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Predicatori d'odio e estremisti. La moschea era stata chiusa nel 2003

Dalla moschea colpita questa notte, sono passati alcuni estremisti come Abu Hamza al-Masri, Richard Reid e Zacarias Mousaoui

Predicatori d'odio e estremisti. La moschea era stata chiusa nel 2003

La moschea di Finnsbury Park, obiettivo dell’attacco con il furgoncino di ieri notte, era ben nota sia alle autorità britanniche che ai media internazionali per essere stata più volte al centro di indagini sull’estremismo islamista. Aperta nel 1994, diventa quasi subito uno dei centri del jihadismo d’Oltremanica; è da questo pulpito che predicava l’imam salafita nonché reduce della guerra anti-sovietica in Afghanistan, Abu Hamza al-Masri, attualmente in carcere negli Usa dove sta scontando un ergastolo per terrorismo (Guarda la Gallery).

La moschea di Finnsbury Park era poi stata frequentata anche dallo “shoe bomber” Richard Reid e da Zacarias Mousaoui, uno degli attentatori dell’11 settembre, arrestato poco prima.

In questa moschea accadeva di tutto in quel periodo in cui al-Qaeda era in ascesa: violenti sermoni contro la società britannica, contro gli infedeli, contro Israele, gli Usa, contro i russi impegnati in Cecenia. Qui festeggiarono anche gli attentati alle Torri Gemelle.

Nel 2003, in seguito a una retata della polizia, la moschea veniva chiusa. Due anni dopo, nel febbraio 2005, veniva riaperta e presa in gestione dalla Muslim Association of Britain (MAB).

A detta dell’attuale dirigenza il luogo di culto sarebbe stato riscattato grazie all’impegno e all’unione della comunità musulmana.

Vi sono però alcuni aspetti che vanno messi in evidenza, come ad esempio il fatto che la nuova dirigenza della moschea sarebbe ideologicamente legata all’area Fratelli Musulmani e salafita, come del resto viene messo in evidenza dalla MAB.

L’attuale imam intervistato ieri, proprio in relazione all’attacco, tale Mohammed Kozbar, è apparso in più occasioni a manifestazioni anti-Assad, a favore della “liberazione” della moschea di al-Aqsa a Gerusalemme e compare persino con vestito da “graduation” in università mentre fa il gesto delle quattro dita dei Fratelli Musulmani.

Il 16 luglio 2014 Kozbar pubblicava sul proprio profilo Facebook un post dove si scagliava contro la BBC: “Vergognati BBC! Di la verità su Gaza! Palestina libera! Libera! Questi sono gli slogan usati ieri quando più di 5000 persone hanno protestato contro la copertura mediatica della BBC su Gaza. La protesta più grande mai fatta davanti alla sede della BBC. Ieri abbiamo fatto storia”.

Vi è poi Azzam Tamimi, uno dei leader della MAB, intervistato dal Corriere della Sera in seguito all’attacco.

Tamimi è un personaggio ben noto all’interno del filone dell’islamismo politico. Origini palestinesi, autore di un libro su Hamas (braccio palestinese dei Fratelli Musulmani), Direttore dell’Institute of Islamic Political Thought presso la Georgetown University, dove insegna anche John Esposito, più volte espressosi a favore dei Fratelli Musulmani. Tamimi si è di fatto espresso in più occasioni a sostegno del gruppo terrorista palestinese.

Nel gennaio 2010 veniva invitato a parlare all’Università di Birmingham suscitando molto scalpore, con tanto di articolo sul Telegraph, che lo indicava come sostenitore del martirio per la Palestina, definendola una “nobile causa”.

Nell’agosto 2014 la banca HSBC chiudeva il conto di Tamimi e di sua moglie, come lamentato da egli stesso su Twitter.

Insomma, che la moschea di Finnsbury Park non è più legata al qaedismo di Abu Hamza è vero, ma il suo ruolo all’interno dell’Islamismo politico legato ai Fratelli Musulmani andrebbe approfondito, in un momento in cui l’organizzazione è alle strette a livello internazionale per rapporti con il jihadismo, soprattutto nei confronti della sua “base mediorientale” qatariota. Del resto sarebbe stato proprio l’ex premier britannico David Cameron nel 2014 a ordinare un’inchiesta sulla Fratellanza in Gran Bretagna, affermando che “non si sapeva abbastanza sulle loro attività”, nonostante che Londra fosse stata per decenni base europea dell’organizzazione.

Tutto ciò ovviamente non implica che qualsiasi episodio di violenza non vada condannato, questo è scontato.

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