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Nuova offensiva degli islamisti: adesso vogliono colpire Roma

Ad una diminuzione dell'attività dei canali Idra dello Stato islamico, corrisponderà una maggiore attività dei simpatizzanti

Nuova offensiva degli islamisti: adesso vogliono colpire Roma

Una nuova vignetta in cui si invocano attentati su Roma, è stata diffusa questa notte su Telegram. Non si tratta di una minaccia ufficiale dello Stato islamico. La vignetta rientra nelle produzioni pro-Is, Isis-linked group o Isis-aligned group. Ricordiamo che non c'è alcun collegamento tra i media operative del nucleo centrale dell’organizzazione terroristica ed i simpatizzanti dei gruppi pro-Is. E' il solo messaggio dello Stato islamico tramite i suoi canali Idra (al-Naba, Islamic State ed Amaq del Central Media Diwan) ad avere l'autorità necessaria per innescare i distaccamenti o consacrare le loro operazioni per attacchi pianificati e su larga scala. Tuttavia nella maggior parte delle minacce on line, tale distinzione non sempre è stata rilevata. Questa non è una guerra informatica, ma di contenuti.

Questa è la nostra contro propaganda

Minacciare Roma: l’analisi della vignetta

Così come avvenuto per altre opere simili (ufficiali e non) pubblicate sulla rete in questi anni, procediamo con l’analisi della vignetta. Come abbiamo già rilevato si tratta di una produzione non ufficiale dello Stato islamico. Nonostante la promozione sul campo, i media operative dei gruppi pro-Is sono stati consacrati a mujaeddin dallo stesso al-Baghdadi, i simpatizzanti non possiedono alcuna autorità per abilitare i distaccamenti di sicurezza. Ash Shaff Foundation è una sigla pro-Is particolarmente attiva dallo scorso novembre. I loghi che troviamo in basso a sinistra della vignetta, ad esempio, indicano appartenenza senza alcun rapporto con il ramo principale dell’organizzazione. Ash Shaff Foundation non ordina, ma invoca disperatamente un qualsiasi evento che possa essere ricollegato al terrorismo islamico e dare così nuova linfa a quel falso piano globale del terrore. Nella reinterpretazione teologica, la finestra temporale utile è sempre di ispirazione divina. La propaganda è essenziale per la sopravvivenza dello Stato islamico sia come gruppo che come idea per coltivare quella profondità strategica digitale. È un meccanismo prezioso con il quale far valere l’acquiescenza nel suo proto-Stato ed un’arma penetrante con cui affermare la propria egemonia terroristica all’estero. Negli anni a venire, servirà come bandiera attorno alla quale i veri credenti del califfato si raduneranno, una volta perduti i territori.

Roma: la foto

Terroristi e simpatizzanti hanno appreso una lezione nel tempo: una buona resa grafica conferisce credibilità e profondità digitale alla minaccia. Le precedenti minacce rivolte contro il Vaticano, ad esempio, non sono state prese in considerazione dai media occidentali poiché di bassissima qualità. Urgono in ogni caso dei protocolli di esposizione per evitare che le vignette dei simpatizzanti possano essere elevate a minacce ufficiali dello Stato islamico. Ritorniamo alla vignetta diffusa poche ore fa sui canali Telegram utilizzati dai simpatizzanti jihadisti.

La foto originale della vignetta su Roma è stata pubblicata sulla rete il 31 gennaio scorso. Intitolata Rome wasn't built in a Day è stata scattata dal fotografo professionista Juan Figueirido. Essendo materiale coperto da copyright, la foto non può essere scaricata gratuitamente. Il simpatizzante ha realizzato uno screenshot dalla preview, ritagliando poi il tutto per creare la vignetta. La qualità della foto utilizzata dal simpatizzante, infatti, è nettamente inferiore rispetto a quella scattata dal fotografo professionista.

Il testo: From Dabiq To Rome

Tralasciamo Jihadi John (in alto a destra), terminato dagli USA tempo fa ed il secondo jihadista con la bandiera materializzatosi sul tempio di Saturno. Andiamo al testo: From Dabiq To Rome. Scritto in modo corretto (tralasciamo la macchina sotto il testo). In diverse occasioni la parola DABIQ è stata scritta DA31Q. Il voler indicare una data precisa per compiere un attentato, per un filone inaugurato lo scorso ottobre, non ha mai sortito alcun risultato reale. La frase From Dabiq To Rome non è originale. We will come from Dabiq to Rome è un passaggio molto noto tra i terroristi poiché presente in numerose canzoni jihadiste.

