Cultura e Spettacoli

Muti: «Con Mozart e Paisiello l’Europa nel duomo di Monza»

Riccardo Muti arriva a Monza, città antica ed alberata presso Milano, per un concerto in duomo. Il pubblico si è mobilitato, naturalmente c’è il tutto esaurito. È un concerto del giro con l’Orchestra giovanile Cherubini, invitata in molte città italiane non soltanto per la simpatia di una compagine di ragazzi sotto i trent’anni, tutti italiani, ma anche per la bravura che le è valsa successi e riconoscimenti ultimamente a Salisburgo e a Parigi: Muti ne è il fondatore e il direttore stabile e ne è orgoglioso.
Gérard Mortier, il prestigioso sovrintendente dell’Opéra di Parigi ora in partenza per assumere la direzione del Teatro Real di Madrid, ha ospitato la loro produzione del Demofoonte, opera sconosciuta di Jommelli di cui vi abbiamo raccontato il felice rilancio nel recente festival salisburghese dedicato alla scuola napoletana, e ha mostrato felice meraviglia nel riscontrare, in cinque recite, cinque pienoni. «Duemila posti per cinque: e così diecimila parigini hanno conosciuto e festeggiato Niccolò Jommelli». Con orgoglio napoletano, Muti gli ha indicato le statue dei compositori attorno all’Opéra costruita nel 1856: fra queste c’è proprio quella di Jommelli. Era presente già nella cultura francese dell’Ottocento. Si ritrovano musicisti e partiture dimenticate nella fretta del costume mutevole; si riannodano rapporti fra le scuole artistiche europee...
Anche nel concerto di Monza ci sarà, questa sera, una parte di scuola settecentesca napoletana: alcune arie della tenera e solenne Messa da Requiem di Paisiello. In un primo tempo, la serata doveva svolgersi all’aperto, nel parco della splendida Villa Reale, e sarebbero state eseguite la Sinfonia e le Danze dai Vespri Siciliani di Verdi, inadatte al senso storico e religioso della chiesa; da qui il cambiamento, che risponde anche alla necessità di mantenere una durata adatta a un programma senza intervallo. Poi, come previsto, il concerto culminerà nella formidabile Sinfonia Jupiter di Mozart. Due mondi differenti. Quale più vicino alla cultura lombarda?
Muti risponde: «Mozart, senza dubbio. La Lombardia era austriaca, la sua musica nasce da una civiltà anche a Milano radicata e diffusa. Quanto ai rapporti di Mozart con l’Italia, parla la sua vita e parlano le sue opere. La Scuola Napoletana si affermava per tutt’Europa, da Parigi a Stoccarda, ma come superando la pianura padana. Questo come appartenenza. Poi, la musica parla direttamente, e queste arie sono così comunicative, intense, struggenti, che l’unione con il pubblico si manifesta subito. D’altra parte si è sentito a Salisburgo, patria di Mozart, come le accogliessero naturalmente. Paisiello, poi, era ben conosciuto da Mozart e da tutti i grandi musicisti di Vienna».
Piacciono a Muti i musicisti della classicità europea. Non per nulla l’orchestra giovanile porta il nome di Luigi Cherubini, fiorentino, che portò il nome dell’Italia nell’Europa a cavallo dell’Ottocento, con le grandi opere scritte a Parigi, Londra e altrove. È una civiltà alle nostre radici, da riscoprire.
Muti incontrerà certamente tanta gente conosciuta negli anni della Scala. L'attesa è naturalmente vivissima. In assenza di camerini, chissà se verrà raggiunto e scovato in qualche punto della sacrestia. Dopo le esecuzioni memorabili, un artista viene assediato, e sente ripetere come emozioni intime personali, in genere, le stesse frasi da tutti. È difficile mettere a fuoco e con parole giuste pensieri e stati d'animo.
Tra le frasi che sentirà ci sarà la consueta inevitabile «Quando torna a Milano?» e dovrà ancora una volta dribblare voci e persone: ogni cosa a suo tempo, perbacco, adesso è impegnato in avventure diverse. Come appunto, questa con i giovani della «Cherubini», destinati anche loro, dopo i tre anni insieme, a portare la loro professione nel mondo. «Una di loro», annuncia il maestro, «è stata selezionata nella favolosa orchestra del Qatar».

Si veleggia lontano, con la musica più grande.

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