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Montecarlo, la perizia dei pm inchioda Fini

La perizia dei pm monegaschi confermerebbe che la casa nel 2008 valeva un milione, tre volte di più della cifra a cui An l'ha venduta. E ora per Fini l’archiviazione si fa più difficile. Il Secolo si vergogna di essere di destra

Montecarlo, la perizia dei pm inchioda Fini

Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica

Ok, il prezzo (non) è giusto. Incuriositi dal modo di fare della procura di Roma che dopo aver ricevuto, per rogatoria, le carte sul noto appartamento di Montecarlo è riuscita a «tradurre» dal francese all’italiano solo il dato che non importava a nessuno (la stima fiscale all’atto del passaggio di proprietà del 1999) anziché il valore degli immobili monegaschi nell’anno (il 2008) in cui Alleanza nazionale vendette alla società off-shore Printemps, siamo andati a chiedere direttamente alla casa madre. Com’era previsto, però, le autorità monegasche si sono chiuse a riccio non appena abbiamo sollevato l’interrogativo sull’esito delle investigazioni svolte in relazione alla congruità del prezzo di vendita della casa in Boulevard Princess Charlotte 14. «La richiesta della procura di Roma – fa sapere una fonte del Principato interpellata dal Giornale – è stata esaudita. Tutto quel che avevamo da dire su questa cosa è nelle carte in possesso dei magistrati romani».

Non contenti della risposta, abbiamo battuto altre strade. E a forza di bussare agli indirizzi ritenuti utili abbiamo provato anche all’ufficio di Luciano Garzelli, il più importante costruttore locale, ai vertici del colosso Engeco in società con alcuni membri della famiglia del principe, l’imprenditore che rivelò d’aver seguito inizialmente i lavori di restauro dell’appartamento abitato da Giancarlo Tulliani e di aver parlato personalmente con la sorella Elisabetta, compagna di Gianfranco Fini. A sorpresa Garzelli ci ha aperto rivelandoci quanto sospettavamo. E cioè che la perizia sulla stima dell’immobile richiesta a fine settembre dalla magistratura monegasca al presidente dell’associazione delle agenzie immobiliari del Principato, Michel Dotta, confermerebbe la disparità tra il valore reale dell’immobile e il prezzo registrato a luglio 2008, ovvero i 300mila euro liquidati dal partito di Fini alla società off-shore dell’isola di Saint Lucia. Una difformità importante pari a tre volte il valore vero dell’immobile: siamo «intorno al milione di euro», a ragionare per difetto.

«Che cosa mi ha detto Michel (Dotta, ndr)? – si chiede Garzelli - Che ha riferito al procuratore di Monaco, interessato a sua volta a trasferire l’informazione a Roma, che nel ’99 il prezzo della casa era un po’ sottostimato ma tutto sommato poteva anche andare, mentre per il 2008 il valore dell’appartamento era minimo minimo di un milione di euro (...). Io ho ribattuto che secondo me era almeno quattro volte di più, e non tre volte di più come diceva lui (...). Ma Dotta è il presidente di tutte le agenzie di Monaco, meglio di lui non può sapere nessuno il valore esatto».

Stando così le cose il prezzo di 300mila equivarrebbe a 5mila euro al metro quadro, una follia se si considera che oggi, due anni dopo, al metro quadro gli appartamenti a Montecarlo si vendono a 25/30mila euro. La stessa agenzia immobiliare di Michel Dotta, come scoperto dal Giornale nell’archivio di internet che mensilmente memorizza le istantanee dei siti web e le conserva all’indirizzo http://www.archive.org/web/web.php, nel luglio del 2008 dimostrava come immobili della stessa metratura costavano «ben oltre» il milione di euro.

Per ulteriori dettagli abbiamo provato a scomodare direttamente Dotta, che al telefono ci ha però liquidati così: «Non posso dire niente su quanto da me riferito. Contattate direttamente il procuratore, arrivederci». Il prezzo giusto, dunque, sarebbe «intorno al milione» di euro. Stando così le cose, per una procura come quella di Roma che sin dall’apertura del fascicolo su denuncia della Destra di Storace ha proceduto fra mille cautele e col freno a mano tirato (tant’è che non ha mai voluto ascoltare il dominus dell’affaire immobiliare, Giancarlo Tulliani) la paventata archiviazione si fa più difficile. Fino ad oggi i magistrati romani ci hanno detto e ripetuto che l’inchiesta per truffa aggravata ruotava solo intorno alla verifica della congruità del prezzo di vendita e che, di conseguenza, aveva poca importanza quanto il Giornale ha scoperto sui giochi di società off-shore nei Caraibi, su Giancarlo Tulliani che propone l’operazione immobiliare e poi diventa inquilino, sulle firme identiche di proprietario e affittuario nell’atto di registrazione della locazione dell’immobile, sui lavori di ristrutturazione pagati da quella stessa società che il governo dell’isola di Saint Lucia ritiene faccia riferimento al giovanotto che girava in Ferrari fra i tornanti di Montecarlo.

Anche sulle prove «a tema» scovate dal Giornale in relazione alla non congruità del prezzo di vendita (coinquilini di Tulliani negli anni avrebbero avanzato offerte più vantaggiose, parlamentari di An hanno ricevuto un no secco dal partito di fronte a richieste sostanziose inoltrate per conto terzi, l’immobiliarista Apolloni Ghetti, consulente di fiducia di Fini, nel 2002 stimò il valore dell’immobile ben oltre il milione di euro) la procura di Roma ha nicchiato.

Ha aspettato la rogatoria. E quando le carte del Principato sono finalmente arrivate ha addotto un problema di traduzione.

Che riguardava, però, il solo dato del 2008 (quello che preoccupa Fini) e non quello del 1999, che non interessava a nessuno, tranne a un signore che poco sportivamente ha esultato per aver vinto una partita quando la toga arbitrale non s’è ancora fatta sentire col suo triplice fischio finale.
(ha collaborato Melina Molinari)

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