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Lo Stato islamico recluta disabili per attacchi suicidi

Lo Stato islamico "offre" al disabile la possibilità di conquistare il paradiso con un'azione nobile che garantirà anche un aiuto finanziario alla sua famiglia

Lo Stato islamico recluta disabili per attacchi suicidi

Il canale ufficiale dello Stato islamico poche ore fa ha pubblicato sulla rete le foto degli autori di un presunto attacco suicida avvenuto in Siria. Qualsiasi tipo di vittoria non si basa sulla conquista fisica del territorio, ma sulla volontà di piegare la forza di volontà ed il desiderio di combattere del nemico. Il terrorismo è un’ideologia per una guerra di contenuti: istruzione e conoscenza sono strumenti essenziali per sradicare l'estremismo giovanile, motivo per cui è imperativo negare le risorse potenziali da cui attingere. La visione del mondo salafita jihadista è sia transnazionale che transgenerazionale: l'ideologia non può essere sconfitta militarmente. La stabilità politica gioca un ruolo importante nel mantenere una nazione sicura mentre promuove programmi economici e di sviluppo. Senza tale stabilità è impossibile attuare tali progetti per aiutare i cittadini di una nazione. E' opportuno quindi contrastare le istituzioni che assistono i gruppi terroristici nella mobilitazione e nel reclutamento. I leader religiosi dovrebbero condannare l'estremismo giovanile, mentre lo stato dovrebbe costruire sistemi scolastici statali come alternativa a quelli religiosi privati. Necessario, infine, scardinare lo status quo che premia gli attentatori suicidi ed i loro parenti.

Stato islamico: L’analisi delle foto

Da qualche settimana il nuovo template scelto per celebrare i martiri sembrerebbe essere stato accantonato sui canali Idra dello Stato islamico. Con la frase “Canali Idra” identifichiamo gli organi principali dell'architettura mediatica jihadista: Is, Amaq News ed al-Naba. La nuova grafica predefinita per celebrare i martiri è stata pubblicata per la prima volta il 30 giugno scorso da ISEA o Islamic State East Asia. Il formato utilizzato da ISEA è stato poi adottato in tutte le province (Wilayah) dello Stato islamico. Ritorniamo alla foto.

Contesto sconosciuto, probabilmente in Siria. Il giovane imbraccia l’arma in un modo che potremmo definire abbastanza particolare. Non sappiamo esattamente cosa significhi ciò, ma possiamo suggerire tre ipotesi. La prima: Il ragazzo potrebbe non aver ricevuto un addestramento militare di base. Sarebbe una cosa molto comune ed in realtà non richiesto nella maggior parte delle operazioni suicide. Il giovane, in base alla prima ipotesi, imbraccerebbe il fucile d'istinto. Nella seconda ipotesi potrebbe trattarsi di un gesto simbolico: L’indice della mano destra posto sull’arma è certamente strano. Il giovane in foto, infine, potrebbe soffrire di un qualche tipo di disabilità: Anche la mano sinistra sembrerebbe imbracciare l’arma in modo anomalo. Manca il gesto che indica l'unicità di Dio, l'indice della mano destra alzato verso l'alto. Ed in effetti il ragazzo non potrebbe farlo poiché si poggia su due stampelle, segno di un qualche tipo di disabilità. Attenzione al messaggio di propaganda lanciato poichè lo Stato islamico pubblica una seconda foto del ragazzo, questa volta con la posa classica dell'indice della mano destra verso l'alto: Per realizzarla il giovane si è dovuto sedere. Le stampelle non dovrebbe essere state riconvertite in un dispositivo esplosivo improvvisato. Le due foto non mostrano interventi esterni per manipolare le stampelle. Ovviamente ci riferiamo soltanto alle sezioni mostrate. Lo Stato islamico ha scelto deliberatamente di mostrare le due stampelle. I terroristi hanno volutamente lasciato intendere che il ragazzo è un disabile.

