Mondo

Al Qaeda: "La Jihad è l’unica soluzione per i musulmani"

Al Qaeda pubblica il quinto numero di al-Haqiqa, magazine dedicato alla radicalizzazione a distanza di simpatizzanti e fondamentalisti sparsi per il mondo

Al Qaeda: "La Jihad è l’unica soluzione per i musulmani"

Al Qaeda ha pubblicato poche ore fa il quinto numero del nuovo magazine al-Haqiqa, La Verità. Intitolato Lead us into battle, Conducici in battaglia, consta di trenta pagine (rispetto alle 21 del primo numero). Al-Haqiqa nasce per colmare le lacune della letteratura dello Stato islamico ormai concentrato sull’evoluzione ibrida di al-Naba. Oltre alla letteratura convenzionale diffusa sulla rete con istruzioni prevalentemente entry level e dedicata prevalentemente ai terroristi radicalizzati a distanza, ne esiste una parallela. La leadership jihadista si basa oggi su un nutrito numero self-starters e fanatici opportunisti che traggono ispirazione prevalentemente dalle guide disponibili sulla rete. Tuttavia esiste anche un’altra letteratura parallela a quella periodicamente pubblicata. I testi di propaganda sono stati ritenuti spesso fuorvianti, ma dovrebbero essere intesi come veri e propri manuali di formazione per la radicalizzazione a distanza. Parliamo dell’importanza nel discernere i segnali insiti nella propaganda terroristica, cercando così di colmare l’Imagination Gap. È proprio quell’incapacità di immaginare l’inimmaginabile che continua, ancora oggi, a minare gli sforzi nell’elaborare una efficace prevenzione.

Al-Haqiqa: Lead us into battle

Il magazine di al Qaeda si apre con un’editoriale non firmato in cui si analizza in modo grossolano il contesto siriano. Linguaggio estremamente semplice, ma calibrato per il target di riferimento. Tono confidenziale. Forme di saluto presenti. Innumerevoli gli errori grammaticali, una costante di al-Haqiqa.

“Non farti ingannare dalle cosiddette soluzioni politiche per la Siria. Recentemente abbiamo visto un accordo bilaterale tra turchi e russi che dovrebbe portare ad una zona demilitarizzata di quindici km nella zona di Idlib. Si tratta di un cessate il fuoco tra tutte le parti. Non farti ingannare: Turchia e Russia non vogliono evitare spargimenti di sangue, a loro non interessa il destino di donne e bambini innocenti. I turchi sostengono innumerevoli fazioni, mentre i russi si sono addirittura schierati contro il popolo siriano commettendo crimini di guerra. Entrambi gli aggressori sanno che non possono sostenere l'accordo, ma diranno ci hanno provato. Non farti ingannare: vogliono solo un tornaconto geopolitico. Turchia, Russia ed Iran vogliono soltanto essere il potere dominante nella regione ed utilizzano il popolo siriano come pedina sacrificabile. La Jihad in Pakistan ed Afghanistan può servire da esempio per tutti i fratelli in Siria. In Afghanistan i Mujahideen hanno respinto instancabilmente prima i russi e poi gli americani”.

Abdullah Azzam, il padre della jihad moderna, nei suoi testi affermava che "trascurare la jihad è come abbandonare il digiuno e pregare. Solo con la jihad il musulmano può raggiungere il più alto dei ranghi. Il credente vede la vita terrena come una prigione ed ambisce a raggiungere Allah".

Al-Haqiqa: “Al-Qaeda è un'ideologia più che un'organizzazione”

Il principale approfondimento del quinto numero di al-Haqiqa è dedicato alla “esclusiva intervista al comandante Adnan Rasheed, impegnato nella Jihad fin dalla giovane età”. Nel ringraziare il magazine per la possibilità di rispondere alle innumerevoli lettere ricevute dai lettori della rivista, Rasheed precisa che “le mie dichiarazioni non sono da intendere come le posizioni ufficiali dei gruppi jihadisti talebani pakistani e potrebbero non rispecchiare la loro visione”. Una precisazione ripetuta anche alla fine dell’intervista a pagina undici.

