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La moschea a Ground Zero adesso spaventa Obama

WashingtonIl partito repubblicano sta facendo fronte unico contro il presidente Barack Obama «colpevole» d’aver dato il suo consenso alla costruzione di una contestata moschea vicino a Ground Zero. Il presidente americano, in piena campagna elettorale in vista delle elezioni di metà mandato, a novembre, tre giorni fa aveva detto che i musulmani hanno diritto a costruire il luogo di culto anche nell’area simbolo delle stragi dell’11 Settembre. Poi, ha ritrattato, spiegando che le sue dichiarazioni si riferivano soltanto ai diritti garantiti dalla Costituzione americana e non una presa di posizione sull’opportunità del progetto.
Per i repubblicani, si tratta di una vera e propria marcia indietro: «Non ho giudicato - ha detto Obama - né giudicherò in futuro la saggezza di decidere di costruire o meno la moschea in quel luogo. Ho solo valutato in modo specifico i diritti che appartengono a tutte le persone e che risalgono ai nostri Padri fondatori». Il senatore repubblicano del Texas John Cornyn è stato il primo a intervenire: «È chiaro che la Casa Bianca e il presidente sono disconnessi dalla maggioranza degli americani e questa è la ragione principale per cui il popolo è frustrato». Il deputato californiano Kevin Mc Carthy ha spiegato che i repubblicani devono capitalizzare sulla decisione pro-moschea di Obama perché si tratta di una leva incredibile in vista delle elezioni. «Obama - ha aggiunto - ha perso il contatto con l’elettorato». Nel corso di un talk show della domenica, l’ex presidente del partito repubblicano Ed Gillespie ha rivelato l’esito di un sondaggio secondo il quale il 70% degli americani è contrario alla moschea. «E questi dati - ha poi aggiunto - spiegano il perché sempre meno persone sono favorevoli a Obama».
Uno degli strateghi di punta del partito repubblicano, Ed Rollins, ha liquidato le dichiarazioni di Obama: «Probabilmente si tratta dell’affermazione più stupida da quando il candidato alla Casa Bianca Michael Dukakis ha sostenuto che si poteva bruciare la bandiera. La moschea è un argomento sensibile. Intellettualmente il presidente può avere ragione, ma la gente che ha perso figli, fratelli, sorelle, padri non vuole sentir parlare di moschea a New York». È vero che l’appoggio virtuale alla costruzione (per altro già decisa dal comune di New York) potrebbe potenzialmente portare a Obama i voti della comunità musulmana moderata, ma se i repubblicani usassero questo argomento come un drappo rosso sventolato davanti alla furia delle famiglie delle vittime dell’11 Settembre, i danni per la Casa Bianca sarebbero enormi.
Le carabine repubblicane, ormai oliate e puntate contro il numero 1600 di Pennsylvania Avenue, hanno anche altri argomenti. Le critiche investono infatti la gestione del dossier nucleare iraniano da parte dell’Amministrazione, soprattutto dopo l’annuncio di ieri di Teheran: il primo marzo partirà la costruzione di dieci impianti per l’arricchimento dell’uranio; poi c’è l’atteso inizio del ritiro delle truppe dall’Irak; la situazione in Afghanistan e la data del disimpegno americano. Secondo l’Amministrazione, i primi militari torneranno a casa nel 2011. Ma proprio nelle scorse ore, il generale David Petraeus, comandante delle truppe nel Paese, ha detto alla Nbc che servono «tempo e pazienza». E ancora ieri, il segretario di Stato alla Difesa, Robert Gates, ha annunciato che lascerà il Pentagono nel 2011.

Sul fronte interno, la riforma sanitaria sta mandando gli americani nel panico e l’economia è ancora da ricostruire.

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