Perché lo Stato islamico recluta i disabili?

Distrofia muscolare, amputazioni, problemi di salute mentale, ipovedenti. I terroristi reclutano i disabili perché sono ai margini della loro società. Essere disabile, possibilmente vivendo per strada e con l'incapacità di sostenere la propria famiglia è considerata una grande vergogna. Per i disabili, in base alla distorta strategia linguistica dello Stato islamico, il martirio diventa una "nobile" occasione di guadagnare del denaro per la propria famiglia. Anche per i disabili, i terroristi sfruttano il concetto di prigione terrena. Il credente vede la vita terrena come una prigione ed ambisce a raggiungere Allah. Il linguaggio è strumento di influenza, con forme metriche strutturate per riflettere la visione di una realtà. E' il linguaggio a definire le azioni accessibili e delegittimare le altre percezioni del mondo. La strategia linguistica dello Stato islamico si basa sul concetto dogmatico della giustizia divina che motiva e azioni in vita. E’ l’interpretazione che motiva l’omicidio, inteso come obbligo sacro. Ogni terrorista, secondo la loro distorta visione, considera la vita terrena come un passaggio momentaneo. Tuttavia proprio le azioni fisiche rappresentano il mezzo per raggiungere l’obiettivo spirituale. Per un disabile dello Stato islamico, quindi, il martirio diventa l'unica possibilità di conquistare il paradiso con un'azione nobile che garantirà anche un aiuto finanziario alla sua famiglia. Nel 2014, il cittadino olandese ipovedente Taymullah al-Somali è stato utilizzato per reclutare disabili: "Essere cieco non mi ha impedito di venire in Siria, qual è la tua scusa?"

La foto del ragazzo disabile è un chiaro messaggio di propaganda. I terroristi incoraggiano chiunque, indipendentemente dal loro background. Non si tratta di puro reclutamento inclusivo, ma di una considerazione pratica: chiunque può effettuare un attentato adattando posizioni, metodi e caratteristiche personali speciali. In Rumiyah (numero di ottobre del 2016) si legge testualmente: "Non è necessario essere un esperto militare, un maestro di arti marziali, possedere una pistola o un fucile per compiere un massacro. Non è necessaria una preparazione specifica per uccidere e ferire i miscredenti e terrorizzare un'intera nazione. Ogni persona dovrebbe sostenere la fede con i propri mezzi".

Perchè i terroristi prediligono l'attacco suicida?

L'attentato suicida è impossibile da prevedere e genera pubblicità. L'attenzione dei media è come l'ossigeno per i terroristi. L'attacco suicida riceve un'enorme copertura mediatica a causa della dinamiche e del danno scioccante inflitto indiscriminatamente contro bersagli e civili inermi. Da non dimenticare, infine, che per un attentato suicida di successo è richiesta poca esperienza e scarse risorse. Pertanto l'attacco suicida è molto più conveniente rispetto ad altre tattiche come la presa di ostaggi che richiede un investimento considerevolmente maggiore nelle risorse, nella pianificazione e nella formazione. Indipendentemente dai loro obiettivi a lungo termine, l'attentato suicida è utilizzato in modo razionale e calcolato dai terroristi. Se utilizzato frequentemente e troppo indiscriminatamente, può diventare meno scioccante nel tempo e persino alienare le popolazioni che i militanti hanno bisogno di sostenere per la loro lotta a lungo termine.