“Tutti noi vorremo vedere i mujahideen riuniti sotto un unico vessillo, ma per fare ciò dobbiamo capire il contesto. Fino ad oggi abbiamo combattuto una Jihad difensiva. Molti paesi islamici hanno preso le parti dei Kuffar garantendo loro risorse. I mujaheddin continuano a combattere in tutto il mondo con i mezzi a loro disposizione per difendere le rispettive famiglie dall’imperialismo. Ora i kuffar sono al potere e noi siamo più deboli. Per questa Jihad globale abbiamo bisogno di un comandante con straordinarie qualità carismatiche che possa riunire l’intero mondo musulmano. Dobbiamo essere pazienti e continuare a resistere fino a quando non giungerà il Mahdī (il prescelto destinato a restaurare la religione e la giustizia prima della fine del mondo). Siamo in guerra in ogni parte del mondo. Siamo circondati dai nemici. Tutta la tecnologia è monitorata quindi è difficile mantenere il coordinamento globale, ma a livello locale tutto è ancora possibile. Al Qaeda è un'ideologia più che un'organizzazione che ha fatto rinascere la Jihad in questo secolo. Al Qaeda ha gettato le basi della fedeltà ad una sola figura. Alla base di qualsiasi movimento jihadista del secolo c'è l’ideologia di al Qaeda. La Jihad è l’unica via d'uscita per i musulmani del mondo. Solo la Jihad può contrastare lo status quo delle potenze mondiali. La Jihad è l'unica soluzione a tutti i problemi e conflitti del mondo musulmano. Scienza, tecnologia o l’economia non potranno fare nulla: La Jihad è l’unica via d'uscita per i musulmani nel mondo”.

“Do not wish to meet the enemy, but when you meet the enemy, be patient”

A pagina dodici del quinto numero di al-Haqiqa troviamo una vignetta. Nelle intenzioni, l’autore vorrebbe raffigurare uno sciame di droni che semina morte e distruzione su un gruppo da battaglia degli Stati Uniti. Intanto i quadricotteri: Sono tutti “armati” di fotocamera e non di ordigni esplosivi improvvisati o granate come quelle che abbiamo visto in azione in Siria. Non si capisce come quello sciame a pilotaggio remoto possa attaccare un gruppo da battaglia della US Navy. A corredo della vignetta una frase del Profeta Maometto: “Non desiderare di incontrare il nemico, ma quando lo incontri sii paziente”.

Praticare pazienza e tolleranza non significa che un musulmano deve subire passivamente o non difendersi in caso di attacco. La frase del Profeta va quindi tradotta come: “Non desiderare di incontrare il nemico, ma resta saldo e risoluto quando lo affronterai”.

La vignetta si conclude con un grossolano errore tipico delle opere entry level dei simpatizzanti, ma che ritenevamo improbabile su un organo ufficiale di al Qaeda. In basso a sinistra della vignetta si nota un salvagente con su scritto “Russia” in cirillico. L’autore, quindi, immagina un raid contro la Marina Militare della Russia effettuato da uno sciame di droni di al Qaeda. Peccato che le unità navali della vignetta appartengano alla Marina Militare degli Stati Uniti.

Segue poi la biografia di un martire nell’articolo Una vita al servizio della Jihad ed una distorta dissertazione teologica su alcuni passi del Corano. Interessante a pagina 22 l’approfondimento Proteggere le tue passwords

Al-Haqiqa: “Le password saranno la tua prima linea di difesa”

“Creare una password è una delle misure di sicurezza più importanti (e trascurate) che devi attuare per garantire la tua sicurezza online. Una combinazione di lettere è tutto ciò che ti protegge dalla polizia e dai servizi segreti del nemico Kafir. Ricorda che ci sono spie ovunque: Loro cercheranno di crackare la tua password, non sottovalutare le loro capacità. Tuttavia esistono dei semplici modi per generare password. Se adottati proteggeranno il tuo lavoro e le conversazioni private. Le password saranno la tua prima linea di difesa”. Al Qaeda spiega che “sono due le regole essenziali per creare una nuova password: lunghezza e complessità”.

