Mondo

Repubblicani, la rivincita dei politici di professione. In ombra Trump e Carson

Nel terzo confronto in diretta tv si è parlato soprattutto di temi economici e fiscali. Trump, troppo moderato", non ha convinto. Così come Carson. Molto in ombra Jeb Bush. Tutti contro HGillary Clinton, e lei si gode il momento

Repubblicani, la rivincita dei politici di professione. In ombra Trump e Carson

Quando il gioco si fa duro a volte i duri restano al palo. Il terzo dibattito tra i candidati repubblicani si è concluso con un risultato evidente: sul palco della University of Colorado i candidati dell'antipolitica, Donald Trump e Ben Carson, non hanno convinto. Sono andati meglio, invece, i politici di professione: Marco Rubio, Ted Cruz e John Kasic. Ancora una volta non ha convinto Jeb Bush. I dieci che aspirano alle nomination del Grand Old Party meglio classificati nei sondaggi hanno incrociato i guantoni affrontando temi economici e fiscali. Il dibattito era ospitato da Cnbc, un canale specializzato nell’informazione finanziaria, per cui gran parte della discussione si è svolta su temi economici e fiscali e, salvo qualche episodio isolato, i candidati hanno evitato di lanciarsi attacchi personali, come era successo nelle precedenti occasioni. Jeb Bush, che aveva bisogno di una performance di spicco per placare i molti dubbi sul proprio conto, ha fornito una prova opaca.

Il dibattito, per ovvie ragioni, si è rivelato un fuoco di fila contro Hillary Clinton. Perché per la destra americana la corsa verso la Casa Bianca dell'ex segretaria di Stato rischia di essere incontrastata. "È una bugiarda che viene protetta dai media", attacca Rubio. Anche l’ex numero uno di Hp, Carly Fiorina, si scaglia contro la Clinton, con cui condivide lo stesso obiettivo: diventare la prima presidente donna degli Stati Uniti: "Io sono il peggiore incubo di Hillary", incalza la ex manager, definendo "ipocrite" le politiche avanzate dalla Clinton sulle donne. Hillary li ascolta da casa e commenta l’evento in diretta su Twitter, non nascondendo la propria soddisfazione per quella che considera la pochezza dei suoi avversari. E soprattutto è felice di essere lei al centro della discussione repubblicana. Segno, implicito, della sua forza.

Di fonte alle domande specifiche dei giornalisti sui principali temi di economia e finanza dicevamo che Trump e Carson hanno evidenziato limiti evidenti. Numeri alla mano e calcoli fatti per l’occasione sulle singole proposte dei candidati mettono in difficoltà i due candidati repubblicani in testa ai sondaggi, inclini a smarcarsi dal pressing dei moderatori. Addirittura Carson non ha saputo indicare la percentuale esatta della sua proposta di flat tax. Bush ancora una volta ha perso una grande occasione per risalire la china. Eppure quella di ieri sera era l'occasione giusta per lui, visto che ha governato un grande stato come la Florida e si è districato per anni con le esigenze di far quadrare i bilanci. Il suo ex delfino, Marco Rubio, a cui l’establishment del partito guarda con sempre maggiore attenzione, è andato decisamente meglio. Il senatore di origini cubane non ha avuto alcun riguardo per il suo ex "maestro", replicando con durezza alla richiesta di dimissioni da senatore: "O partecipi ai voti in Congresso o lasci", ha detto Bush. Ma Rubio gli ha saputo rispondere a tono, ricordando che a molti altri candidati, repubblicani e democratici, non è stato chiesto di dimettersi da senatore. Non è stato chiesto - afferma Rubio - a John Kerry e non è stato chiesto a Barack Obama e a John McCain. Implicitamente si domanda: perché lo chiedi solo a me?

I media Usa a caldo danno la sufficienza anche al beniamino dei Tea Party, Ted Cruz, e al governatore del New Jersey, Chris Christie. Tranquillo, forse sin troppo, è apparso il vulcanico Donald Trump, che mostra qualche segno di nervosismo solo quando il moderatore gli chiede se molte delle sue proposte - dal muro per gli immigrati al confine con il Messico alla sua ricetta sulle tasse - non sembrino prese più da un libro dei fumetti che da un programma elettorale: "Non è una domanda molto carina da porre", risponde stizzito. Poi rilancia una delle sue idee più provocatorie: basta alle "gun-free zones" (aree dove è vietato portare le armi) negli spazi pubblici, perché "sono solo l’obiettivo di squilibrati mentali". Dopo la prima reazione
stizzita, Trump confessa che la sua più grande debolezza è quella di credere troppo alle persone: "Ma se succede qualcosa e il rapporto si incrina non riesco a perdonare". E ribadisce poi la validità della sua proposta di un muro ai confini col Messico per fermare gli immigrati. Se la prende infine con il candidato John Kasic, ricordandogli che era a Lehman Brothers quando è crollata.

Si è parlato anche dei diritti civili. "Credere che il matrimonio sia solo tra uomo e donna - ha detto Carson - non vuol dire essere omofobi. Questo è un mito della sinistra che va sfatato. Vogliono solo dividerci". Carson ha ribadito di essere contrario alle nozze gay, ma - ha aggiunto - "la Costituzione tutela tutti a prescindere dalla sessualità".

Hillary, come dicevamo, non si è persa il dibattito. Lo ha seguito in tv. E si è divertita a twittare commentando i temi che vengono toccati, dall’immigrazione alle armi. "Non possiamo più aspettare - ha detto in uno dei suoi tweet - Dobbiamo agire per prevenire la violenza con le armi da fuoco". Poi ha sottolineato che "in America non c’è posto per cittadini di seconda classe. Non possiamo più aspettare per un’ampia riforma dell’immigrazione".

Su alcuni punti tutti i candidati repubblicani sono stati concordi: nella denuncia del "grande governo" federale (tema caro alla destra Usa) e nelle promesse di ridurne le dimensioni e le competenze, oltre che, naturalmente, le spese e il debito. Raffiche di critiche sono state indirizzate al presidente Barack Obama (e ovviamente alla Clinton), specie sulla riforma della sanità (l'Obamacare) e le politiche e i programmi sociali ed economici.

Se questa non era stata, finora, la campagna dei governatori, la serata in Colorado è stata, invece, la migliore (finora) per il governatore del New Jersey, Chris Christie, finalmente grintoso ed efficace; e spazio hanno anche trovato Mick Huckabee (ex governatore dell'Arkansas), un predicatore nonché il più assiduo nelle corse alla nomination, e un pochino meno il governatore dell'Ohio.

In una serata tutto sommato senza troppi acuti e dominatori, il senatore della Florida Marco Rubio, il più giovane del gruppo e uno dei favoriti, ha fatto il minimo sindacale ma si è mosso bene. Discreta la prova del senatore del Texas, Ted Cruz (forse il meno loquace) e poco convincente è apparso il senatore libertario del Kentucky Ron Paul, troppo verboso e poco concreto.

Buona la prova di CarlY Fiorina, l'unica donna in corsa per il Gop.

Commenti