A differenza delle tattiche utilizzate dai kamikaze giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, gli attentati suicidi sono deliberatamente impiegati dai terroristi per un effetto politico calcolato. Dal 1983 l'attentato suicida è la tattica preferita dai terroristi dallo Sri Lanka alla Cecenia, dall'Afghanistan alla Siria. Le organizzazioni terroristiche sfruttano l’attacco suicida, meccanicamente semplice e tatticamente efficiente, per generare un supporto alla causa. La cintura esplosiva indossata da un martire è la granata a frammentazione perfetta per il duplice motivo di essere intelligente e mimetizzata. Tatticamente parlando a vantaggio dell’attentatore suicida vi è la sua difficile individuazione e la capacità di colpire bersagli altamente sensibili o poco protetti, ma di enorme impatto emotivo è. Se il lone wolf (che solo non è mai) potrebbe essersi evoluto in branco per massimizzare l’efficacia e coordinare gli attacchi, il terrorismo islamico ha già dimostrato il fine delle sue azioni: spettacolarizzare la morte. La sensazione di insicurezza costante, il modificare il proprio stile di vita, il cedere alcune libertà individuali sacrificandole sull’altare della sicurezza: il terrorismo si pone l’obiettivo di scardinare gli schemi classici, modificando e plasmando lo status quo che la società conosce. Il danno inflitto dagli attentati suicidi è sia fisico che psicologico e si basa sull'elemento sorpresa. La sorpresa viene generata trasformando il quotidiano o l’innocenza dei bambini (raramente senzienti) in armi.

Ambire al martirio

La vulnerabilità al terrorismo è determinata dall'estrema povertà, dalla scarsa istruzione e dall’instabilità costante. Poiché i bambini ed i giovani hanno meno probabilità di capire la differenza tra bene e male, sono facilmente manipolabili e attirati dalla violenza. Proprio l’istruzione gioca un ruolo fondamentale nel plasmare il futuro di un bambino. Nelle comunità povere ed instabili, i terroristi utilizzano la narrativa strategica per manipolare le giovani menti e portarle alla loro causa. Nella distorta visione della realtà propinata dai terroristi, il martirio diventa un'ambizione per i giovani. Se avessero ricevuto una corretta educazione in un contesto normale, non cercherebbero un valore nella morte. L'economia poi, game changer nella vita di una persona. Nelle nazioni povere i giovanissimi hanno maggiori probabilità di svolgere attività illegali per guadagnare denaro e sostenere la propria famiglia. Lo Stato islamico ad esempio è stata una delle prime organizzazioni terroristiche a stipendiare i giovani sotto i 18 anni, cosa che i governi locali non facevano. Negli ambienti instabili, i membri delle organizzazioni terroristiche costringono le famiglie ad inviare i propri figli a combattere per loro. Concentrarsi esclusivamente sulla leadership delle organizzazioni terroristiche non è sufficiente poiché manca il più ampio contesto socio-economico che consente loro il reclutamento. Violenze, umiliazioni e mancanza di opportunità derivano dal fallimento dei sistemi educativi e della stagnazione economica in molte parti del mondo.

I testi strategici di al Qaeda e dello Stato Islamico

Creare posizioni non negoziabili

Il principale testo operativo di al Qaeda si intitola Management of Savagery: The Most Critical Stage Through Which the Umma Will Pass è stato pubblicato nel 2004. E’ l’unica opera della letteratura pubblica jihadista ad essere stata firmata da Abu Bakr Naji. Si ritiene che fosse l’egiziano Mohammad Hasan Khalil al-Hakim noto anche come Abu Jihad al-Masri (l'egiziano) eliminato in un raid USA il 31 ottobre del 2008. Se Abu Bakr Naji e Mohammad Hasan Khalil al-Hakim fossero la stessa persona, all’autore bisognerebbe accreditare anche il testo strategico Myth of Delusion del 2006 ed il saggio Towards A New Strategy in Resisting the Occupier. Management of Savagery consta di 268 pagine divise in cinque argomenti. E' un lungo e complesso testo retorico che richiede uno studio accurato. L’opera presenta una strategia per creare/ sfruttare il caos o la ferocia dei regimi politici per formare succursali (isole del disordine) di al Qaeda. I jihadisti avrebbero dovuto garantire sicurezza e servizi di base alla popolazione locale delle isole. Le isole sarebbero state il trampolino di lancio per l'espansione nelle terre confinanti (divisi in paesi primari e secondari) ed il progressivo consolidamento di uno stato islamico. I paesi primari sono quelli con regimi di governo deboli, scarso patriottismo, armi disponibili. Gli stati primari servono principalmente come basi logistiche. Idealmente, il successo nell'istituire il dominio jihadista nelle posizioni primarie consente l'espansione nei paesi secondari. Le isole si sarebbero poi unite per proclamare un califfato mondiale innescato dal crollo della monarchia saudita. Al Qaeda, infine, avrebbe assunto il controllo della capitale religiosa del mondo islamico.