“La lunghezza della password deve essere almeno di dodici lettere e contenere una combinazione di caratteri, numeri e trattini. Non commettere errori: Qualsiasi password è crackabile, ma ovviamente quelle più lunghe sono più difficili da capire. Per una password di otto caratteri vi sono 645 trilioni di possibili combinazioni e quel numero aumenta esponenzialmente se aggiungi una lettera. Il modo più semplice per creare una password sicura sarebbe quello di
scegliere due parole casuali, aggiungere un trattino ed aggiungere un numero alla fine. In questo modo avrai una password che sicura e facile da ricordare”.

Ricordare la password

“Il modo migliore per ricordare la password è quello di scegliere i nomi di due cose preferite, aggiungere un trattino ed un numero alla fine. Ad esempio. Il nome del tuo snack preferito, il tipo di mezzo che guidi ed il numero finale della tua data di nascita. Questo è solo un esempio e potresti utilizzare qualsiasi combinazione casuale di parole, numeri e trattini. Potresti utilizzare anche il nome della tua favola preferita o la citazione di uno studioso che ti ha sempre affascinato. Un casuale errore di battitura potrebbe rivelarsi un eccezionale sistema di criptazione. Utilizzate anche gli acronimi, ma evitate password complesse difficili da ricordare. Ovviamente una password va cambiata almeno una volta ogni sei mesi. Per concludere: Una password non deve contenere sequenze prevedibili. In questo modo anche la migliore stupida spia dei servizi segreti dovrà investire tempo e risorse per riuscire a decifrare la password. Quello che ti ho detto fino ad ora non è né difficile né scioccante. Abbiamo solo ribadito l’ovvietà. Detto questo, hai cambiato la tua password?”

La stupidità dei crociati

Ridicolizzare l’apparato di sicurezza dell'Occidente ribadendo che il volere divino non è mai il medesimo e che si realizza tramite azioni semplici ed immediate. Quella definita come stupidità dei crociati è più volte menzionata nei testi jihadisti come ad esempio nel nono numero di Rumiyah o nell’edizione di Dabiq nel novembre del 2015. La letteratura jihadista va interpretata, non semplicemente tradotta in modo letterale. La stupidità va intesa come l’inefficacia dell’occidente nel prevedere e contrastare in modo efficace un’azione violenta isolata. Approfondendo il concetto, la stupidità crociata rappresenta l’occasione favorevole per colpire. Nella reinterpretazione teologica, la finestra temporale utile è sempre di ispirazione divina.

Al Qaeda: Prepararsi alla battaglia

A pagina 27 del quinto numero di al-Haqiqa troviamo una presunta intervista ad un certo Abu Muslim al-Muhajir, definito “combattente esperto e veterano di molte battaglie contro i nemici dell'Islam attualmente in Siria”. Sostituisce le Battlefield Experience presenti nei primi due numeri di al-Haqiqa. L’intervista non andrebbe sottovalutata.

“Combattiamo al momento nella provincia di Lattakia. L’obiettivo è pressare il regime di Assad guadagnando tempo per permetterci di raggiungere le montagne. Nelle regioni montuose il nemico non può utilizzare i carri armati, tuttavia possiedono molte basi militari ed un’aviazione in grado di colpirci. Speriamo nella protezione di Allah. Quando decidiamo di attaccare la prassi è sempre la medesima: I comandanti osservano il nemico per il tempo necessario fino a quando non inquadrano i loro punti deboli. I leader militari decidono poi quali gruppi prenderanno parte all’attacco ed il tipo di munizionamento che riceveranno. A differenza dei presidenti e dei primi ministri nemici, i capi dei Mujaheddin combattono con i loro fratelli. Una volta deciso ciò si concentrano sulla logistica. Abbiamo diversi reparti preposti come quello alimentare, medico e di supporto. Adibiamo anche degli ospedali da campo per fornire assistenza ai civili colpiti indiscriminatamente dai bombardamenti nemici”.

La retorica delle organizzazioni terroristiche impiega spesso linguaggi e immagini per ritrarre i nemici con spiccate caratteristiche negative a svariati livelli (affettivi, culturali, intellettivi). Enfatizzando la percezione di un nemico non umano si annulla qualsiasi tipo di negoziazione pacifica.

