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Dal petrolio ai fondi neri, tutte le accuse a Erdogan

Dalla Tangentopoli del Bosforo alle accuse di aiutare l'Isis: tutti gli scandali che coinvolgono il Sultano

Dal petrolio ai fondi neri, tutte le accuse a Erdogan

Ankara compra petrolio dall'Isis? Quella mossa dalla Russia è solo l'ultima delle accuse alla famiglia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Più volte, infatti, erano finiti nel mirino almeno due dei quattro figli del "sultano", Bilal e Sumeyye.

Lo scandalo più clamoroso era stata la Tangentopoli del Bosforo esplosa nel dicembre 2013, in cui Bilal era uno degli indagati chiave. Il figlio maschio minore del presidente era sospettato di essersi appropriato di enormi somme di denaro (si parla di decine di milioni di dollari) e di averle trasferite all'estero per conto del padre. Allora fu diffusa anche una presunta conversazione telefonica tra i due in cui Bilal prometteva al padre di liberarsi dei soldi prima che i magistrati potessero trovarli. La telefonata fu poi giudicata falsa e l'inchiesta finì archiviata, tra le proteste delle opposizioni secondo cui fu insabbiata dal presidente stesso.

L'ipotesi di fondi neri gestiti da Bilal Erdogan è tornata in auge qualche settimana fa, riportata alla luce da "Fuat Avni", account Twitter che più volte ha anticipato le mosse del potere di Ankara. Alla vigilia del voto del primo novembre l'uomo sarebbe tornato in Italia, a Bologna, dove è iscritto a un dottorato alla Johns Hopkins University. Secondo qualcuno una una mossa per anticipare una riapertura delle indagini a suo carico in caso di sconfitta elettorale. Lo stesso account accusa Bilal, senza prove, di aver girato "miliardi di dollari" su conti segreti in Svizzera.

E prima ancora di Vladimir Putin già l'Iran aveva puntato il dito contro Ankara. A fare da tramite per i traffici loschi del presidente stavolta sarebbe stata Sumeyye Erdogan, figlia "prediletta" di Tayyip. La donna avrebbe gestito un ospedale per jihadisti al confine turco-siriano, nella provincia sudorientale di Sanliurfa, dando a un sostanziale aiuto all'Isis.

Le accuse, poi rilanciate da Teheran, arrivavano da un'anonima infermiera 34enne che lavorava nella struttura.

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