Politica

Napolitano: «Il Sud non è solo una statistica ma anche lavoro e sofferenza»

Ai Sassi di Matera, il capo dello Stato propone una nuova forma di meridionalismo: «Senza il Mezzogiorno l'Italia non va da nessuna parte, ma gli amministratori locali devono darsi da fare di più»

Basta con i numeri freddi, basta con i troppo facili confronti. Il Sud, dice Giorgio Napolitano non è «solo una statistica», ma è fatto di «gente che vive e che spesso ha sofferenze e problemi economici». Basta quindi «con i discorsi generici» e basta pure con la teoria della doppia velocità. «E' essenziale dimostrare e far sentire che ci sono nel Mezzogiorno energie e potenzialità di cui tutta l'Italia ha bisogno che siano valorizzate non solo nell'interesse del Meridione ma nell'intero Paese».
Una passeggiata per i Sassi, durante la sua visita di tre giorni in Basilicata, serve al capo dello Stato per far accendere i fari «senza semplificazioni» anche su quel pezzo dello Stivale. «La gente che vive in quotidianità - dice il presidente - deve porre con forza, innanzitutto, l'esigenza che sia essa a rappresentare le proprie condizioni effettive, senza retoriche. È essenziale che si entri nella realtà e nelle condizioni effettive di molte famiglie. Purtroppo sono condizioni critiche e disagiate anche a causa del grande tsunami rappresentato dalla crisi finanziaria ancora non superata in tutto il mondo».
E non si tratta, insiste, di riciclare il vecchio meridionalismo. «Senza il Mezzogiorno - afferma Napolitano - non sarebbe nata l'Italia e non ci sarà futuro per l'Italia senza il Mezzogiorno. Questa verità risale al Risorgimento e deve guidare la politica delle istituzioni, con la comune consapevolezza dell'unità ed indivisibilità della nazione». Per questi motivi «occorre riportare in primo piano, al posto che le spetta, la questione meridionale».
Una cosa un po' datata, ottocentesca? Può darsi, risponde il capo dello Stato, che domani parlerà nel paese natale di Giustino Fortunato, Rionero in Vulture. «Qualche scrittore ha scritto: aboliamo la questione meridionale, una espressione desueta. Io dico chiamatela come volete, ma qui c'è una parte del Paese che continua a vivere in condizioni più disagiate, c'è un divario che dobbiamo superare e che non può essere trascurato». Insomma, «è un problema dell'Italia tutta e occorre una comune consapevolezza dell'unità e dell'indivisibilità della nazione italiana: in un mondo che cambia l'Italia potrà avere il posto che le spetta solo se rafforzerà la propria unità».
Il Nord deve capire che il Mezzogiorno non può essere liquidato solo come una realtà problematica ma che è una ricchezza da valorizzare. «Talvolta parlo con amici settentrionali che mostrano più difficoltà a riconoscere che cosa è il Sud. Io dico loro che è un patrimonio anche loro, è parte di quell'Italia che abbiamo voluto unificare sia con i garibaldini sia con i siciliani che hanno fatto la rivoluzione nella loro terra». E il Sud però deve svegliarsi e smetterla di piangere e basta: «Gli amministratori devono darsi da fare. Ricordate Thomas Mann, "profondo è il pozzo del passato"? Ebbene, in questo pozzo bisogna calarsi con il gusto della ricerca, con il senso di valorizzare il grande patrimonio culturale del Meridione e con l'orgoglio della propria identità».
E poi non tutto è da buttare. «Oggi - conlcude Nqpolitano - vorrei dire una parola di fiducia. Dopo aver denunciato più volte un gravissimo vuoto di attenzione e flessione di impegno verso il Mezzogiorno in tutti gli ambienti della classe dirigente nazionale, io oggi debbo sottolineare l'impegno della Confindustria e della Banca d'Italia. E aggiungo anche una cosa positiva, che da parte del maggior partito di governo in questo momento sia venuta un'iniziativa che rilancia un discorso sul Sud.

Mi au guro che questi esempi vengano seguiti da altre forze rappresentative della società e delle istituzioni».

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