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Venezuela, la farsa per eleggere Maduro

Oggi il voto tra schede manipolate e oppositori in cella. Vince la miseria

Venezuela, la farsa per eleggere Maduro

San Paolo - «Un suffragio farsa» quello che oggi confermerà alla presidenza del Venezuela sino al 2025 Nicolás Maduro che possiamo già dirvelo non perché siamo veggenti ma perché la frode è programmata da tempo stasera ringrazierà «il popolo della patria di Bolívar per gli oltre 10 milioni di voti». Lo sa bene il Canada, che ha impedito l'allestimento dei seggi per i venezuelani residenti ad Ottawa non riconoscendo queste presidenziali, ma anche Bogotá - che ieri ha denunciato come Caracas stia pagando migliaia di colombiani per andare oltreconfine a votare per Maduro - ed il Parlamento europeo, grazie alla sensibilità sul tema di Antonio Tajani. Del resto si va alle urne anche a Cuba - dove, un mese fa, Miguel Díaz-Canel ha ottenuto oltre il 99% dei suffragi diventando presidente in un Paese dove esiste solo il partito comunista - e persino in Corea del Nord, dove all'ultimo referendum Kim Jong-il ha ottenuto uno straordinario 99,8%. Si vota insomma anche nelle dittature dove le piazze sono sempre strapiene di «popolo» quando i rispettivi leader supremi parlano alle folle. Accade a Cuba, nonostante ogni giorno a centinaia tentino di fuggire dal «paradiso» castrista e succede persino in Venezuela, dove l'inflazione ad aprile è arrivata al 14.000% ed uno stipendio non basta neanche a comperare un uovo al giorno (il salario medio è di 3 euro al mese al cambio nero, l'unico che conta per la gente comune).

Dal 2014 ad oggi sono già fuggite 4 milioni di persone da Caracas, quasi il 15% della popolazione totale, 800mila solo nella vicina Colombia, pochi di meno in Florida mentre mai si erano visti prima tanti ragazzi vendere arepa - il panino tipico venezuelano - nelle piazze di Lima, Santiago, Buenos Aires e Quito. Già perché oggi nel Paese con le maggiori riserve petrolifere al mondo si muore di fame e chi può scappa, mentre solo una piccola percentuale di pueblo - i funzionari di regime - lucra fortune comprando dollari al cambio ufficiale e vendendoli al nero potendosi così permettere lussi da sceicchi.

Eppure, vuoi perché minacciati di perdere il lavoro ed i miserabili aiuti di cibo statale (i Clap) o, semplicemente, perché ogni dittatura ha la sua folla, anche nel giorno della chiusura della campagna elettorale nella centrale avenida Bolívar di Caracas erano almeno 100mila ad osannare Maduro. Dopo aver mandato a quel paese il presidente colombiano Manuel Santos colpevole di non riconoscere la farsa elettorale di oggi, il duce di Caracas ha chiarito che «chi non andrà a votare» sarà considerato un «nemico della patria». Proprio come i 54 prigionieri politici detenuti nel carcere dell'Helicoide, anche loro «nemici della patria» che, da giorni, sono minacciati e malmenati dagli sgherri della dittatura senza che nessuno - neanche i vescovi della Conferenza episcopale venezuelana - possano verificare il loro stato di salute. E tra i 100mila trasportati con 250 autobus dal regime e provenienti da tutto il Paese anche un Maradona - visibilmente alterato - che sul palco si è esibito come un burattino senza fili in un ballo scoordinato, impugnando una bandiera del Venezuela e gridando di essere «un soldato di Maduro».

Le presidenziali di oggi saranno una farsa perché le urne elettroniche gestite dall'argentina Ex-Clé sono state già da tempo debitamente manomesse affinché Maduro ottenga i 10 milioni di voti che la dittatura dice di avere, mentendo spudoratamente. Del resto, come già diceva Stalin, «non importa chi vota ma chi conta i voti» e, in tal senso, Ex-Clé è una garanzia visto che i suoi funzionari sono soliti augurarsi su Twitter «fosse comuni» per gli «squallidi» dell'opposizione. Sono costoro che oggi devono «garantire il voti» ed ecco perché soffermarci sui 3 candidati alla presidenza oltre a Maduro l'ex chavista Henri Falcón, il pastore evangelico condannato per contrabbando Javier Bertucci e l'oscuro ingegnere Reinaldo Quijada - è inutile. Con la messa fuorilegge della MUD - la coalizione che nel 2015 ottenne il 70% di seggi in Parlamento - ed i principali leader oppositori agli arresti, in esilio o inabilitati, l'odierno trionfo di Maduro è scontato. Proprio come il voto a Cuba e in Nord Corea.

PMan

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