Mondo

Sud Sudan, stuprarono cooperante italiana: 10 soldati condannati

"È una vittoria. Ero esausta di attendere questo verdetto che non arrivava mai. Non ci speravo più e non credevo in una vittoria. E ora sono contentissima"

Sud Sudan, stuprarono cooperante italiana: 10 soldati condannati

Condannati dieci soldati in Sud Sudan per stupro, omicidio, saccheggi e devastazioni. Questo è quanto ha stabilito il tribunale militare. I fatti risalgono al periodo degli scontri avvenuti a Juba nel luglio 2016 dopo la rottura dell'accordo tra la fazione del presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, e quella del suo ex vice, Riek Machar. Proprio durante quei tumulti alcuni militari hanno violentato e malmenato un'operatrice umanitaria italiana, Sabrina Prioli, 44 anni, insieme ad altre quattro colleghe straniere e ucciso un giornalista locale.

Sabrina è la testimone chiave del processo. È stata l'unica a trovare il coraggio di ritornare a Juba per testimoniare contro i soldati governativi, riconoscerli e dare il via al processo.

"È un buon motivo per cominciare a stare meglio - racconta la donna - questo processo rappresenta un precedente per tutte le donne che non hanno voce e non possono battersi per i loro diritti: la sentenza riconosce lo stupro come crimine di guerra e in Sud Sudan si consumano continuamente violenze, ma nessuna donna ovviamente denuncia. È una vittoria grandissima che ripaga le sofferenze fisiche e psicologiche di questi anni e ancora vivide".

Due militari sono stati condannati all'ergastolo e gli altri sette a pene dai 7 ai 14 anni di carcere.

A testimoniare al processo è stato anche il proprietario dell'albergo che ospitava una cinquantina di dipendenti di organizzazioni umanitarie straniere, il britannico Mike Woodward il quale ha dichiarato che in quei giorni di orrore, oltre ai ripetuti stupri, "venne picchiato e torturato praticamente ognuno degli ospiti". Nonostante le richieste di aiuto ai peacekeeper Onu, non arrivò alcuna misura efficace.

Dopo i fatti, gran parte delle vittime lasciarono subito il paese e nessuna delle donne stuprate aveva avuto il coraggio di tornare e testimoniare.

"È una vittoria anche perché ho sempre sentito il peso di questa testimonianza - continua Prioli - ero esausta di attendere questo verdetto che non arrivava mai.

Non ci speravo più e non credevo in una vittoria. E ora sono contentissima"

Commenti