Mondo

"Tutti devono avere un'arma". Ma in Europa è ancora tabù

Il cantante degli Eagles of Death Metal, simbolo del Bataclan, invoca il diritto a difendersi. Negli Usa ogni cittadino è "partigiano della libertà", ma qui sparare è "di destra"

"Tutti devono avere un'arma". Ma in Europa è ancora tabù

«Ormai negli Usa giro sempre armato» dichiara il cantante Jesse Hughes arrivato a Parigi per «finire questo spettacolo». Si riferiva allo spettacolo interrotto la sera del 13 novembre al Bataclan, quando più di cento esseri umani furono macellati come tonni nelle tonnare. Nessuno di loro aveva un'arma. Gli «Eagles of Death Metal» sono tornati ieri sera dalla California per finire all'Olympia di Parigi quel che erano stati costretti ad interrompere nell'inferno senza fine di quella notte. Ieri, coloro che si erano salvati sono potuti entrare gratuitamente per chiudere un ciclo, fermare le lancette dell'inferno.

L'affermazione di Jesse Hughes scopre il nervo sensibile della differente mentalità degli americani e degli europei rispetto alle armi. Dopo la strage di San Bernardino in California il 3 dicembre scorso, quando Syed Farook (cittadino americano) e la sua moglie pachistana Tashfeen Malik uccisero quattordici innocenti in un campus, il presidente Barack Obama, cui seccava ammettere la natura islamica dell'attacco, puntò il dito sulla scandalosa diffusione delle armi negli Stati Uniti d'America. Tutto il mondo europeo applaudì e fece eco: gli americani, gridarono in coro, sono dei veri pazzi, comprano le armi al supermercato e vanno a fare il picnic con la mitragliatrice, finché un adolescente che ha preso brutti voti sale sul campanile e fa una strage.

Obama non è stato affatto ascoltato dagli americani. La strage di San Bernardino aveva purtroppo dimostrato che una o più persone armate possono uccidere esseri inermi senza alcun contrasto. Risultato, milioni di americani corsero a comprare un'arma, colpiti dalla sindrome dell'agnello: questa volta non permetterò al lupo di scannarmi impunemente. In Europa la questione del porto delle armi si è ideologizzata: chi ama le armi è di destra, chi è contro di sinistra. Quella della divisione manichea fra bontà e cattiveria non è una buona strada. Esiste certamente il tipico delitto del pazzo sul campanile ma esiste anche questa terribile eventualità: che vi troviate in un teatro, su un treno, in un parco, al mercato e qualcuno decida di considerarvi bestiame da macello. Per spargere il terrore in una campagna che è ideologica (l'odio fondamentalista per noi occidentali come siamo e come viviamo) e anche militare. L'Isis occupa uno Stato geografico al quale molte nazioni hanno dichiarato guerra e noi tutti siamo potenzialmente un bersaglio militare, come i parigini che erano andati al Bataclan. Che fare? Alfano ha schierato divisioni di fanteria fra giornalai e farmacie, scuole e cinematografi, ma abbiamo qualche dubbio sul fatto che questa esibizione costituisca un deterrente antiterroristico.

Torniamo per un attimo negli Stati Uniti d'America. Che cosa c'è nel Dna di quel Paese per quanto riguarda le armi? Chi ama il cinema americano già lo sa: la frontiera, la sopravvivenza, la necessità di proteggersi, persino il femminismo delle donne singole con una Colt Cobra nella borsa. Ma c'è anche un motivo costituzionale e patriottico, per noi difficile da capire: la Costituzione americana, con il suo Secondo Emendamento, dichiara che i cittadini sono tutti «partigiani in armi» contro ogni possibile colpo di Stato, invasione, tirannia. Le serie televisive americane abbondano su questo soggetto: gli Stati Uniti sono invasi da forze esterne (aliene o terrestri poco importa) e organizzano una resistenza come quella europea contro i nazisti. L'arma personale è cioè vissuta prima di tutto come un diritto politico. Negli Stati Uniti è poi sempre vivissima una fronda antistatale, partigiana e montagnarda delle varie militiasche vivono fra i monti insieme ai trappers che predano castori e lontre e grandi e saggi indiani alti due metri immersi in inesplicabili sogni.

L'Europa ha faticato a disarmarsi. L'Unione Europea è stata, si può dire, inventata per impedire che francesi e tedeschi tornassero a darsele sulla Marna o sulla frontiera belga come hanno fatto dal 1870 al 1945. La Spagna è stata devastata negli anni Trenta da una guerra civile che non conosceva pietà né riconosceva innocenti. La guerra civile in Italia ha lasciato lunghe strie di sangue sulle quali ancora riverberano odio e rimozione. La Francia ha avuto la sua losca avventura a fianco del nazismo con il super-collaborazionista regime di Vichy e poi le durezze patriottiche del maquis. L'Europa dunque ha svenato e si è svenata molto, cosa di cui ormai pochi hanno memoria. Da noi Mussolini aveva assegnato ad ogni bambino un libro e un moschetto per farne un fascista perfetto e ancora molto tempo dopo la fine della guerra le armi continuavano a crepitare come nel triangolo della morte dell'Emilia.La questione dell'autodifesa di fronte ad attacco come quello del Bataclan resta irrisolta.

Tutti pensano, ragionevolmente, che se almeno uno degli spettatori del Bataclan, meglio se venti, avesse avuto in tasca una Beretta, i morti ci sarebbero stati comunque, ma il bilancio sarebbe diverso.E allora? Dare ragione a Jesse Hughes e passare in armeria dopo aver ottenuto una regolare licenza? O fare assegnamento sulle forze dell'ordine? Sulle ceneri di Auschwitz gli ebrei francesi vergarono col carbone un cartello che diceva «Jamais plus ça», non accadrà mai più, la mattanza non ricomincerà. Molti pensano oggi che se gli ebrei avessero avuto le armi avrebbero potuto vender cara la loro pelle come fecero gli ebrei di Varsavia. Non lo sappiamo. Non lo sapremo mai perché riguarda il passato. Ma oggi abbiamo davanti presente e futuro da affrontare senza verità precostituite.

Quando vidi a dicembre le file di persone miti e deboli davanti alle armerie americane, vedendo i loro volti capii il messaggio: forse mi ucciderai comunque, ma non senza pagarne il prezzo.

Commenti