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Trump-Ucraina, ora i dem vogliono l'impeachment

Ma la vicenda rischia di essere un boomerang per il candidato dem Joe Biden, che si vantò pubblicamente di aver fatto licenziare il procuratore ucraino che stava indagando su suo figlio

Trump-Ucraina, ora i dem vogliono l'impeachment

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I democratici Usa stanno valutando l'ipotesi di presentare una richiesta di impeachment nei confronti del Presidente Donald Trump dopo che quest'ultimo ha ammesso di aver parlato con il neo-leader ucraino Volodimir Zelenskij dell'ex vice presidente americano e candidato democratico alla Casa Bianca Joe Biden in una telefonata dello scorso 25 luglio. Lo stesso presidente, tuttavia, ha negato di aver fatto pressioni sul leader ucraino e sta considerando la possibilità di pubblicare la trascrizione del suo colloquio telefonico con il presidente ucraino, al centro della denuncia del whistleblower dell'intelligence Usa. "Decideremo come pubblicarlo, diffonderlo", ha detto Trump, parlando con i giornalisti ad Houston ed insistendo che il suo colloquio con Zelensky a fine luglio è stato "perfetto" senza alcun contenuto inappropriato, come invece afferma il funzionario dell'intelligence che Trump accusa di essere "di parte" pur sostenendo di non conoscerlo.

Tuttavia, secondo quanto rivelato dai media Usa, il funzionario dell'intelligence ha affermato nella sua denuncia - ora al centro di un braccio di ferro tra il Congresso ed i vertici dell'intelligence nominati da Trump - che il presidente avrebbe fatto pressioni su Zelensky, chiedendogli otto volte nel corso della telefonata di avviare un'indagine su Biden e suo figlio Hunter. Sul piatto ci sarebbero stati gli aiuti militari Usa a Kiev. I dem, dunque, guardano all'impeachment, ipotesi che, per la verità, non hanno mai scartato dopo aver conquistato la maggioranza alla Camera. ll presidente della commissione per i servizi segreti Adam Schiff ha affermato che l'impeachment "potrebbe essere l'unico rimedio" al rifiuto di Trump di rendere pubblica la trascrizione della telefonata.

Come rileva Politico, tuttavia, il "kievgate" che sta animando in queste ore il dibattito politico americano, rischia di essere un boomerang per Joe Biden. Il redditizio contratto di suo figlio Hunter con l'Ucraina, scrive la testata americana, maturato proprio nel periodo in cui Joe Biden era vicepresidente, alimenta la prospettiva di un rischio politico molto alto per l'ex vice di Barack Obama. "Parlare di questo lo mette in grave difficoltà", ha sottolineato Patrick Murray, un sondaggista della Monmouth University. "Di certo non vuole parlare della sua famiglia". Per mesi, Biden ha evitato le domande sulle attività di suo figlio, e ora si trova in una situazione a dir poco imbarazzante.

A maggior ragione perché Rudy Giuliani, avvocato del Presidente Donald Trump ed ex sindaco di New York, ha scatenato in queste ore un'offensiva non da poco nei confronti di Joe Biden e di suo figlio, sia in tv che sui social. Su Twitter, Giuliani ha accusato Kiev di aver riciclato di 3 milioni di dollari a favore di Hunter Biden e l'amministrazione Obama di aver chiuso un occhio sulla vicenda. "Obama sapeva che il suo vicepresidente, quello che aveva incaricato di dare miliardi all'Ucraina, aveva un figlio che stava guadagnando milioni di dollari nel consiglio di amministrazione di una delle compagnie più corrotte in Ucraina?", ha twittato Giuliani.

Peraltro, lo stesso Joe Biden si vantò di aver minacciato nel marzo 2016 l'allora presidente ucraino Petro Poroshenko di ritirare un miliardo di dollari in prestiti se quest'ultimo non avesse licenziato Il procuratore generale Viktor Shokin che, a quanto pare, stava indagando proprio su suo figlio Hunter. "Parto fra sei ore. Se il procuratore non verrà licenziato, non prenderete i soldi" disse Biden a Poroshenko, come da lui stesso raccontato in un evento organizzato dal Council of Foreign Relations.

Basterebbe, a questo punto, un po' di onestà intellettuale per ammettere che il problema non è certo la condotta del Presidente Donald Trump ma quella dell'ex vicepresidente degli Stati Uniti.

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