A Dabiq, la Megiddo della fede islamica, si svolgerà un giorno la battaglia finale attesa da più di 1400 anni per il compimento delle profezie di epoca abbaside riguardanti la fine del mondo. Dabiq è un’ideale luogo della battaglia finale tra le forze del bene e quelle del male. In realtà proprio a Dabiq l’Impero Ottomano sconfisse il Sultanato mamelucco nel 1517, crollando nel 1918 con la fine della prima guerra mondiale. Lo Stato islamico ha già utilizzato tale riferimento nella sua narrativa apocalittica. Dabiq, nella nuova visione jihadista, potrebbe essere ovunque e non geograficamente localizzata. Tradotto significa che lo Stato islamico attende ancora la resa dei conti e che la profezia non è ancora compiuta. Invocarla, infatti, innescherebbe l’ultima parte del mito: La vittoria finale sui crociati.

I loghi: le nuove disposizioni

Fino a poco tempo fa, le sigle simpatizzanti non possedevano l’autorità per utilizzare i loghi ufficiali dello Stato islamico. Le sigle pro-Is potevano utilizzare il logo dello Stato islamico sulle loro vignette, ma non la scritta Islamic State a corredo. Per non incorrere in smentite (così come avvenuto per i Mondiali di Russia, mai minacciati dallo Stato islamico), i simpatizzanti dovevano rispettare alcune regole. Solo le produzioni ufficiali potevano fregiarsi dei simboli Islamic State. Tale restrizione sembrerebbe essere stata rimossa del tutto. Per sopravvivere sulla rete ed alimentare quella falsa idea di insurrezione jihadista globale, lo Stato islamico non può più fare a meno dei suoi simpatizzanti e delle loro reti di diffusione non attenzionate dalle autorità. Ad una probabile diminuzione dell'attività dei canali Idra dello Stato islamico, corrisponderà una maggiore attività dei simpatizzanti.

L’attentato invocato per il 31 dicembre: DA31Q

Ash Shaff Foundation ha già attenzionato Roma il sette dicembre scorso, con una vignetta molto simile a quella diffusa su Telegram poche ore fa. Nella minaccia dello scorso dicembre, avevamo notato il particolare carattere utilizzato per scrivere la parola Dabiq. L’autore scrisse DA3IQ e non DABIQ. Non si trattava di una elegante scelta stilistica. Quella era una data. I simpatizzanti invocarono disperatamente un attentato o qualsiasi azione riconducibile allo Stato islamico per il 31 dicembre scorso.

Minacciare l'Occidente

L’obiettivo dei simpatizzanti pro-Is è chiaro: istigare ed ispirare qualcuno nel compiere un attacco contro uno dei possibili bersagli proposti come avvenuto per il filone parigino e newyorkese. I simpatizzanti continueranno ad invocare disperatamente un qualsiasi tipo di attentato che possa essere inconfutabilmente etichettato come tale. Una delle tecniche più subdole delle organizzazioni terroristiche è quella di dare un'illusione di coordinamento globale. Tuttavia appare evidente che tali vignette siano opera di soggetti senza alcun tipo di collegamento con il ramo principale. Oltre alla letteratura convenzionale diffusa sulla rete con istruzioni prevalentemente entry level e dedicata prevalentemente ai terroristi radicalizzati a distanza, ne esiste una parallela. Quest’ultima si rivolge all’élite del movimento e per diffondere informazioni classificate ai distaccamenti. Per lo Stato islamico la gratuita cassa di risonanza della rete è essenziale sia per continuare ad attirare reclute che per preservare la lealtà dei seguaci. La leadership jihadista si è sempre basata su un nutrito numero self-starters e fanatici opportunisti che traggono ispirazione prevalentemente dalle guide disponibili sulla rete.

Il giorno dell’attentato

Gli attentati invocati prima contro Parigi (domenica due dicembre) e poi contro New York ed il Vaticano (31 dicembre) non si riferivano ad un periodo, ma una data precisa. Strano davvero. Tatticamente parlando è una stupidaggine, non una provocazione. Solitamente si fa riferimento ad un periodo, ad esempio quello natalizio, per una maggiore finestra utile, non ad un giorno specifico. Nel minacciare l'Occidente lo Stato islamico ha sempre fatto riferimento ad un periodo, mai ad una data precisa. Il successo non si misura con la forza delle armi o dal numero di soldati schierati, ma si ottiene con la molteplice coesistenza di un certo numero di fattori. I due principali fattori sono la posizione ed il tempo. La determinazione è un segno distintivo dell'esecutore solitario. Parliamo quindi di bidimensionalità dell’operazione solitaria nella sua doppia valenza politica e militare. Vi sono numerose variabili infine, da considerare come la logistica, le opportunità percepite e l'accesso agli obiettivi desiderabili. I terroristi incoraggiano i propri affiliati nel compiere attentati durante periodi specifici nel tentativo di dare un'illusione di coordinamento globale, in realtà assolutamente casuali. Gli attentati del venerdì ad esempio possono essere incoraggiati attraverso la retorica radicale dei mullah. Questo è uno dei motivi per cui così tante proteste nei paesi islamici avvengono di venerdì.

