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Volkswagen, scandalo in Brasile: collaborò con la dittatura militare

Per la casa automobilistica tedesca si potrebbe configurare l'accusa di crimine contro l'umanità

Volkswagen, scandalo in Brasile: collaborò con la dittatura militare

Una dozzina di ex dipendenti brasiliani ha denunciato l'azienda automobilistica tedesca, nell'occhio del ciclone negli Usa per violazioni delle norme anti smog, per presunte violazioni dei diritti umani durante la dittatura militare (1964-1985).

La Commissione nazionale per la verità (Cnv), istituita in Brasile per fare piena luce sui crimini commessi durante la dittatura, ha raccolto le testimonianze degli ex dipendenti arrestati e torturati in seguito alle delazioni ed ha chiesto l'apertura di un'inchiesta civile per accertare le persecuzioni denunciate. La denuncia si basa sulle dichiarazioni rese da 12 ex dipendenti dello stabilimento Volkswagen di Sao Bernardo do Campo, alla periferia di San Paolo, lo stesso dove lavorò e mosse i primi passi da sindacalista l'ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva.

Come riportato nella denuncia presentata al procuratore per i diritti dei cittadini di San Paolo, Pedro Antonio de Oliveira Machado, la multinazionale raccolse informazioni su sindacalisti ed attivisti di sinistra, considerati sovversivi, trasmettendole al Dops, la polizia politica dei golpisti, che li arrestò e li fece torturare in carcere.

La Volkswagen è stata una delle prime aziende automobilistiche ad aprire una fabbrica in Brasile, nel 1959. Nel 1980, quando Lula e altri sindacalisti guidarono uno storico sciopero durato 41 giorni, i dirigenti della casa automobilistica stilarono e consegnarono al Dops una lista con i nomi di 436 lavoratori che avevano aderito allo sciopero, indetto per chiedere il miglioramento delle condizioni di lavoro e un aumento del 15% dei salari.

Nella lista nera compaiono annotazioni, dati personali e gli indirizzi privati degli operai.

In un'audizione alla Cnv, nel marzo scorso, i legali della Volkswagen negarono qualsiasi tipo di collaborazione dell'azienda con la giunta militare, ma non seppero spiegare come l'elenco di nomi fosse finito nelle mani degli aguzzini del Dops.

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