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Quei repubblicani che insistono sul "mai con Trump"

Il tycoon di New York dopo la vittoria delle primarie nello Stato dell'Indiana ormai ha la nomination del Gop in tasca. Eppure nel partito c'è chi non si arrende ed è pronto a tutto pur di non farlo arrivare alla Casa Bianca

Quei repubblicani che insistono sul "mai con Trump"

C'è un gruppo di repubblicani che proprio non vuol saperne di Donald Trump. La rinuncia di Ted Cruz dopo la batosta rimediata nell'Indiana (leggi l'articolo) ha fatto naufragare il "piano B" sognato dal fronte "Never Trump" ("Mai con Trump"). Eppure, anche se il tycoon ormai ha la nomination in tasca, c'è chi non rinuncia all'idea di fare qualcosa (qualunque cosa) per evitare il peggio. Si parla già di un "piano C", ancora più avventuroso di quello (fallito) che prevedeva che Cruz e Kasich impedissero a Trump di raggiungere il numero magico (1273 delegati), per andare ad una convention aperta in quel di Cleveland. Ora, dunque, che succede? Qualcuno pensa a un candidato conservatore indipendente a novembre, che si presenti in alternativa a Trump. Una sorta di "kamikaze", come scrive l'Huffington Post che registra voci che circolano a Washington, in grado di permettere ai repubblicani schierati sul fronte "Mai con Trump" di votare un candidato di destra, senza alcuna possibilità di vittoria, aiutando
di fatto Hillary Clinton a battere l'avversario, senza però doverla sostenere direttamente. In sostanza il ragionamento è questo: se proprio Hillary deve vincere, almeno votiamo un candidato di bandiera.

"Sarebbe buona strategia", ha detto Tim Miller, ex portavoce della campagna di Jeb Bush ed ora tra i leader di Never Trump. "Se abbiamo un candidato conservatore possiamo dare agli elettori repubblicani che non hanno stomaco di
votare Trump qualcuno da votare", ha poi aggiunto, senza però soffermarsi minimamente sugli (inevitabili) effetti di questa sottrazione di voti al candidato ufficiale del partito. Un altro repubblicano, Sam Geduldig, a suo tempo collaboratore dell'ex speaker della cameraJohn Boehner, non esita a dire che la vittoria della Clinton non sarebbe il peggior scenario per i repubblicani. "Un conservatore indipendente in corsa a novembre potrebbe effettivamente aiutarci alla Camera e al Senato" ha detto, spiegando che con una vittoria certa di Clinton, l'affluenza dei democratici alle urne sarebbe più bassa in stati dove vi sono duelli accaniti per il Congresso.

Ma non è affatto semplice passare dalle parole ai fatti: cioè trovare il nome giusto da candidare. E' molto complicato, riconosce Doug Heye, già collaboratore dell'ex leader dei repubblicani alla Camera, Eric Canton. Anche perché inevitabilmente riceverebbe in pieno petto tutte le accuse di tradimento e di "doppio gioco", bollando la sua corsa come mossa atta a consegnare la Casa Bianca di nuovo ai democratici. Trump, inoltre, avrebbe gioco facile nel fare piazza pulita nei confronti degli avversari che decidessero di fargli la guerra apertamente. Visto che, nella corsa per le primarie, non è stato per nulla tenero con i suoi sfidanti. "Chi mai può candidarsi a queste condizioni? - si chiede John Feehery, veterano degli strateghi del Gop -. Credo che queste siano solo chiacchiere di Washington alimentate da strateghi e consulenti che sono disperati perché i loro cavalli non hanno vinto". C'è da registrare, però, il fatto che da tempo Feehery chiede al Gop di salire sul carro di Trump.

C'è poi un altro problema, squisitamente tecnico. Per correre alle elezioni il candidato indipendente dovrebbe raccogliere un certo numero di firme in ciascuno Stato. Cosa non facile in poche settimane, visto che la finestra temporale si chiuderebbe tra la fine di maggio e i primi di giugno. Ma ammettiamo, per ipotesi, che ci fossero le condizioni (tecniche e politiche) per una candidatura alternativa. Chi potrebbe correre? Lo speaker della Camera, Paul Ryan (già vice di Romney nelle presidenziali 2012) da tempo ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di farlo. Circolano alcuni nomi, vediamo quali: Susana Martinez, governatrice del New Mexico, che potrebbe recuperare voti ispanici messi in fuga dagli attacchi del tycoon e la sua promessa di costruire un muro, e Nikki Haley, governatrice della South Carolina che a gennaio ha trasformato la replica repubblicana al discorso sullo Stato dell'Unione in uno spot anti Trump. Ma si parla anche di Brian Sandoval, governatore del Nevada, e
del senatore Pat Toomey, della Pennsylvania. Tra i big si possono aggiungere alla lista i nomi di Mitt Romney e Micheal Bloomberg, anche se l'ex sindaco di New York ha già escluso una candidatura da indipendente. E qualcuno ritira fuori dal congelatore John Boehner, ex speaker della Camera. Qualcuno di loro potrebbe decidersi a compiere il gesto estremo, candidandosi (apertamente) contro Trump. Oppure, ipotesi non meno probabile, potrebbero decidere di schierarsi con Hillary, come già hanno detto di voler fare i ricchissimi fratelli Koch, storici finanziatori del partito dell'elefante.

Ma a pensarci bene c'è anche un'altra ipotesi: restare a guardare, seduti sul greto del fiume, in attesa che "passi il cadavere". Archiviata la corsa di Trump, si ripartirebbe da zero, con una nuova lotta politica per la leaderhip della destra. E con nuovi leader. Tutto possibile, sulla carta.

A meno che a novembre a vincere non sia proprio Trump.

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