Minacce ed un maggiore coinvolgimento dei simpatizzanti non sono affatto sorprendenti. Tuttavia nonostante la promozione a mujahideen effettuata dallo Stato islamico, il ruolo dei simpatizzanti è praticamente irrilevante senza un'azione fisica di supporto che possa dare credibilità alle loro minacce. Nelle prossime ore tali minacce aumenteranno di intensità.

Media Operative, You Are a Mujahid, Too

"Quindi, mio ​​caro sconosciuto soldato dei media, sappi quanto sia prezioso il tuo ruolo nel raggiungere la vittoria. Sei un mujahid per la causa di Allah".

È una edizione riveduta ed aggiornata delle precedente guida pubblicata dallo Stato islamico nel 2014. 55 pagine che rappresentano la guida strategica jihadista, concepita per fornire gli strumenti essenziali per sfruttare la copertura dei media. L’utilizzo della rete è essenziale sia per continuare ad attirare reclute che per preservare la lealtà dei seguaci. Nel documento si spiegano le ragioni dell’importanza dei media ed il ruolo di coloro che materialmente realizzano i messaggi, considerati alla stregua dei mujahidin. E’ evidente l’obiettivo di tale struttura verbale: consacrare la partecipazione di un’altra frangia di guerrieri, classificandone il loro ruolo grazie al loro attivismo. Grazie a questa nuova visione, la distinzione tra supporto ed appartenenza non esiste più. In Media Operative, You Are a Mujahid, Too, lo Stato islamico si rivolge ai propri sostenitori che possono contribuire alla causa con il minimo sforzo, favorendo l’assorbimento degli aspiranti sostenitori.

Il documento offre l’esortazione teologica e la consulenza strategica per gli operativi dei media. Testi come il Media Operative, You Are a Mujahid, Too, sono stati erroneamente giudicati come semplice propaganda dall’Occidente. Rappresentano, invece, dei validi strumenti per migliore la comprensione della logica alla base della strategia mediatica e di propaganda dello Stato islamico. Il testo strategico è strutturato su tre linee guida.

Nel primo capitolo intitolato Date il lieto annuncio ai credenti, si spiega il concetto della narrazione alternativa.

Si consiglia di parlare della verità, intesa come “strumento per confutare le bugie dei crociati”.

“I messaggi dovranno incoraggiare e guidare, così da aprire gli occhi sul valore dell’esistenza dello Stato islamico. Il concetto di verità nei messaggi è particolare. I destinatari dovranno provare soddisfazione nel leggere o nell’ascoltare quei messaggi carichi di speranza. Appelli comunque generalizzabili, che dovranno tenere conto delle necessità quotidiane dei credenti e dei mujahidin sparsi nel mondo. Sarebbe opportuno raccontare alla gente un semplice e reale quadro della battaglia senza esagerazioni e bugie. Non possiamo nascondere gli aspetti negativi della vita, ma dobbiamo trasmettere anche tutte le sfaccettature positive dell’esistenza sotto lo Stato islamico”.

L’obiettivo è quello di offrire una identità partecipativa, che rafforzi il concetto di califfato come organo rappresentativo per tutti i musulmani sunniti.

Il secondo capitolo Contrastare e screditare la narrazione distorta promossa dall’Occidente, è dedicato all’invasione intellettuale dei media occidentali. Fornisce le linee guida per “rispondere alla frenetica campagna dei media ed ai suoi modi ingannevoli per scoraggiare i musulmani”.

Si menziona l’arma della contro-propaganda, intesa come “serbatoio di argomenti e confutazioni per ripudiare le false affermazioni”.

Nella contro-propaganda si rileva il ruolo della linea intellettuale del gruppo “per contrastare le bugie quotidiane e la falsificazione professionalizzata dei moderni media occidentali”.

L’ultima parte del documento è dedicata ai proiettili della propaganda, nel capitolo Le armi che fanno arrabbiare i nemici di Allah.

“Se effettuate in modo efficace, le armi dei media possono essere più potenti delle bombe atomiche. Messaggi espliciti e vigorosi, spezzeranno il morale del nemico”.

