Politica

Morì per uno scambio di Tac: arrestato il medico che la operò

L’urologo avrebbe falsificato la cartella clinica della sua paziente, deceduta dopo l’asportazione di un rene sano

da Bologna

C’è un clamoroso sviluppo nell’inchiesta sulla morte di Daniela Lanzoni, la donna di 54 anni deceduta il 27 settembre a Bologna dopo un intervento di asportazione del rene che non avrebbe dovuto nemmeno subire, frutto di un clamoroso scambio di Tac con una donna che aveva lo stesso cognome.
Giuseppe Corrado, dirigente medico di primo livello dell’Unità operativa di Urologia del Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, il policlinico fiore all’occhiello della sanità emiliana, è finito ieri mattina agli arresti domiciliari con l’accusa di falso materiale e falso ideologico in atto pubblico. È accusato di avere alterato la cartella clinica della pazienta morta, inserendovi la prescrizione della terapia anticoagulante, a base di eparina, che invece non fece e che potrebbe essere stata all’origine del decesso della donna. L’autopsia aveva rivelato che l’intervento in sala operatoria era stato eseguito in modo corretto, ma la morte sopraggiunse due giorni dopo per una trombo-embolia polmonare associata a infarto del miocardio. Secondo l’accusa, sostenuta dai Nas coordinati dal pm Francesco Caleca, la manomissione sarebbe avvenuta lo stesso giorno della morte della Lanzoni, il 27 settembre. Nella falsificazione, inoltre, il chirurgo, che aveva partecipato all’intervento, fu aiutato da un’infermiera, ora indagata per falso in atti pubblici e che di fronte ai carabinieri ha fatto il nome del suo «capo», denunciando le pressioni subite per confermare la somministrazione non avvenuta. I Nas indagano anche su chi sia entrato, soltanto un’ora prima dell’intervento, nel sistema Web del policlinico che riportava la giusta documentazione della Tac e avrebbe potuto dunque fermare la catena di negligenze. «Per i figli questo è un dolore ancora maggiore, perché a una catena di errori di per sé molto gravi si aggiunge il tentativo di coprire delle responsabilità. È la conferma di un nesso causale tra l’intervento, che non doveva essere eseguito, e la morte della signora». Così l’avvocato Luca Sabbi ha riportato ieri lo stato d’animo dei due figli della vittima, che era vedova, il cui funerale si è svolto a Bologna venerdì scorso. Per la morte della Lanzoni sono indagati ora otto tra medici, infermieri e tecnici della radiologia dove avvenne lo scambio di Tac, tra cui il chirurgo arrestato e il dottor Giuseppe Severini, a capo dell’Unità operativa di Urologia e dell’equipe che fece l’operazione e sospeso in via cautelativa. Oltre all’inchiesta penale, è in corso un’inchiesta avviata dalla Regione Emilia-Romagna, in collaborazione col ministero della Salute. «Piena collaborazione del Servizio sanitario regionale all’accertamento dei fatti» è stata assicurata dall’assessore alla Sanità della Regione, Giovanni Bissoni. La direzione del policlinico bolognese ha espresso «piena fiducia nell’azione della magistratura» e ha invitato tutti i medici a continuare serenamente il loro lavoro. Per la sanità bolognese, tra le eccellenze italiane, sono mesi di grandi difficoltà, segnati da una serie di scandali: alla fine dello scorso anno la facoltà di medicina è stata investita da un’inchiesta sul sistema dei concorsi universitari di Medicina interna. A gennaio, un oculista e la moglie che lavorava con lui, Alberto Meduri e Lucia Scorolli, sono stati arrestati per avere minacciato i membri di una commissione che, secondo loro, doveva assegnare una cattedra alla donna.

Infine, sempre in questi giorni, la Procura sta indagando sulla morte di un neonato avvenuta all’ospedale Maggiore per asfissia provocata dal cordone ombelicale: gli inquirenti ipotizzano che all’Ausl non abbiano refertato nei tempi giusti il decesso sospetto.

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