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"Tornate a colpire in Europa". Isis rimanda indietro i jihadisti

I foreign fighter partiti per la Siria vengono rispediti in Europa dal servizio segreto dell'Isis. Con un obiettivo: "Colpire ovunque e seminare la guerra in Occidente"

"Tornate a colpire in Europa". Isis rimanda indietro i jihadisti

Harry Sarfo ha risposto alla chiamata del jihad. Affascinato dai tagliagole dello Stato islamico, ha abbandonato la sua vita nella città di Brema e, dopo aver guidato per quattro giorni di fila, ha raggiunto la Siria. Ma qui, anziché addestrarlo e farlo combattere contro le forze governative del presidente Bashar al Assad, il servizio segreto dell'Isis gli ha detto che doveva tornarsene indietro. I vertici del Califfato non vogliono più che i foreign fighter europei vadano a combattere in Siria. Preferiscono, piuttosto, che combattano in Europa portando avanti attacchi multipli ovunque.

"Dicevano di avere moltissimi affiliati che vivono nei paesi europei e aspettano l’ordine di entrare in azione contro gli europei". In una intervista rilasciata al New York Times, all'interno del carcere di massima sicurezza vicino Brema, Sarfo svela quelli che era i piani dell'Isis prima degli attentati di Bruxelles, "prima ancora di quelli di Parigi". Piani che oggi sta riuscendo a mettere in atto ferendo a morte il Vecchio Continente in una guerra che non ha regole. "Ci hanno chiesto se non ci seccava tornare in Germania, perché è di quello che avevano bisogno in quel periodo - ha raccontato Sarfo - hanno anche aggiunto di volere che ogni attacco avvenisse in simultanea con un altro: vogliono compiere attentati in contemporanea in Inghilterra, in Germania e in Francia". Il faccia a faccia coi tagliagole dell'Isis, Sarfo l'ha avuto nell'aprile del 2015, ben sette mesi prima dell'attacco a Parigi, forse il più sanguinario attentato terroristico saubito dall'Europa nell'ultimo decennio.

I miliziani dell'Isis che hanno dirottato Sarfo sulla Germania appartengono alla Emni, una unità dell'intelligence del Califfato che, sotto il comando di Abu Muhammad al Adnani, si occupa dell'"esportazione" del terrorismo di matrice islamica in tutto il mondo. Secondo i servizi di intelligence di mezza Europa, questa cellula avrebbe un ruolo cruciale nelle operazioni dell'Isis tanto da avere carta bianca assoluta nel reclutare e re-indirizzare gli agenti provenienti da ogni ambito dell’organizzazione. "Dalla registrazione degli interrogatori - spiega Rukmini Callimachi sul New York Times - risulta che gli agenti sono scelti per nazionalità, sono raggruppati per lingua in piccole e discrete cellule in sonno i cui membri in qualche caso si incontrano soltanto una volta, alla vigilia della loro partenza per l’estero. Grazie all’opera di coordinamento di Adnani - continua - la pianificazione degli attentati è andata di pari passo con le estese operazioni della propaganda del gruppo, comprese le riunioni mensili durante le quali, a detta di Sarfo, Adnani ha scelto quali raccapriccianti filmati far circolare sulla base degli eventi in corso sul campo di battaglia".

Nel corso del tempo Emni è diventato "l'ingranaggio cruciale del complesso dispositivo terroristico del gruppo". Tanto che miliziani dell'Isis che vi erano arruolati hanno guidato gli attentati di Parigi e costruito le valigie bomba fatte esplodere nellaeroporto di Bruxelles e nella stazione della metro. "Dai rapporti investigativi risulta che suoi militanti addestrati sono stati mandati anche in Austria, Germania, Spagna, Libano, Tunisia, Bangladesh, Indonesia e Malesia", continua Callimachi spiegando che, come rivela lo stesso Sarfo nell'intervista, "mentre le autorità europee sono in difficoltà per una serie di attentati perpetrati da terroristi apparentemente senza rapporti tra di loro e che hanno promesso fedeltà allo Stato Islamico", i rapporti tra i jihadisti potrebbero essere "molto più stretti di quanto sospettino le autorità". Anche perché, per condurre gli attentati in Europa, i terroristi hanno sfruttato "nuovi adepti come tramite o come uomini puliti" a cui viene chiesto di collegare tra loro combattenti che non si conoscono.

Nell'inchiesta sul New York Times, Rukmini Callimachi svela che i foreign fighter appena arrivati in Siria vengono "agganciati" nei dormitori che si trovano subito dopo il confine turco. "Lì - spiega - i nuovi arrivi sono interrogati e schedati". A Sarfo, per esempio, sono state prese le impronte digitali e un campione del sangue. Un dottore, poi, gli ha fatto un esame fisico generale. "Mi ha rivolto domande del tutto normali - ha raccontato - per esempio come mi chiamo, che studi ho fatto, quali erano le mie intenzioni, che cosa intendevo diventare". Durante l'interrogatorio Sarfo non ha nascosto di aver scontato una condanna a un anno di prigione per aver rapinato un supermercato e rubato 23mila euro perché, come spiega Callimachi, "anche se nelle aree sottoposte allo Stato Islamico la pena per il furto è l’amputazione, aver commesso un reato o un furto in passato costituisce un valore aggiunto".

Essere in rapporti con la criminalità organizzata, garantisce infatti all'Isis la possibilità di far entrare clandestinamente gli immigrati in Europa e di procurarsi facilmente i documenti d'identità falsi.

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