Prevenire le perdite

Stranamente al Qaeda utilizza la parola soldati per definire i mujahideen. “I soldati devono sapere soltanto l’essenziale: È un modo per prevenire possibili fughe di notizie. Di solito li informiamo soltanto poche ore prima dell’attacco. Non discutiamo mai nessun piano su internet. Anche durante la fase di sorveglianza siamo sempre in pochi e non portiamo armi pesanti. Se ci muovessimo in forze, i droni del nemico ci identificherebbero. Ovviamente siamo molto addestrati fisicamente, ma è la mente che deve essere pronta. Ognuno di noi ha un compito ben preciso ed in base a ciò riceve l’adeguato equipaggiamento".

Cosa dire alla propria famiglia

“Direi alla mia famiglia ed ai miei bambini che per la maggior parte del tempo ci prepariamo e sorvegliamo il nemico. Certo, potrei essere ucciso in qualsiasi momento, ma questo è il nostro lavoro, è la Jihad. Non è solo una battaglia, ma un percorso per sconfiggere il nemico, fare Ribat. E’ la Jihad. Ci si abitua ai suoi pericoli. Lo stesso vale per la famiglia. Una volta che la tua volontà è pronta, tutto andrà bene”.

Fare Ribat

Con il termine Ribat ci si riferisce ad un avamposto di frontiera ai confini del mondo islamico. Una struttura fissa quindi, in grado di assolvere ad un duplice scopo di natura spirituale e militare. Non si tratta, così come erroneamente inteso, di semplice propaganda con riferimento al Medioevo islamico. Frasi come Fare Ribat nella raffigurazione moderna della jihad con la scrittura islamica classica, si ripetono costantemente nei testi e nei messaggi dei terroristi.

Segue poi il Sermone dell’Addio proferito da Maometto nel suo primo ed ultimo pellegrinaggio maggiore. L’Hajj è il quinto pilastro dell’Islam: La destinazione finale del pellegrinaggio è la Grande Moschea della Mecca.

“Chi la proteggerà?”

Il numero si conclude con l’ennesima vignetta ambientata presumibilmente in Afghanistan. L’autore incolla la foto di una bambina indifesa con alle spalle una cannoniera a rotore Mil Mi-24 russa che vola minacciosa sopra una tempesta di fuoco. La vignetta titola Chi la proteggerà? L’opera consta di diverse immagini incollate in modo grossolano. Ad esempio la tempesta di fuoco proviene da una foto promozionale dell’elicottero AH-64 Apache.

La struttura delle narrazioni strategiche

Aumentare la coesione organizzativa

Caratterizzare i membri del terrorismo come vittime di una società ingiusta ne aumenta la coesione organizzativa, mentre nuove regole di condotta morale si applicano alle iterazione con gli avversari che non si percepiscono come umani. L'identità del gruppo è fondamentale per la formazione, l'assunzione e il funzionamento delle organizzazioni terroristiche. Le narrazioni strategiche impiegate dalle organizzazioni terroristiche seguono una precisa struttura progettata per mostrarsi idealizzata e non contraddittoria. Obiettivo della propaganda è il rafforzamento dell'identificazione negativa di coloro che non sono conformi agli ideali del gruppo. In sintesi, le comunicazioni terroristiche celebrano e definiscono l'identità dei militanti, definendo quali azioni devono essere adottate o evitate per preservare l'integrità dell'appartenenza al gruppo. Uno spiccato senso di vittimismo si traduce in un potente motivatore per giustificare la violenza e l'ideologia estremista. L’obiettivo è quello di scatenare una dissonanza cognitiva per azioni religiosamente, politicamente ed eticamente non giuste, ma idealmente necessarie per raggiungere gli obiettivi del gruppo. Tale giustificazione è essenziale per razionalizzare il coinvolgimento contro i gruppi percepiti come negativi. Le narrazioni strategiche sono strutturate per giustificare nel terrorista un’azione che si discosta dalla propria identità religiosa, culturale e politica. Le costanti informazioni stereotipate contribuiscono ad una distorta attribuzione dell’errore ed alla de-umanizzazione dell’avversario, inglobato in un’unica categoria.

