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Il mondo del record di velocità terrestre: tra imprese e rimpianti

Mentre Turbinator II supera il muro degli 800km/h per auto a ruote motrici, il sogno di Andy Green e della seconda auto supersonica sembra naufragare

Il mondo del record di velocità terrestre: tra imprese e rimpianti

Il record di velocità terrestre è spesso un mondo a sé, con i suoi eroi, i suoi nomi altisonanti (Thunderbolt, Spirit of America, Blue Flame) e i suoi luoghi simbolo; ed è proprio sul più iconico di tutti, il lago salato di Bonneville (Usa), che lo scorso settembre il “missile” Turbinator II ha fatto registrare il record di velocità su terra riservato ad auto con ruote motrici, superando la barriera delle 500 miglia orarie (810 km/h). Preparato meticolosamente dal team Vesco e pilotato da Dave Spangler, Turbinator II, alimentato dalla potente turbina a gas di derivazione aeronautica (impiegata sugli elicotteri militari Chinook) capace di erogare 5069 cv, è lungo 11 metri e pesa “solo” 2245 kg.

Il regolamento è molto semplice: la vettura deve avere quattro ruote con le due anteriori che devono essere sterzanti e, per essere omologato il risultato, si deve percorrere nei due sensi un rettilineo di lunghezza nota, inoltre, a seconda del tipo di propulsione o di trasmissione del moto si hanno diverse categorie. Ma un regolamento semplice non implica un carico di lavoro e di investimenti minore, quando si viaggia sul filo dei 1000 km/h, e anche oltre, niente deve essere lasciato al caso.

Basti pensare che un moderno aereo di linea decolla a 270 km/h e pesa molto di più. Queste auto non devono avere solo un’elevata potenza e un coefficiente di penetrazione molto basso; in fase di progettazione si deve riuscire a simularne il comportamento in casi non standard, in particolare con presenza di vento laterale, per evitare che il mezzo diventi portante e decolli letteralmente. Lo studio aerodinamico, inoltre, risente del numero di Mach, il rapporto tra la velocità del mezzo e a velocità del suono (sulla superficie terrestre è all’incirca 1150 km/h). Per numeri maggiori dell’unità le equazioni cambiano forma e prevedere il comportamento, in presenza di urti e onde di espansione, diventa molto oneroso.

Lo sa bene la Bloodhound Programme Ltd. La compagnia, che sta sviluppando il progetto omonimo promosso da Richard Noble e dal pilota dalla Royal Air Force Andy Green (detentori del record assoluto di velocità), è entrata in amministrazione controllata per mancanza di fondi e il Bloodhound Ssc, nonostante i primi test andati a buon fine, potrebbe non vedere la luce. Sarebbe dovuta diventare, l’anno prossimo, la seconda auto supersonica della storia e non si sarebbe limitata a battere il precedente record, datato 1997 di 1228 km/h (763 mph) del ThrustSSC, ma si poneva come obbiettivo il superamento dalla barriera delle 1000 miglia orarie (1600 km/h).

La Bloodhound Ssc è spinta, prima, dal possente turbofan a flussi associati dell’Eurofigther e, poi, da un razzo a propellenti ibridi che gli forniscono un quantitativo complessivo di potenza impressionante, pari a quello di 180 vetture di F1, capace di spingerla oltre le 1000 mph. Il terreno scelto è una porzione del deserto del Kalahari, in Sudafrica, già ripulito dalle pietre.

Dopo più di dieci anni di ricerca che ha coinvolto diversi paesi, con il progetto in dirittura di arrivo, sarebbe un peccato se non si trovassero gli ultimi 25 milioni di sterline per scrivere un’altra pagina di storia dell’affascinante mondo del record di velocità terrestre.

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