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La morte di Lo Porto e la scomparsa del capo di Al Qaida Ayman Zawahiri, un inquietante collegamento

Il successore di Bin Laden non lancia proclami da settembre. Alla sua scomparsa potrebbe essere legata la tragica vicenda dell'ostaggio italiano ucciso dal drone americano

La morte di Lo Porto e la scomparsa del capo di Al Qaida Ayman Zawahiri, un inquietante collegamento

Da mente del terrore a cuore del mistero. Ayman Al Zawahiri, il successore di Osama Bin Laden al vertice di Al Qaida, sembra svanito nel nulla. A otto mesi non parla, non diffonde comunicati, non distribuisce direttive. E quel suo silenzio ha anche un risvolto italiano.

La sua scomparsa appare in qualche modo collegata alla tragica vicenda di Giovanni Lo Porto, l'ostaggio italiano ucciso dal drone americano che il 15 gennaio scorso ha colpito la base di Al Qaida nella Shawal Valley dove Lo Porto era detenuto assieme all'ostaggio statunitense Warren Weinstein.

Ma cominciamo da Zawahiri. Il 63enne medico egiziano non lancia proclami dai primi di settembre. Un silenzio così lungo non si registrava dall'ottobre del 2001 quando Zawahiri e Bin Laden, braccati dagli americani e dai loro alleati afghani, abbandonarono Kabul per cercar rifugio tra le montagne al confine pakistano. Dopo quell'intervallo forzato il medico egiziano non ha mai rinunciato a far sentire la sua voce. L'ultimo comunicato risale al 4 settembre quando il successore di Bin Laden fa saper di aver messo in piedi una filiale indiana di Al Qaida (Aqis - Al Qaida nel Sucontinente Indiano) e di voler intensificare le attività in India, Pakistan, Bangladesh, Birmania e Maldive.

Quel comunicato, dedicato a una cellula alqaidista lontanissima dai nostri confini, è strettamente connesso alla vicenda di Lo Porto. Ahmed Farouq, il numero due della succursale indiana si nasconde infatti nella base in cui è custodito anche Lo Porto. Ed è probabilmente il principale obbiettivo dell'attacco alla base in cui viene ucciso assieme allo sfortunato ostaggio italiano. Ahmed Farouq, un pakistano il cui vero nome è Raja Muhammad Sulman, è anche legato ad una delle operazioni più pericolose organizzate negli ultimi anni da Al Qaida. Un'operazione scattata pochi giorni dopo il comunicato del 4 settembre quando la cellula di Farouq arriva ad impossessarsi della fregata Zulfiqar, una nave da guerra pakistana costruita in Cina ed ormeggiata in una base di Karachi dove sono custodite anche delle testate nucleari.

Il piano, messo a segno grazie alla complicità di ufficiali e militari della marina pakistana, prevede che la Zulfiqar, una fregata costruita in Cina e dotata di missili anti nave, venga usata per attaccare una nave americana nel Golfo Persico. Il complotto viene sventato prima che la nave abbandoni il porto di Karachi, ma ovviamente la sfida lanciata dall'interno di uno dei santuari nucleari pakistani ha conseguenze di non poco conto. I servizi segreti di Islamabad di fronte all'evidenza di un'infiltrazione in grado di penetrare una base militare in cui sono custoditi armamenti nucleari decidono probabilmente di lanciare un'operazione di "pulizia" all'interno delle proprie strutture. A quel punto cadono anche le teste dei responsabili dei servizi segreti deviati che gestiscono i collegamenti con i vertici di Al Qaida e garantiscono, come già successo con Osama Bin Laden, protezione ed ospitalità ad Ayman al Zawahiri.

Costretto ad un nuovo rocambolesco ripiegamento Zawahiri si ritrova probabilmente isolato all'interno di un rifugio (o di una prigione) da cui non è più in grado di comunicare. Il drammatico cambiamento di scenari e il dissolversi della rete di complicità pakistane su cui Al Qaida ha sempre potuto contare determina probabilmente anche il destino di Lo Porto. Da quel momento i suoi custodi non sono più in grado di gestire le trattativa per il pagamento del riscatto e l'ostaggio diventa una sorta d'ingestibile pacco prezioso spostato di volta in volta assieme ai capi della cellula a cui è stato affidato. La "debacle" di Zawahiri e della rete terroristica pakistana spiega anche il silenzio sulla morte di Lo Porto e del suo compagno di sventura americano. In altri tempi Ayman Zawahiri non avrebbe mancato di sfruttare propagandisticamente il terribile errore della Cia facendo sapere che i droni americani avevano ucciso non solo i suoi uomini, ma anche due ostaggi occidentali. Invece l'attacco del 15 gennaio diventa un "non evento" su cui né Zawahiri, né gli altri portavoce di Al Qaida spendono mezza riga di comunicato.

Perché probabilmente sono troppo impegnati a cercar di non far la stessa di fine di Lo Porto e dei suoi custodi.

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