Al-Haqiqa: Quarto o quinto numero?

Sulla copertina di al-Haqiqa troviamo il numero 4. Eppure quello pubblicata poche ore fa è la quinta uscita. Perché? In realtà quello diffuso il 14 giugno scorso era un numero speciale di al-Haqiqa dedicato al settimo anno di jihad in Siria. Il quarto numero di al-Haqiqa inizia e si conclude nel ricordo di Bin Laden.

Il valore della produzione letteraria jihadista: Al-Haqiqa

Il primo numero della nuova rivista fu pubblicato nel marzo dello scorso ed era dedicato al concetto di verità. Il secondo numero di al-Haqiqa è stato dedicato alle prigioni fisiche e mentali ed alla rivisitazione della dottrina islamica della migrazione, la Hijrah. Concetto ripreso anche nel quarto numero. Emigrare per predicare la parola di Allah è considerato nell’Islam come uno degli atti più nobili. Il concetto di Hijrah presente nel secondo e quarto numero di al-Haqiqa va inteso come una chiamata alle armi per unirsi alla causa dei mujahedin in Siria. La dottrina islamica della migrazione si trasforma quindi in obbligo per i musulmani così da rinfoltire i ranghi in Siria. Nei primi tre numeri di al-Haqiqa avevamo identificato uno stile linguistico estremamente semplice ed immediato. La grafica come l’impaginazione erano grossolane e confuse. Scarsi anche i riferimenti religiosi a supporto delle azioni da intraprendere. Avevamo classificato al-Haqiqa come un testo entry level dedicato alla radicalizzazione a distanza di simpatizzanti e fondamentalisti sparsi per il mondo. Un'opera certamente diversa da Inspire, storico magazine di al Qaeda, sia nei contenuti che nella forma. Il quarto numero pubblicato lo scorso giugno mantiene un semplice ed immediato stile linguistico, il medesimo che avevamo identificato nelle precedenti uscite, ma è un’opera molto più matura e raffinata. E' stato definito dagli stessi autori come un numero speciale ed in effetti si pone tra le opere di propaganda dell'intero panorama jihadista meglio curate degli ultimi mesi. E' certamente opera di uno o più professionisti, probabilmente i medesimi dietro Beituki. Il quarto numero di al-Haqiqa è dedicato alla resistenza dietro il ricordo di Bin Laden, figura che continua ad infervorare nuove e vecchie leve di al Qaeda. Per il jihadista, il territorio fisico in senso stretto è un’idea, mentre le sconfitte sono semplicemente prove per determinare la fede di un vero credente. La realizzazione delle aspirazioni ideologiche sono molto più importanti della gestione permanente di qualsiasi pezzo di terra. Al-Haqiqa e Beituki sono due nuovi strumenti di propaganda plasmati sul moderno contesto internazionale e sulle mutate esigenze di al Qaeda. E’ un approccio certamente diverso da quello adottato per Inspire o Rumiya, intesi come veri e propri manuali di guerra. Mutati contesti operativi impongono una diversa letteratura di supporto. Il quarto numero rappresenta un unicum del filone al-Haqiqa

Il quinto numero di al-Haqiqa

Tono confidenziale, stile linguistico estremamente semplice ed immediato. Grafica ed impaginazione grossolana e confusa. Foto di scarsa qualità. Svariati errori grammaticali e contestuali. Riferimento storici abbozzati e distorti. Nessuna revisione finale. Queste le caratteristiche principali del filone letterario al-Haqiqa, testo entry level di al Qaeda dedicato alla radicalizzazione a distanza di simpatizzanti e fondamentalisti sparsi per il mondo. La semplicità di alcuni contenuti, calibrati per un preciso pubblico di riferimento, non andrebbe sottovalutata come l’approfondimento sulle password o l’intervista al combattente in Siria. Quest'ultima non va tradotta in senso letterale. Quell’intervista ha un solo fine: predicare razionalità nella scelta dei bersagli, invocare una logica strumentale alla base dei piani d’azione.

