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Cosa spinge un 18enne a morire per l'Isis? Lo spiega il suo testamento

Svelato il testamento del diciottenne australiano morto suicida per il Califfato: "Ero uno studente ateo, volevo diventare giornalista: poi ho capito le colpe dell'Occidente, mi sono innamorato dell'islam e del martirio"

Jake Bilardi al centro
Jake Bilardi al centro

Cosa spinge un diciottenne australiano, cresciuto in uno di quelli che a torto o a ragione è considerato uno dei Paesi più sviluppati del mondo, a lasciare tutto e ad andare a morire in Medio Oriente sotto le bandiere dell'Isis?

Trovare una risposta è difficile, se non impossibile. A ricostruire il complesso percorso che ha portato Jake Bilardi da Melbourne all'Iraq può però servire l'ultimo post del suo blog, intitolato appunto "Il mio viaggio da Melbourne a Ramadi" e ripreso, tra gli altri, dal britannico The Telegraph.

Per descrivere la strada per "il sacrificio della vita all'islam", Bilardi inizia col raccontare della propria infanzia nei quartieri operai della periferia di Melbourne, quando ancora era "uno studentello ateo, piuttosto bravo, che sognava di diventare un giornalista specializzato in politica".

All'inizio il sogno era sì quello di viaggiare in Medio Oriente, ma solo per raccontare le storie e le difficoltà di quelle terre: Iraq, Libia, Afghanistan... Al fucile, allora, Bilardi preferiva ancora la penna. Poi arrivò l'approfondimento e lo studio su due guerre, quella d'Afghanistan e la Seconda Guerra del Golfo, che lo portarono a riconsiderare il giudizio sugli Usa e gli altri alleati occidentali, compresa l'Australia. "Iniziò lì il mio rispetto per i mujahideen, che poi crebbe e sfociò in un amore per l'islam, che mi ha portato fino allo Stato Islamico".

Scrivendo queste frasi, però, Bilardi aveva ben presente il pericolo che correva di essere rintracciato dai servizi australiani, mettendo a rischio tutto il suo progetto di combattente e martire. C'era, a questo proposito, anche un piano B, da attuare nel caso che il progetto originario di espatriare in Iraq fosse andato a monte. Un piano che "includeva bombe da far esplodere a Melbourne, per colpire soprattutto consolati stranieri e obiettivi politico-militari". Ma il folle piano dell'aspirante jihadista non si fermava qui: oltre agli attentati esplosivi, Bilardi vaneggiava anche di "attacchi con granate e coltelli nei centri commerciali e nei bar, che si sarebbero conclusi con un attacco kamikaze da portare a termine con una cintura esplosiva".

Nel blog, Bilardi racconta di come avesse già iniziato a raccogliere il materiale necessario e di aver già cominciato a confezionare gli ordigni. Poi, dopo essersi accorto che le autorità australiane non sembravano accorgersi in alcun modo dei suoi progetti di espatrio, dal piano B ritornò al piano A. Destinazione Califfato.

Che, una volta raggiunto, "gli diede una sensazione di gioia come mai prima". Quindi la ricerca ossessiva del martirio, anche dopo i primi tentativi falliti. Ora si attendono le notizie che confermino la sua morte in un attacco kamikaze.

Insensata e incomprensibile.

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