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L'Is decapita 4 peshmerga. Nuovo video con l'ostaggio John Cantlie

Le teste delle vittime curde esposte a Jarablus. E John Cantlie avverte gli Usa: "Il presidente perde consensi e vuole la guerra. Ma i raid sono inutili"

John Cantlie in una foto d'archivio e, in alto a sinistra, un fotogramma dal primo video
John Cantlie in una foto d'archivio e, in alto a sinistra, un fotogramma dal primo video

Non sono soltanto gli ostaggi occidentali a finire decapitati dal cosiddetto Stato islamico. Se a fare notizia sui media sono soprattutto i prigionieri finiti nelle mani del gruppo radicale, a subire le violenze sono soprattutto gli abitanti di Iraq e Siria, che vivono sotto il loro Califfato, o chi li combatte.

Le ultime vittime del gruppo di Abu Bakr al-Baghdadi, secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, sono quattro miliziani peshmerga curdi, tra cui tre donne, catturati dallo Stato islamico nell'area di Kobane, dove continua da giorni la battaglia.

Le teste mozzate delle vittime, a quanto scrive il gruppo di attivisti, sono state esposte nella città di Jarablus, come una sorta di monito contro quanti resistono all'avanzata dello Stato islamico.

Mentre i raid della coalizione guidata dagli Stati Uniti continuano, stanotte lo Stato islamico ha pubblicato un nuovo video in cui compare il giornalista britannico John Cantlie. È la seconda puntata della serie "Lend me your ears" (Prestatemi ascolto), il terzo video con l’ostaggio se si considera una breve anticipazione del "programma".

Lo scorso 18 settembre, infatti, è stato diffuso un filmato in cui il reporter parlava al pubblico occidentale e accusava la stampa di "distorcere e manipolare la verità". "Siete sicuri che vi stiano dicendo tutto?", chiedeva, annunciando una serie di video in cui avrebbe raccontato "la verità" sui governi occidentali.

Il video diffuso ieri dura circa tre minuti: Cantlie sostiene che Barack Obama, nel discorso in cui ha annunciato la lotta al Califfato, ha ridotto semplicisticamente la situazione a una guerra tra buoni e cattivi per riacquistare il consenso perso negli ultimi anni e che gli eserciti che gli Usa sostengono (quello iracheno, quello siriano, ecc.) non sono affatto preparati ad affrontare una Terza guerra del Golfo.

A sostegno della sua tesi, il reporter britannico cita un articolo del New York Times, in cui Peter Baker dice che "Obama sta spingendo gli Stati Uniti nel bel mezzo di uno dei conflitti più sanguinosi e violenti in atto, ovvero la guerra civile in Siria". "Era tutto, devo notare con disappunto, facile da prevedere", dice Cantlie parlando di nuovo del presidente Usa, "L'America è buona, lo Stato islamico cattivo. E saranno sconfitti con l'uso delle forze aree e di una collezione variegata di combattenti sul campo di battaglia".

E conclude sostenendo che l'Is è "ansioso di incontrare l'esercito in costruzione di Obama".

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