La razionalità del terrorismo nella scelta dei bersagli

Il terrorismo è una forma di strategia basata sulla violenza per infondere paura per scopi politici, che provoca un giudizio morale sui metodi e obiettivi dell'attore. Con l’espressione soft target non si indica una morbidezza strutturale, ma si riferisce ad un’area facilmente accessibile. I terroristi non sarebbero nulla se non fossero adattabili. Gli attacchi contro obiettivi morbidi sono attraenti per le organizzazioni terroristiche perché presentano caratteristiche operative che li rendono vulnerabili e facili da sfruttare, garantendo così un maggiore successo. Per realizzare questo obiettivo, il layout di questi luoghi deve soddisfare determinati criteri tra cui un'atmosfera invitante per i visitatori che è solitamente aperta e spaziosa. Tra i bersagli morbidi i centri commerciali, le scuole, i cinema, gli ospedali, i parchi, gli stadi, gli alberghi, le palestre, le stazioni ferroviarie, gli aeroporti. Questi ultimi, ad esempio, garantiscono diverse entrate ed uscite e consentono l'accesso diretto anche da strade o stazioni della metropolitana. Offrono, infine, anche la possibilità di far scendere i passeggeri e scaricare i bagagli vicino al perimetro del sito. I soft target ideali presentano anche parcheggi situati nelle immediate vicinanze dei siti per ospitare famiglie e disabili. Tali aree raramente dispongono di sistema di difesa passivi e protocolli di sicurezza attivi per discriminare o rispondere ad una possibile minaccia con guardie di sicurezza (quando presenti), spesso disarmate e mancanti della formazione e delle attrezzature necessaria per fronteggiare un attacco terroristico. Inoltre, la mancanza di un adeguato screening su persone e mezzi, consente agli attori di trasportare armi ed esplosivi a bordo dei veicoli parcheggiati in prossimità dei siti da colpire. Appare evidente, quindi, che la selezione degli obiettivi morbidi è guidata da fini strategici.

L'attentato rappresenta lo stadio finale di un lucido processo razionale

L’attentato terroristico in se non è da considerare come un episodio opportunista, ma rappresenta lo stadio finale di un lucido processo razionale che inizia proprio con la selezione del target. La selezione dei bersagli, guidata da obiettivi strategici e ideologici, è sempre plasmata in risposta alle misure di sicurezza esistenti nell’ambiente operativo che si intende colpire. L’attore razionale effettua un calcolo dei costi e dei benefici quando seleziona un bersaglio. A differenza di quanto veniva teorizzato alcuni anni fa, quando al Qaeda suggeriva di colpire le figure di alto profilo come i capi di stato, la selezione dei bersagli avviene oggi in modo realistico. Poiché una figura di alto profilo come un obiettivo simbolico sono solitamente protetti per un indurimento complessivo dell’area operativa, la scelta di un bersaglio morbido garantisce un livello di successo superiore. I bersagli morbidi sono facili da attaccare e non richiedono un lungo ciclo di pianificazione. Le elevate perdite tra i civili, generano un'attenzione globale dei media a vantaggio della causa dei gruppi terroristici. Secondo le equazioni alla base del tempo di esposizione di un attacco x in un sito y, la cassa di risonanza aumenta proporzionalmente al dramma in corso. La diretta tv è sempre stata un’ossessione per i terroristi: in quest’ottica si colloca la scelta dei bersagli che presentano proprio tali peculiarità come un evento sportivo. La variabile degli ostaggi, quindi, è concepita proprio in tale senso. L’obiettivo morbido è motivato dalla distorta ideologia e visione del mondo. La fase di sorveglianza è eseguita per ottenere un profilo aggiornato dell'obiettivo, determinare l'approccio più adatto ed il momento migliore per l’attacco. I terroristi visitano diverse volte il loro obiettivo previsto utilizzando una varietà di sistemi legittimi come telecamere, binocoli, sistemi globali di posizionamento ed internet.

