Riforma sugli immigrati, le tv "snobbano" Obama

La pubblicità vale più del presidente americano. E poi l’immigrazione non è un tema così "nazionale". I principali network televisivi hanno deciso di "snobbare" la riforma sulla immigrazione che riguarda 5 milioni di persone e di non rivedere il proprio palinsesto per l'atteso annuncio alla nazione di Barack Obama dalla East Room della Casa Bianca. Un annuncio che per alcune emittenti ha una rilevanza più "politica" che "sociale, e per questo non vale il prime time.

Erano circa 11,3 milioni, in maggioranza tra i 16 ed i 44 anni, gli indocumentados, gli immigrati senza documenti, in stragrande maggioranza provenienti dai paesi centro americani, oltre la metà dal Messico, con un piccola minoranza di asiatici, ad aspettare con più ansia la riforma di Obama che darà una nuova speranza a circa 5 milioni di loro che vivono e lavorano negli Stati Uniti da almeno dieci anni e hanno almeno un figlio cittadino americano, perché nato negli Stati Uniti. Eppure Abc, Cbs, Fox e Nbchanno deciso di non trasmettere il discorso sul decreto sull’immigrazione. A mandarlo in onda solo la all news: dalla Cnn alla Msnbc, dalla Fox News alla Pbs. Ma anche le reti in lingua spagnola, seguite dagli ispanici, che sono fra i gruppi più interessati alla riforma. Univision ha addirittura interrotto la messa in onda dei Latin Grammy Award per trasmettere il discorso del presidente. E lo stesso ha fatto Telemundo.

La Casa Bianca non ha chiesto formalmente ai maggiori network di trasmettere l’intervento, dopo aver capito che avrebbero esitato a farlo. Il mese di novembre, infatti, è molto importante per la pubblicità e gli spazi durante il prime time hanno molto valore. E i maggiori network hanno già venduto a caro prezzo gli spazi disponibili per le attese puntate finali di importanti serie tv, come Grey’s Anatomy. Fra gli altri motivi alla base della decisione di non mandare in onda il discorso del presidente c’è anche il fatto che il discorso di Obama venga ritenuto "politico". Alcuni reputano si tratti di "scusa" perché nel 2006, quando l’allora presidente George W.