioni Internazionali, intervistato dall'agenzia Nova, a prescindere dal dilemma tra attacco e incidente e dalla possibilità che l'esplosione avvenuta oggi a Beirut possa anche essere utilizzata dalle varie fazioni (interne e non), la detonazione registrata nel porto della capitale potrebbe avere importanti conseguenze sulla stabilità del Libano. "Il porto della capitale è distrutto e per un paese import oriented come il Libano questo può diventare un fattore cruciale. Ciò è tanto più vero in questo particolare momento storico: il Libano si trova infatti a vivere la peggiore crisi economica dai tempi della guerra civile. Fosse anche solo un incidente, non sarebbe per nulla da sottovalutare", ha detto La Fortezza.

Nel frattempo, Israele interviene per smentire ogni possibile teoria su un suo eventuale coinvolgimento nell'accaduto e porre freno alle speculazioni. Il ministro degli Esteri israeliano Gabi Ashkenazi ha sottolineato che la devastante esplosione di Beirut "è stata un incidente causato da un incendio. Suggerisco cautela con la speculazione - non vedo alcun motivo per non credere ai rapporti di Beirut".

Attentato o incidente?

Come nota il Corriere della Sera, la deflagrazione avviene durante un periodo di destabilizzazione interna e profonda crisi economica, tensione aggravata dall’attesa della sentenza per l’omicidio dell’ex premier Hariri. Arriva curiosamente a poche ore dall'annuncio, per venerdì prossimo, del Tribunale speciale per il Libano (Tsl), con sede all'Aja, dell'attesa sentenza sull'omicidio dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, ucciso a Beirut il 14 febbraio del 2005 assieme ad altre 21 persone. Alla sbarra, ricorda l'Ansa, quattro imputati in contumacia, tutti membri del movimento sciita libanese Hezbollah: Salim Ayash, Habib Merhi, Hussein Oneissi e Assaad Sabra. C'era anche un quinto imputato, Mustafa Badreddin, considerato la mente dell'attentato di San Valentino, a Damasco nel 2016. Tutti e cinque sono accusati di "complotto a fini terroristici e omicidio preterintenzionale" e di altri capi di imputazione connessi.

Il mistero delle sostanze esplosive stoccato al porto

In attesa che venga appurata la dinamica dei fatti, occorre prendere in considerazione ogni ipotesi, dall'incidente alla pista dolosa. Innanzitutto c'è da chiedersi com'è possibile che quel tipo di materiale così pericoloso - nitrato di ammonio - fosse stoccato lì, al porto. Chi doveva controllare e perché non lo ha fatto? Come scrive Guido Olimpio sul Corriere della Sera, va poi considerato il contesto. Beirut, con le fazioni, le spaccature confessionali e ora con una crisi sociale senza precedenti si presta a qualsiasi gioco. Il materiale non manca.

In queste ore le hanno dette tutte: un missile, il sabotaggio, l’incuria, la “manipolazione” del materiale, la disgrazia: cosa è accaduto davvero? E anche se si è trattato di un incidente, resta sempre lo spazio per una narrazione alternativa o altre speculazioni.

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