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Russigate, Trump contrattacca: "Io indagato da chi mi disse di licenziare Comey"

Trump ammette di essere indagato per il Russiagate. Ma manda un messaggio sibillino senza fare il nome dell'interesato

Russigate, Trump contrattacca: "Io indagato da chi mi disse di licenziare Comey"

"Sono indagato per aver licenziato il direttore dell'Fbi proprio da chi mi ha detto di licenziare il direttore dell'Fbi". Nel suo solito stile un po' sibillino, Donald Trump ammette di essere sotto inchiesta. E lo fa con un tweet che serve a lanciare un nuovo attacco, anche se non è ben chiaro a chi si riferisca quando parla "dell'uomo" che gli avrebbe detto di licenziare James Comey da direttore dell'Fbi.

Mueller è stato scelto per indagare sulla presunta interferenza della Russia nelle elezioni presidenziali, cioè pochi giorni dopo il siluramento di Comey voluto da Trump. Prima di allora era stato proprio Comey a guidare le indagini. La scorsa settimana ha testimoniato alla commissione Intelligence del Senato dichiarando che la decisione di licenziarlo era legata proprio al Russiagate e che il presidente gli aveva chiesto di lasciare stare l'indagine su Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale cacciato a febbraio per non essere stato chiaro sui suoi contatti con l'ambasciatore russo a Washington Sergey Kislyak. Nell'audizione Comey si era, però rifiutato di dire se si fosse trattato di ostruzione alla giustizia rimandando la questione proprio a Mueller.

Dopo che il Washington Post aveva rivelato l'avvio dell'indagine, Trump si era limitato a replicare sostenendo che è stato "creato un falso collegamento con la vicenda della Russia, senza trovare alcuna prova. Ora procedono per ostacolo alla giustizia sulla base di una storia fasulla". E aveva, poi, aggiunto: "Siete testimoni della più grande caccia alle streghe individuale nella storia politica americana, condotta da persone molto cattive e confuse". Oggi ha ammesso il procedimento, ma gli è servito per passare al contrattacco. Nel tweet ha accusato di essere indagato dalla stessa persona che gli avrebbe detto di licenziare il direttore dell'Fbi. Secondo alcuni, si sarebbe riferito proprio a Robert Mueller, predecessore di Comey alla guida del bureau. Per altri la stoccata è per il vice ministro della Giustizia, Rod Rosenstein, che supervisiona tutte le questioni relative al Russiagate da quando, visto il proprio coinvolgimento, il ministro Jeff Sessions si è ricusato. Rosenstein ha, infatti, firmato prima la controversa lettera in cui si raccomandava a Trump il licenziamento di Comey e poi, di fronte alla bagarre provocato questa mossa, ha deciso di nominare Mueller.

Il fatto che Trump sia sotto indagine è un punto di svolta, un turning point come lo definisce il Washington Post. Sia perché finora l'inchiesta si era concentrata sul versante russo sia perché l'accusa potrebbe far scattare un'eventuale procedura di impeachment. Un eventuale procedimento contro Trump potrebbe durare anni prima di arrivare al termine. Prima si passerebbe dalla Camera, che dovrebbe approvare a maggioranza la richiesta di impeachment. L'aula è, però, controllata dai repubblicani che finora sembrano appoggiare il presidente. Quindi, si svolgerebbe un processo politico al Senato, in cui per rimuovere il tycoon sarebbe necessaria la maggioranza dei due terzi. Nel frattempo, però, l'inchiesta si sta allargando e adesso sembra puntare agli uomini più vicini a Trump. Questa mattina Mueller ha, infatti, indagato Jared Kushner.

Secondo il Washington Post, l'attenzione dello special counsel si concentra sugli affari condotti da Kushner dopo i suoi incontri, nello scorso dicembre, con l'ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergei Kysliak, e con il banchiere russo Sergei Gorkov, presidente di Vnesheconombank, banca sottoposta a sanzioni americane. Secondo fonti dell'intelligence, il marito di Ivanka Trump avrebbe chiesto a Kysliak di aprire un canale di comunicazione riservato con Mosca.

Il suo nome si aggiunge a quelli di altri stretti collaboratori di Trump già coinvolti nell'indagine sul Russiagate, tra il quali l'ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, l'ex capo della campagna elettorale Paul Manafort e il consigliere elettorale Carter Page.

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