L’indottrinamento con il ricorso alla narrativa apocalittica, crea generalmente una maggiore predisposizione nell’attaccare i bersagli con un'elevata concentrazione di civili. Per molto tempo ritenuti insulsi dall’Occidente, i sermoni dei teorici dell’Isis e di al Qaeda hanno avuto l’obiettivo di creare attori con obiettivi assolutisti o non negoziabili, per quella profonda dicotomia tra bene e male. Il codice morale nei terroristi è assente, i nemici de-umanizzati: in questo modo si elimina ogni ostacolo verso l'assassinio di massa di civili, tra cui donne e bambini. Il terrorismo, violando le norme internazionali in materia di targeting dei civili, si propone deliberatamente di apparire al di là della razionalizzazione per amplificare l'effetto psicologico di un attacco. La logica che cerca di massimizzare l'effetto psicologico del terrorismo è strutturata per compensare le capacità materiali asimmetriche. Come attore non statale che cerca di costringere un avversario di Stato molto più forte, il terrorismo rappresenta un tentativo razionale di massimizzare le risorse limitate. Tuttavia, la strumentalità dell'uso della forza è organizzata principalmente verso ulteriori obiettivi politici. L’attacco terroristico, sebbene furioso nella fase di esecuzione, è quindi frutto di meticolosa pianificazione. La valutazione dei costi-benefici effettuati dalle organizzazioni terroristiche rivela che la decisione di effettuare un attentato, pur in genere sostanzialmente irrazionale, è proceduralmente razionale. La logica della teoria strategica dietro il processo di deliberazione così come la scelta dei tempi, degli obiettivi e degli effetti per massimizzare l'utilità degli attacchi sia a livello tattico che strategico, suggerisce che il terrorismo è prodotto da un processo di pensiero. Si definisce quindi il terrorismo come una procedurale razionale, anche se non necessariamente sostanziale.

La logica strumentale alla base dei piani di azione

Errata percezione. Definire il terrorista come un pazzo o un fanatico religioso che commette atti di violenza indiscriminati, contribuisce alla comune percezione che il terrorismo esista oltre i regni dell'attività razionale. Il terrorismo è invece un fenomeno lucidamente razionale, all'interno di una più ampia strategia di comunicazione politica coercitiva, dove la violenza viene usata nella deliberata creazione di un senso di paura per influenzare un comportamento e un determinato gruppo di destinatari. La razionalità procedurale dell'uso del terrorismo, basato sull'osservazione e sull'esperienza, è ulteriormente rafforzata dall'utilità che massimizza la natura del targeting. La natura di queste considerazioni è chiaramente basata su un calcolo razionale di costo-beneficio. Il terrorismo impiegato in modo intermittente in risposta ai cambiamenti degli ambienti strategici è parte di un modello chiaro e ricorrente, osservabile in Medio Oriente e già attuato nell'Irlanda del Nord. Gli obiettivi civili sono scelti proprio perché l'aspetto della casualità è essenziale per massimizzare la paura tra la popolazione target. L'illusione di una tattica indiscriminata è essenziale per colpire psicologicamente coloro che sono sfuggite alle conseguenze fisiche di un attacco terroristico. Queste risposte comportamentali per massimizzare l'utilità negli ambienti strategici dinamici, sono riconducibili ad una logica strumentale alla base dei piani di azione. La razionalità procedurale spiega come il terrorismo è il prodotto di un'analisi logica del costo-beneficio, dell'utilità prevista e delle strategie coercitive all'interno di una serie limitata di opzioni disponibili per i gruppi politici non statali. Pianificazione, scelta dei target, immediatezza nell’esecuzione, sopravvivenza: sono tattiche che derivano chiaramente dalla guerriglia insurrezionale, orchestrate per disperdere le forze di reazione e sfruttare lo shock iniziale. Quelli ritenuti atti casuali di terrorismo potrebbero essere indicatori di un'insurrezione, naturale evoluzione di anni di reclutamento tra i musulmani britannici da parte delle organizzazioni terroristiche come Isis, Fratellanza Musulmana e al Qaeda.

Possiamo quindi affermare che l’attentato terroristico in se è un’azione razionale sorprendente che bilancia immediatamente le forze con il nemico (lo Stato) in un arco temporale strettamente limitato.

Commenti