Cronache

"No ai vestiti di lana", la nuova crociata degli animalisti

Polemiche dopo l'ultima campagna della Peta con Alicia Silverstone, l'attrice vegana che ama i tacchini. Gli allevatori sul piede di guerre: "Accuse infondate"

"No ai vestiti di lana", la nuova crociata degli animalisti

Agli animalisti non piace più la lana. E così la Peta e l’attrice vegana Alicia Silverstone hanno avviato una campagna di sensibilizzazione che riprende, pari pari, temi e slogan di quella che negli anni ’90 ha portato quasi al collasso la popolarità e le vendite delle pellicce. “Meglio nuda che vestita di lana”. Perché anche tosare le pecore, secondo vegani e animalisti, è un atto di crudeltà.

La campagna ha scatenato la rabbia delle aziende che producono la lana, degli allevatori che sono sul piede di guerra e parlano di slogan senza senso dato che le leggi impongono trattamenti agli animali che non sono quelli denunciati dall'organizzazione animalista.

L’attrice ha pubblicato sui suoi social l’immagine che la ritrae nuda, di spalle, con in mano una maschera da pecora. Ha accompagnato il lanco della campagna dicendo che “l’industria della lana è davvero, davvero crudele. Gli allevamenti non sono dignitosi e non si tratta di un qualcosa di innocuo come un semplice taglio di capelli. È più simile a una tortura a vita che termina con la macellazione. Per queste e molte altre ragioni preferisco girare nuda che vestire lana”.

La Silverstone è diventata da qualche tempo un’icona vegana negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone, molto attiva sui social dove ha pubblicato il “suo” Giorno del Ringraziamento alternativo che ha trascorso in un allevamento dove ha potuto capire che “i tacchini sono animali davvero molto intelligenti e che amano vivere all’aria aperta con i loro amici, proprio come i nostri cani”.

Gli allevatori sono sul piede di guerra. Il consorzio della lana della Gran Bretagna ha spiegato al Daily Mail che le leggi vigenti impediscono che la lana venga tosata alle pecore con le procedure crudeli che secondo la Peta vengono utilizzate. E parlano apertamente di campagna senza senso.

Intanto, contestualmente all’apertura dell’ultima crociata nel settore dell’abbigliamento, la Peta ha pubblicato un decalogo di consigli per acquisti su vestiti “cruely-free”.

Si va dalla giacca in finta pelle da 438 dollari fino al vestito di gala da 715 dollari, ai borsellini da 300 dollari.

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