Cronaca locale

Una mostra al Palazzo della Ragione ripercorre l’opera del professore del Politecnico, tra i principali protagonisti della ricostruzione postbellica Ramelli, l’architetto della Milano del boom

Edifici industriali e commerciali, chiese, abitazioni private, banche e garage: trasformò la città nel nome dell’eclettismo

Matteo Chiarelli

L'immagine vincente della Milano moderna, faro nell'Italia della ricostruzione postbellica e locomotore del boom economico anni Cinquanta e Sessanta, passa anche attraverso l'opera di una delle maggiori personalità dell'architettura meneghina: Antonio Cassi Ramelli. A cento anni dalla sua nascita (1905-1980), il Comune e la Fondazione Cassi Ramelli gli dedicano «L'eclettismo della Ragione», la mostra curata da Elisabetta Susani al Palazzo della Ragione (fino al 16 ottobre - catalogo Jaca Book), che ripercorre con cura l'opera dell'architetto milanese.
Studioso, saggista, professore al Politecnico, Cassi Ramelli progettò numerosissimi edifici per la grande committenza pubblica e privata dell'epoca. Suoi furono gli emblemi della Milano industriale e commerciale, come il Palazzo dell'Aem, la sede della Stipel in Galleria, quella della Snia Viscosa, il complesso delle Assicurazioni Generali di via Mercanti, l'Alfa Romeo e il Garage delle Nazioni. Progettò inoltre le sedi dell'Alemagna, di Peck e Bindi, come anche Palazzo Morardet in via Manzoni e il Piccolo Credito Bergamasco. Suo fu l'allestimento del Teatro Lirico, del Teatro Olimpia, dell'Excelsior (in Galleria del Corso) e di Palazzo Spinola, con la storica Società del Giardino.
Lavorò anche all'architettura sacra realizzando la chiesa di Sant'Anna Matrona in via Albani, il cimitero di Bruzzano e restaurando il chiostro di Sant'Antonio. Di fronte ad una così ampia ed eclettica progettazione di edifici, che hanno contribuito a fare di Milano la moderna città attuale, c'è da chiedersi come mai da anni la memoria storica abbia lasciato nell'oblio il ricordo della sua opera.
«E' un caso di censura storiografica - afferma Elisabetta Susani, curatrice dell'esposizione -. Nel 1963 Milano diventava centro di quella contestazione che sarebbe poi esplosa con più forza nel '68, e Cassi Ramelli, docente al Politecnico, venne considerato dagli studenti come il simbolo del vecchio modo di concepire l'architettura e l'insegnamento». Da allora una vera e propria «damnatio memoriae», iniziata quando l'architetto decise di lasciare la candidatura a futuro preside del Politecnico a causa delle critiche asprissime a quello stile, intriso di «sterile accademismo», così venne definito, con cui andava realizzando gli edifici della Snia Viscosa, in corso di Porta Nuova. Non si capì, o non si volle capire, che la sua «citazione» dell'antico rientrava nell'ambito di un «protopostmodernismo» internazionale, piuttosto che riguardare una retorica della tradizione.
Il percorso espositivo della mostra, arricchito dalla documentazione fotografica di Gabriele Basilisco, prende in considerazione la figura di Cassi Ramelli secondo diversi punti di vista. Nello spazio dedicato a «l'architetto e la città», saranno esposti progetti e foto delle sue opere architettoniche. Nelle aree destinate a «il creatore di mobili e di allestimenti», «il critico e lo studioso» e infine «l'uomo», saranno invece mostrati documenti, foto personali, appunti, schizzi, design di arredi, quadri, ecc. Contemporaneamente, al Teatro Gnomo (via Lanzone, da oggi al 25 settembre), è prevista la rassegna cinematografica «L'architettura della città», curata da Gianni Canova, con una serie di titoli che metteranno in luce lo sviluppo urbano del capoluogo lombardo. «La realizzazione di questa mostra - continua Elisabetta Susani -, per cui ci siamo avvalsi appositamente della collaborazione di parecchi giovani di Brera, ha comportato un durissimo lavoro di ricerca filologica e ricostruzione scientifica dell'opera dell'artista».

«Ne è valsa la pena - aggiunge Paolo Cassi, figlio dell'architetto -, dopo cinque anni di fatiche, abbiamo ottenuto un risultato che ci rende felici».

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