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Siria, l'appello del patriarca: "Aiutate noi cristiani a restare a casa nostra"

L'appello all’Europa di Sua Santità Ignatius Aphrem II, Patriarca Siro-Ortodosso di Antiochia

Siria, l'appello del patriarca: "Aiutate noi cristiani a restare a casa nostra"

“Volete aiutarci? Aiutateci a restare a casa nostra”, questo è l’appello all’Europa di Sua Santità Ignatius Aphrem II, Patriarca Siro-Ortodosso di Antiochia, che si fa portavoce di tutti i cristiani di Siria e Medio Oriente. Lo incontriamo a Damasco dove ci riceve nella sala udienze della Chiesa ortodossa di San Giorgio: dietro di lui appesi alle pareti ci sono una Madonna con Bambino e un ritratto del presidente Assad. Sua Santità centra subito il punto: la diaspora dei cristiani dal Medio Oriente, e dalla Siria in particolare, è un enorme problema sociale e politico, che rischia di minare l’equilibrio del fragile scacchiere mediorientale, da qui ai prossimi decenni.

“Quando questa guerra sarà finita la Siria sarà diversa, questo è certo” afferma il Patriarca, “ma dovete sapere che prima dello scoppio del conflitto questo posto era uno dei più sicuri dove vivere per i cristiani: abitiamo questa terra da millenni”. “Quello che mi ha meravigliato sopra ogni cosa è stata l’indifferenza di fatto della comunità cristiana europea e internazionale all’aggressione islamista in Siria”, spiega Sua Santità alla delegazione europea dell’Alliance for Peace and Freedom. E a chi gli chiede cosa può fare l’Europa per i cristiani della Siria risponde di nuovo: “Aiutateci a restare qui, dateci supporto, finanziate i nostri progetti per aiutare la popolazione”.

“Qui a Damasco”, prosegue, “assistiamo migliaia di famiglie ogni giorno con cibo, medicine, alloggi, servizio sanitario. Con questo non voglio dire che l’Europa dovrebbe rispedire indietro i profughi cristiani che scappano dalle violenze dell’Isis, ma che inizi a supportare fin da adesso tutti coloro che vogliono restare in Siria”. Il Patriarca spiega che lo scenario che prenderebbe forma in seguito all’esodo di massa dei cristiani da quelle terre sarebbe quello di un insieme di nazioni regolate dalla legge islamica e dilaniate dagli scontri interconfessionali. Il ruolo delle comunità cristiane è sempre stato storicamente, infatti, un ruolo di mediazione e pacificazione. “Vogliamo creare un 'safe heaven' per i cristiani qui in Siria, questo è il nostro obbiettivo, come il Kurdistan per i curdi: l’Europa deve prendere atto di questo e deve aiutarci a realizzarlo”, spiega Sua Santità, mentre insiste nel sottolineare che la Siria è un Paese modello della convivenza. Una convivenza che, nonostante tutto, ancora si respira e si tocca con mano per le strade del quartiere cristiano di Damasco.

All’esterno di una chiesa ci sono delle donne velate che festeggiano assieme agli altri invitati un matrimonio cristiano che si è appena celebrato. Ci fermiamo a parlare con il sacerdote: “Con la scusa della libertà e della democrazia ci hanno riportato indietro di cinquant’anni”, commenta laconico. La culla della cristianità oggi è divenuta davvero la terra bagnata dal sangue dei nuovi martiri. E a Damasco sono molte le persone che hanno rischiato la propria vita e che sono fuggite dai miliziani del Califfato. Non è difficile incontrarli per le vie della città, e sono quasi tutti disposti a raccontare le loro storie, e le loro paure. Come la signora anziana con cui ci fermiamo a chiacchierare all’interno della cattedrale maronita: “Vengo da Irbin, sono scappata quando sono arrivati i ribelli e hanno minacciato di uccidere tutti”, ci dice gesticolando per farci capire meglio quello che sta succedendo in molti villaggi del Paese assaliti dagli uomini dello Stato Islamico.

“Hanno detto che arriveranno a Roma”, afferma il Patriarca mentre continua il suo colloquio con la delegazione, “è vero, ci arriveranno: in realtà loro sono già in America, sono già ovunque in Europa”.

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