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Ucraina, pace a parole e guerra nei fatti

Ucraina, pace a parole e guerra nei fatti

Bastava leggere sui volti dei presidenti della Russia e dell'Ucraina mentre si stringevano la mano l'altra sera a Minsk per capire che in questa crisi un conto è quel che si dice e un altro ciò che si fa. Se il body language non è un'opinione, sulla faccia di Putin stava stampato «guardami: sono più forte e più furbo di te» mentre su quella di Poroshenko si leggeva «sarà lunga e difficile ma non mi fregherai». A quella stretta imbarazzata e finta davanti ai fotografi ha fatto sicuramente seguito qualcosa di più franco quando i due leader si sono parlati a quattr'occhi nel chiuso di una stanza; ma al termine si è tornati al linguaggio posticcio della diplomazia: si cercherà «di comune accordo la pace», attraverso «un negoziato estremamente necessario» e naturalmente Mosca (parole di Putin) «si asterrà dall'imporre condizioni perché non ha alcun titolo per farlo». Parole nobilissime e tante belle speranze da infilare nei titoli dei giornali. Dopodiché si torna sulla Terra, anzi sul terreno, quello dell'Ucraina dell'est dove si combatte e si muore come se l'incontro di Minsk non fosse avvenuto. E qui ci si imbatte in situazioni reali che con quelle parole stridono assai.

Dopo l'arresto, avvenuto lunedì in territorio ucraino, di dieci parà della 98ª divisione aviotrasportata russa e che lo stesso Putin a Minsk aveva minimizzato sostenendo che lo sconfinamento fosse «avvenuto per errore», i parenti degli arrestati hanno rivelato all'agenzia Rbc che per ammissione dello stesso comandante del reggimento di parà negli scontri con le forze ucraine ci sarebbero stati due caduti e dieci feriti, oltre agli arrestati. In alcuni video trasmessi martedì dalla tv ucraina, i parà russi hanno denunciato di essere usati come «carne da cannone» e di essere stati mandati in Ucraina con l'inganno, «per delle esercitazioni».

I filorussi inoltre hanno lanciato una controffensiva su Novoazovsk, una città ucraina sulla strada che porta in Crimea che rappresenta il punto più meridionale in cui si sono spinti gli uomini dell'autoproclamata «Repubblica di Donetsk».

Le autorità ucraine (ma anche il premier polacco Donald Tusk, che cita fonti Nato) denunciano la presenza di militari russi in Ucraina: in particolare un «battaglione tattico» avrebbe stabilito una base nel villaggio orientale ucraino di Pobeda, 50 chilometri a sud di Donetsk. Contemporaneamente fonti giornalistiche riportano che le forze ucraine hanno perso posizioni attorno a Donetsk, che pure ancora ieri è stata cannoneggiata con tre morti.

Ieri, con tempismo non casuale visto l'avvio poco convincente degli sforzi per la pace, la Nato ha risposto alle insistenti richieste di protezione da parte dei partner orientali (Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania): le basi esistenti saranno potenziate e sarà creata una «forza di schieramento rapido».

Per inciso, anche Kiev ieri ha chiesto alla Nato «qualche forma di sostegno».

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