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Ora gli Stati arabi sono stufi di Hamas

Due anni fa erano compatti contro Israele. Oggi tacciono: il timore verso i terroristi cancella l'allergia per Netanyahu

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Ora gli Stati arabi sono stufi di Hamas

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Mentre la guerra a Gaza tra Israele e Hamas somiglia a tutte le precedenti, qualcosa di molto diverso si nota nella costellazione degli Stati arabi attorno. Un cambio di rotta, che si manifesta con un silenzio molto eloquente.

Lo ha scritto ieri il New York Times , definendolo «assordante», e facendo notare come solo due anni fa, quando Israele lanciò l'operazione «Piombo fuso», quei Paesi reagirono compatti condannando l'azione di guerra.

Oggi lo scenario è diverso: Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti, tacciono, non si schierano. Come spiega Aaron David Miller, ex negoziatore per il Medio Oriente, «l'odio e il timore di questi Stati arabi nei confronti di Hamas è tale da superare la loro allergia al premier israeliano Benjamin Netanyahu». Il cambiamento dipende soprattutto dalla diversa situazione politica in Egitto, dove, deposto il presidente islamista Mohammed Morsi, si è fatta più forte la spinta nella lotta contro Hamas.

Ma questo non basta per spingere verso la tregua: il mondo arabo è oggi profondamente diviso, ed è questa divisione che determina il fallimento delle mediazioni diplomatiche. Perché se le reazioni internazionali su quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza non si contano, il conflitto negli ultimi giorni si è fatto ancora più violento. «Siamo di fronte a una catastrofe umanitaria di un portata senza precedenti nel 21esimo secolo», ha detto ieri il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Garcia-Margallo, chiedendo all'Onu una risoluzione. La presidente argentina Cristina Kirchner, alle prese con i guai interni per il default , dopo la notizia del peggioramento delle condizioni del sacerdote argentino Jorge Hernandez, gravemente ferito nel bombardamento israeliano alla parrocchia della Sacra Famiglia, ha scritto su twitter che «L'aggravamento potrebbe avere serie conseguenze nei rapporti bilaterali». In Francia il ministero dell'Interno sta valutando lo scioglimento della Lega di difesa ebraica, gruppo di giovani ebrei protagonista il 13 luglio scorso di scontri violenti con militanti filo-palestinesi.

L'Onu, per bocca dell'Alto commissario per i diritti umani Navi Pillay, ha preso posizioni dure, accusando Israele di «violare deliberatamente il diritto internazionale». E dalle Nazioni Unite arriva anche un forte biasimo nei confronti degli Usa: «Forniscono l'artiglieria pesante a Israele». Dalla Casa Bianca nessun commento, mentre l'ambasciatore israeliano all'Onu ha replicato: «Basta con questa idea di Hamas che combatte per la libertà, è un'organizzazione terroristica, usa i civili come scudi umani».

Tra chi tace e chi chiacchiera i bombardamenti proseguono: Israele ha richiamato altri 16mila riservisti, portando il numero dei soldati impegnati in guerra a 86mila. Oggi Hamas ha convocato la «giornata della rabbia» in Cisgiordania: «Vi chiediamo di partecipare a una protesta furiosa contro i crimini commessi dall'esercito israeliano e di sostenere la coraggiosa resistenza», c'è scritto sui volantini.

Twitter @giulianadevivo

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