Abu Bakr Naji, teorico della strategia Gestione delle barbarie, chiede di continuare la lotta jihadista contro l'Occidente, mentre predica pazienza per la creazione di un nuovo califfato. Si tratta di una strategia di diramazione in risposta alla riconosciuta incapacità del gruppo di operare oltrefrontiera. Così come bin Laden, Naji sostiene l'uso del terrorismo come mezzo per spingere gli Stati Uniti a spargere le sue forze ed esaurire la sua economia. Tuttavia Naji crede nel sostegno popolare ai jihadisti, ignorando il rifiuto da parte dei musulmani di sposare l'interpretazione radicale jihadista dell'Islam. Come i principali pensatori jihadisti, infine, Naji sottovaluta le capacità degli Stati Uniti. La strategia della Gestione delle barbarie fallisce poiché le isole di al Qaeda tendevano a concentrarsi sulle loro arene locali a svantaggio della visione della leadership (la lotta contro gli Stati Uniti). La segmentazione ha anche diminuito la composizione multinazionale del gruppo in quanto l'appartenenza a livello di filiale si basava principalmente sulle forze locali.

The Jurisprudence of Blood o Fiqh al-Dima è la bibbia dello Stati islamico. 579 pagine scritte da Abu Abdullah al-Muhajir, veterano della guerra in Afghanistan. L'uomo dovrebbe essere ancora vivo. Parliamo di un soggetto le cui opere hanno plasmato il pensiero del moderno terrorismo islamico. Fiqh al-Dima espone un subdolo quadro teorico, legale e religioso per giustificare qualsiasi tipo di azione. Alcuni titoli dei 20 capitoli sono: "Decapitazione e mutilazione", "Non esiste la resa", "Rapimento degli infedeli in guerra", "Come uccidere le spie", "Uccisione indiscriminata di infedeli in guerra", "L'utilizzo delle armi di distruzione di massa". Il testo è in qualche modo basato sulle letture tradizionali, ma reinterpreta in modo distorto la teologia islamica. Questi testi sono essenziali per creare posizioni non negoziabili nei jihadisti.

La nuova strategia del suicidio

Abu Abdullah al-Muhajir offre una soluzione teologica che permette a chiunque lo desideri di eludere le ingiunzioni coraniche contro il suicidio. La sua posizione si riduce allo scopo ed all'intento dell'attacco.

“Il suicidio con l'intento di porre fine al dolore personale è vietato perché implica che la persona in questione sia intenzionalmente ignorante della misericordia di Dio. Tuttavia, se l'intento è quello di sostenere la religione, lo stesso atto diventa qualcosa di onorevole”. Molti teorici prima di lui hanno affrontato la liceità di un attacco suicida, ma Muhajir espande il concetto, abbattendo i precedenti limiti teologici.

“L’attentatore suicida non deve essere considerato come l’ultima risorsa in caso di guerra. L’attacco suicida non deve necessariamente determinare un beneficio per la comunità musulmana o essere concepito esclusivamente per alterare le sorti di un conflitto. Chi vuole morire per la giusta causa, sarà libero di farlo”. Ecco creata la flessibilità necessaria per attivare i martiri utilizzata dall'Isis e da al-Qaeda.

Le opere di Abu Abdullah al-Muhajir continueranno a plasmare la traiettoria del militarismo salafista per gli anni a venire.

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