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Turchia al voto: referendum su Erdogan

Primi risultati in serata. Il presidente vuole una maggioranza ampia che gli permetta di modificare la Costituzione dando vita a una repubblica presidenziale

Turchia al voto: referendum su Erdogan

Si sono chiuse le urne in Turchia, alle 16 italiane, nelle elezioni politiche. La giornata di voto si è svolta in modo tranquillo, solo con qualche sporadico incidente nel sud del Paese. Al voto erano chiamati circa 54 milioni di elettori. I primi risultati parziali sono attesi quattro ore dopo la chiusura dei seggi, intorno alle 20 italiane, mentre il conteggio si prolungherà probabilmente sino a tarda notte.

Le politiche di oggi hanno il sapore di un referendum su Recep Tayyip Erdogan. Il presidente ha chiesto un voto massiccio per il suo partito d'ispirazione islamica, Akp, che è ben saldo al potere dal 2002. Erdogan intende riformare la Costituzione e creare una repubblica presidenziale, ma prima ha bisogno di allargarsi in parlamento. I seggi resteranno aperti fino alle 16 ora italiana. La vigilia delle elezioni è stata macchiata dalla violenza, con 4 morti per l'esplosione di una bomba al comizio di un partito filo-curdo. Circa 400mila agenti sono in servizio in tutto il paese.

Un trionfo di Erdogan aprirebbe la strada a un presidenzialismo forte, con un aumento dei poteri della polizia a discapito della magistratura e un ulteriore giro di vite sui media, su Internet e sulla stessa Banca centrale, vista e considerata la forte irritazione del presidente turco per il taglio dei tassi d’interesse avvenuto lo scorso inverno.

La soglia di sbarramento per entrare in parlamento è fissata al 10 per cento. In totale sono venti i partiti che si sfidano, a cui bisogna aggiungere 166 candidati indipendenti. Le forze politiche che hanno concrete chance di entrare nell'assemblea legislativa sono quattro: oltre all'Akp, che ora ha 312 deputati, c'è il Partito popolare repubblicano Chp (centrosinistra), la nazionalista Mhp e, se riuscirà a superare lo sbarramento, anche l'Hdp, partito di sinistra nato dal movimento curdo (si presenta per la prima volta).

Al fine di garantire la correttezza delle operazioni sono al lavoro oltre 50mila volontari neutrali, oltre agli osservatori dei partiti e alle delegazioni del Parlamento e dell'Osce. Dopo la tesa campagna elettorale, è probabile che l'affluenza alle urne superi o eguagli quella delle elezioni generali del 2011, quando arrivò all'87%, o quella del voto locale dello scorso anno, che toccò quota 89%. I conteggi dei voti, anche se inizieranno subito dopo la chiusura delle urne, potrebbero andare avanti tutta la notte.

Queste elezioni sono considerate, per certi versi, le più importanti dalla fondazione della repubblica nel 1923. Tutti gli occhi sono puntati sul risultato dell'Hdp di Selahattin Demirtas, che alcuni chiamano "l’Obama curdo". Se dovesse superare la soglia di sbarramento e ottenere fra 50 e 60 deputati su 550, Erdogan non avrebbe i 330 seggi necessari per cambiare la Costituzione e potrebbe anche non essere in grado di formare un nuovo governo monocolore.

"L’affluenza sembra essere alta - ha detto Erdogan dopo aver votato- è l’indicazione di una democrazia forte. Andare a elezioni regolari e non anticipate è un segnale di stabilità". Il presidente si è recato a votare in un seggio di Uskudar, sulla sponda asiatica di Istanbul. Sebbene non sia candidato, il voto è considerato da molti un referendum su di lui. Erdogan ha infatti chiesto ai turchi di assicurare al suo partito Akp un’ampia maggioranza in grado di permettergli di cambiare la costituzione in senso presidenzialista.

Ha votato anche il candidato premier del principale partito di opposizione Chp, Kemal Kilicdaroglu, che ha denunciato ancora una volta lo squilibrio nella copertura mediatica a favore del partito di Erdogan: "È stata una competizione iniqua, ma sento che le elezioni si stanno svolgendo con spirito positivo".

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