E’ interessante notare l’importanza della parola bomba, intesa non più nel senso letterale del termine, ma in riferimento all’importanza nelle operazioni dei media. Elevando tali operazioni alla stregua delle deflagrazione di un ordigno bellico sul campo, se ne consacra il loro ruolo e l’attivismo.

“I media offrono un modo per intimidire, minacciare obiettivi sensibili civili e militari, così da spingere gli avversari ad agire in modo irrazionale. I messaggi devono essere calibrati per scioccare il pubblico che supporta i militari all’estero”.

Stato islamico: da organizzazione ribelle a rete terroristica clandestina

Fin dal 2014 lo Stato islamico ha pianificato la perdita dei suoi territori conquistati per concetti che richiamano chiaramente la tattica asimmetrica applicata ad una guerra lampo di conquista contro preponderanti forze nemiche (quindi l’incapacità di materiale di mantenere nel tempo i territori). Lo Stato islamico non si è mai posto l’obiettivo di istituire un'amministrazione duratura. Se la finalità fosse stata la cittadinanza, la strategia adottata sarebbe stata diversa. Certamente opposta alla scia di terrore che ha terrorizzato il Medio Oriente ed il Nord Africa e che ha provocato, inevitabilmente, l’intervento della comunità internazionale. Gli atti ritenuti controintutivi erano in realtà ingranaggi di una strategia guidata che privilegiava la longevità concettuale ideologica alla presenza fisica. Lo Stato islamico non mirava all’instaurazione di un governo jihadista, ma alla sperimentazione di un nuovo modello insurrezionale applicabile, polarizzando l'ideologia jihadista. Il ricordo di Mosul continuerà ad infervorare negli anni i cuori dei veri credenti, esempio dell'utopia jihadista. Il vero obiettivo era quello di testare un prototipo di guerra generazionale, un modello insurrezionale dinamico.

Un prototipo di guerra generazionale: la longevità concettuale ideologica

Le organizzazioni insorgenti detengono e colpiscono un territorio, possono esercitare la sovranità su una popolazione, operano come forze armate strutturate sulla mobilitazione di massa. I terroristi non possiedono nessuna di queste caratteristiche (sebbene sia prevista l’illusione di una profondità). La narrativa dello Stato islamico ha già ben delineato il ruolo dell’attuale generazione, destinata a non poter assistere al compimento delle profezie. Lo Stato islamico non possiede la forza per riconquistare i territori perduti in Siria e Iraq (non è questo l’obiettivo di una forza irregolare), mentre continueranno le azioni ispirate al Dominio Rapido. Tuttavia il vero ruolo dell’attuale generazione jihadista fedele al califfato sarà quello di massimizzare l'evoluzione dei lupi solitari in forza terroristica clandestina con un’entità meno centralizzata. L'evoluzione della minaccia terroristica in Occidente è strettamente legata ai cambiamenti strategici dello Stato islamico in Medio Oriente e nel Nord Africa.

Lo Stato islamico concentra le risorse sia per rafforzare le roccaforti esistenti in Libia, nella penisola del Sinai in Egitto, in Afghanistan e Yemen sia per tentare nuove ramificazioni nei territori (governati e non) propensi al Jihadismo salafita, dal Caucaso settentrionale all'Asia sudorientale. Lo Stato islamico sta attualmente adottando il medesimo playbook della violenza mirata (attacchi, omicidi e intimidazioni) strategia che gli ha permesso di dominare le aree rurali nel 2012 e nel 2013. Nell’ultima stima del Dipartimento di Stato Usa, lo Stato islamico è pienamente operativo in almeno 18 paesi. In sei di questi (Egitto, Indonesia, Mali, Filippine, Somalia e Bangladesh) il gruppo sta cercando di ricreare forme di governo sul proto stato in Iraq e Siria.

