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Pedofilia, la Chiesa australiana non rivelerà i segreti confessionali

La Chiesa australiana ha comunicato che, nonostante l'approvazione di alcune leggi statali, non rivedrà l'obbligo di non violare il sigillo sacramentale

Pedofilia, la Chiesa australiana non rivelerà i segreti confessionali

La Chiesa australiana ha deciso di resistere: l'obbligo del segreto confessionale non verrà rivisato.

La richiesta, dopo lo scoppio dello scandalo riguardante numerosi casi di abusi ai danni dei minori, era arrivata dalle istituzioni governative. L'evidenza di una "tragedia nazionale", supportata dalla pubblicazione di dossier, aveva spinto la Commissione d'inchiesta, quella che si era occupata dello scandalo, a consigliare l'adozione di più di quattrocento raccomandazioni. Tra queste, appunto, il porre fine all'obbligatorietà di non rivelare quanto dichiarato durante il sacramento della confessione. Poi la Camera dello stato di Cranberra aveva optato per approvare una legge contenente le medesime fattispecie.

Una misura del tutto nuova e rivoluzionaria, considerata la natura immodificabile di quella materia dottrinale. Del resto, dopo la pubblicazione dei "quattrocento consigli", alcuni vescovi e sacerdoti avevano preso posizione eccependo quanto segue: eliminare l'obbligo di segretezza della confessione avrebbe spinto i colpevoli di pedofilia a non presentarsi più in Chiesa, quindi, forse, a non denunciare a nessuno le proprie responsabilità. Si sarebbe persa, insomma, un'occasione utile per conoscere i fatti e per provare a convincere i colpevoli a recarsi presso gli organi preposti.

Nella giornata di oggi, come riportato da Acistampa, è arrivata la decisione ufficiale degli organi ecclesiastici. Un documento di 57 pagine, in realtà già reso pubblico lo scorso 31 agosto, ha disposto il rifiuto di prendere in considerazione l'ipotesi di rompere quello che viene chiamato "sigillo sacramentale". Il resto delle richieste fatte pervenire dalla Commissione d'inchiesta è stato in sostanza accettato in toto. "Vedrete in questo documento – si può leggere all'inizio del testo – che i vescovi e i leaders religiosi hanno accettato o accettato in linea di principio o supportato il 98 per cento delle raccomandazioni della commissione. L’unica raccomandazione che non possiamo accettare è la raccomandazione 7.4, che si riferisce al sigillo del Sacramento della Penitenza".

La Chiesa australiana, tenendo anche in considerazione quanto scritto all'interno del Codice di Diritto Canonico, non ha, a ben vedere, neppure potuto riflettere sull'invito della Commissione. Violare in maniera diretta o in via indiretta il sigillo sacramentale equivale a dover essere soggetti a delle sanzioni: nel primo caso, il provvedimento previsto è la scomunica. La rottura del sigillo - hanno sottolineato nelle motivazioni - "è contrario alla nostra fede e nemica della libertà religiosa. Siamo impegnati nella salvaguardia dei bambini e delle persone vulnerabili, ma allo stesso tempo manteniamo il sigillo. Non vediamo come salvaguardia e sigillo della confessione si possano escludere l’uno con l’altro", hanno chiosato gli organi ecclesiastici.

Ma le disposizioni della Royal Commission, in alcuni territori, sono già state declinate in legge e hanno quindi piena efficacia giuridica: non è escludibile, come spiegato sul portale citato, che la Chiesa australiana possa presto incombere in sanzioni per aver violato alcune leggi di stato.

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