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Ronan Farrow, ecco il libro che racconta il #MeToo

Il giornalista Premio Pulitzer figlio di Mia Farrow e Woody Allen, fratello di Dylan Farrow, racconta in un libro i retroscena dell'inchiesta sugli abusi sessuali che ha scatenato il #MeToo

Ronan Farrow, ecco il libro che racconta il #MeToo

Si intitola Predatori ed è il nuovo libro del giornalista e Premio Pulitzer Ronan Farrow, figlio biologico dell'attrice Mia Farrow e del regista Woody Allen, nonché fratello di Dylan Farrow, la figlia adottiva della coppia. La stessa persona che da anni accusa il regista di Io e Annie di averla molestata quando era bambina. Ronan Farrow è il cronista che ha pubblicato sul New Yorker l’inchiesta sulle molestie sessuali che ha coinvolto il produttore Harvey Weinstein, scatenando il movimento #MeToo. Il Corriere della Sera ha pubblicato un estratto del libro in uscita che racconta la costruzione dell'inchiesta e di come il potente produttore di Hollywood usò le accuse di sua sorella Dylan al padre Woody per screditare la sua indagine giornalistica.

Ronan Farrow racconta nell'estratto pubblicato dal Corriere della Sera di come il produttore di Hollywood, per far fronte alle accuse di molestie sessuali, chiese consiglio a suo padre, Woody Allen. Un retroscena clamoroso: "Nel frattempo, anche Weinstein stava dandosi da fare per conto suo. Mentre settembre lasciava il posto a ottobre, si rivolse alla figura chiave delle sue rivendicazioni su un possibile conflitto d' interesse. Chiese a una delle assistenti di fare la telefonata. Su un set cinematografico di Central Park, un'altra assistente allungò il telefono a Woody Allen. A Weinstein serviva un manuale d' istruzioni strategico, per respingere le accuse di molestie sessuali e per sapere come comportarsi con me".

Secondo quanto riportato dal giornalista, Harvey Weinstein chiese ad Allen di intercedere in qualche modo. Allen scartò immediatamente la proposta, ma ribatté che la sua esperienza poteva tornargli utile. Successivamente, gli avvocati del produttore inviarono una lettera al New Yorker nella quale sottolinearono come Ronan Farrow fosse "inadatto" a occuparsi della vicenda. "Il signor Farrow ha diritto alla sua rabbia privata. Ma nessun editore dovrebbe permettere che questi sentimenti personali creino e diano sostanza a un'inchiesta infondata e diffamatoria nata dalla sua animosità personale" scrissero gli avvocati di Weinstein. Questa era la tattica adottata dal produttore per screditare il suo lavoro: usare la vicenda di sua sorella Dylan per mettere in discussione la sua buona fede ed evidenziare così un possibile conflitto d'interessi.

In un'intervista esclusiva a Vanity Fair, Farrow rivela quanto quelle storie di vittime di abusi gli abbiano fatto capire la sofferenza della sorella, e lo abbiano fatto sentire in colpa per non aver fatto abbastanza come fratello. "Per me era importante che potessi scrivere liberamente delle accuse di mia sorella e anche che potessi ammettere che sono una di quelle persone che vivono accanto a una vittima e le dicono di lasciare perdere, e tacere" spiega. "Per molti anni ho ritenuto ciò che era accaduto un disturbo, qualcosa che la stava distraendo dal farsi una vita e una carriera, e che la stava lentamente distruggendo. Ma quando finalmente l’ho ascoltata davvero, e ho capito quanto fossero convincenti le sue affermazioni, mi sono reso conto che il suo rifiuto di tacere era un grande gesto di coraggio".

Nel 2014, Dylan Farrow pubblicò una lettera su un blog del New York Times nella quale accusò il padre adottivo Woody Allen di averla molestata sessualmente nel 1992, quando lei aveva 7 anni. "Qual è il vostro film preferito di Woody Allen?" scrisse. "Prima di rispondere dovreste sapere che quando avevo sette anni, Woody Allen mi prese per mano e mi portò in una piccola soffitta al primo piano di casa nostra, mi disse di stendermi e di giocare con il trenino di mio fratello. Quindi abusò sessualmente di me, e mi parlò mentre lo faceva, sussurrandomi che ero una brava bambina, che questo sarebbe stato il nostro segreto, e mi promise che saremmo andati insieme a Parigi e io sarei stata una grande attrice nei suoi film". Allen replicò che non c'era nulla di vero in quelle accuse, e che Dylan era stata condizionata dalla madre Mia.

Ora però Ronan sembra crede alla versione di Dylan e non a suo padre.

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