Una lotta generazionale a lungo termine

L'organizzazione terroristica è tenuta insieme dalla sua ideologia, non dalla sua presenza fisica in Iraq e Siria. E' il concetto del "Califfato nel cuore" alla base della nuova organizzazione globale che, verosimilmente, potrebbe colpire l'Occidente nel breve termine. Proprio il 2016 sarebbe stato un anno formativo per raffigurare le future perdite territoriali come un compimento delle profezie. La narrativa apocalittica spiega che Dabiq è ovunque e non più geograficamente localizzata. Tradotto significa che lo Stato islamico attende ancora la resa dei conti e che la profezia non è ancora compiuta. Per il terrorismo jihadista, il territorio fisico in senso stretto è un’idea, mentre le sconfitte sono semplicemente prove per determinare la fede di un vero credente. La perdita fisica di un territorio limiterà sia la capacità economica che quella di reclutamento massiccio, ma la natura fortemente decentralizzata del gruppo assicurerà una presenza costante nel tempo. La battaglia finale tra l’Islam e Roma, attesa da più di 1400 anni, si svolgerà un giorno a Dabiq. Dabiq è un’ideale, la Megiddo della fede islamica, luogo della battaglia finale tra le forze del bene e quelle del male. In realtà proprio a Dabiq, l’Impero Ottomano sconfisse il Sultanato mamelucco nel 1517, crollando nel 1918 con la fine della prima guerra mondiale. La nozione di califfato ha dimostrato di essere un eccellente catalizzatore per il reclutamento dei giovani insoddisfatti musulmani, in particolare nell’Europa occidentale, dove si trovano ad affrontare l’elevata disoccupazione, straniamento culturale e discriminazione.

Le illusioni dei crociati nella Età del Califfato

Le illusioni dei crociati nella Età del Califfato è ritenuto il primo contenuto editoriale in cui si inizia ad ipotizzare il declino del califfato e la nuova strategia generazionale insurrezionale.

“Lo Stato Islamico potrebbe presto degenerare in un califfato sulla carta, privo della sua terra e della sua leadership. Eppure, questo non è un problema perché per sua natura, il ciclico destino dello Stato islamico lo porterà a rinascere e ripresentarsi. La vittoria degli Stati Uniti sarà ancora una volta illusoria. Qualora volessero vincere, dovrebbero eliminare un’intera generazione di sostenitori del califfato in tutto il mondo. E ciò non avverrà. I crociati ed i loro alleati apostati credono, allargando la portata delle loro operazioni militari, che conquisteranno l’Iraq, la Siria, il Sinai, l’Africa occidentale e le province libiche. Credono di riuscire ad eliminare tutte le province dello Stato islamico in una sola volta, spazzandole via e non lasciandone traccia. I crociati trascurano un fatto importante: l’intero mondo è cambiato da quando è sorto il Califfo. Niente sarà più come prima, mentre piani e strategie di sviluppo, in vista di un futuro prossimo, sono destinati a fallire perché basati su un mondo che non esiste più. Perdere una città, eliminare un emiro o un imam: questo non cancellerà lo Stato islamico. Dovrebbero rivalutare e riprogettare i loro piani su questa base, ma non lo faranno. Se volessero raggiungere la vittoria, e non lo faranno, dovrebbero eliminare un’intera generazione di musulmani, testimoni della fondazione dello Stato islamico e del ritorno del califfato”.

Il modello insurrezionale applicabile

La Coalizione a guida Usa ha affrontato la lotta contro lo Stato islamico in modo convenzionale: combattere il nemico, conquistare il suo territorio, dichiarare la vittoria. Tuttavia lo Stato islamico concepisce la battaglia come una lotta generazionale a lungo termine. L'organizzazione terroristica è tenuta insieme dalla sua ideologia, non dalla sua presenza fisica in Iraq e Siria. La realizzazione delle aspirazioni ideologiche sono molto più importanti della gestione permanente di qualsiasi pezzo di terra. Per il terrorismo jihadista, il territorio fisico in senso stretto è un’idea, mentre le sconfitte sono semplicemente prove per determinare la fede di un vero credente. La perdita fisica di un territorio limiterà sia la capacità economica che quella di reclutamento massiccio, ma la natura fortemente decentralizzata del gruppo assicurerà una presenza costante nel tempo. Qualsiasi tipo di vittoria non si basa sulla conquista fisica del territorio, ma sulla volontà di piegare la forza di volontà ed il desiderio di combattere del nemico. La visione del mondo salafita jihadista è sia transnazionale che transgenerazionale: l'ideologia non può essere sconfitta militarmente. La stabilità politica gioca un ruolo importante nel mantenere una nazione sicura mentre promuove programmi economici e di sviluppo. Senza tale stabilità è impossibile attuare tali progetti per aiutare i cittadini di una nazione.

La strategia generazionale

L’obiettivo della propaganda (tattica di rivendicazione strutturata per dare l’illusione di una portata globale) nel breve e medio termine, sarà quello di continuare ad incentivare l’espansione del gruppo nelle regioni dove la penetrazione jihadista è stata relativamente debole. All’attuale generazione jihadista è stata già affidata la responsabilità di una guerriglia urbana a lungo termine così da minare la volontà politica dei paesi occidentali allineati contro lo Stato islamico.

La leadership dell’organizzazione terroristica è ben consapevole che l’elemento più vulnerabile delle democrazie occidentali è la volontà del popolo.

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