Cronaca locale

Natura tra ignoto e mistero nel «Sogno» firmato Britten

Aldeburgh, 11 giugno 1960. Benjamin Britten presenta la sua ottava opera, A midsummer night's dream, da Shakespeare. La stessa che sarà alla Scala l'anno successivo diretta da Nino Sanzogno, ma cantata e recitata in italiano. Fatto che fa della rappresentazione di questa sera una prima assoluta. Il nostro Sogno, firmato dal canadese Robert Carsen, è infatti un capolavoro di fedeltà allo spirito e all'arte britannica che arriva da un Aix-en-Provence 1991. L'ambientazione è attuale o storica? «E'il mondo del sogno», taglia corto Carsen, quasi risentito dalla ovvietà della domanda. Intanto il suo modo di esaltare la natura tinge tutto e tutti di verde e di blu. Il grande letto-prato è verde, il cielo ingioiellato da una falce di luna calante blu, un total look copre di verde Oberon, chiome incluse, e di blu Titania. Fate e Elfi, trasformati in maggiordomi bambini (ricevono ordini da ogni parte), hanno anche guanti rossi. L'atmosfera è quella del sogno, o meglio della notte che accoglie il sogno e del bosco che simboleggia il subconscio, l'ignoto, il mix di desideri, la confusione del cuore. La regia di Carsen è assieme lieve e corporea, ad indicare trasparenza fantastica e sesso. La pulsione che non si sceglie. Le due coppie che si inseguono la notte confusi di loro e soprattutto per le magate di Puck (attore), sono la giovinezza. E i giovani vanno con chi vogliono. Il paggio, motivo del dissidio Titania-Oberon (complessato?) è un neonato. Quale neo-padre non teme di perdere l'attenzione della compagna? La scena fissa (Michael Levine) è una pedana sormontata da un enerome letto (da Domenico Gnoli). Nel II atto i letti si moltiplicano sotto la furia del crescente marasma erotico e nel III scompaiono per far spazio al luogo spoglio e saggio che è la reggia ateniese di Teseo e Titania. In Shakespeare la commedia apre ad Atene. Qui si svolge nel bosco e su Atene si limita a chiudere. Britten scrive il libretto assieme al compagno d'arte e di vita Peter Pears. Il compositore sovrappone alla polifonia drammaturgica che mescola distinti generi di personaggi una sua polifonia musicale: per ogni gruppo musica e strumentale diversi. Nella partitura dall'impianto tonale restano indimenticabili i misteriosi e insinuanti glissandi degli accordi che esaurendo il totale cromatico aprono e chiudono il primo atto e sono parzialmente gli stessi che introducono il secondo con singolare effetto dodecafonico. Britten conoscitore della tradizione del suo paese, dai virginalisti in su e in giù, ne riprende l'umore e lo regala a Shakespeare, amato proprio per la musicalità dei versi. Nell'opera dove ogni cosa sfuma nell'opposto non manca né l'erotismo estremo (l'unione Titania-asino) né la nostra zona più povera e vera, i comici. La cui recita per le nozze di Teseo e Ippolita è irresitibile per banalità e per quel strizzar l'occhio a certi allestimenti Ballets Russes (tuniche, sacralità, lunghe trecce) voluto dalla trasgressione del coreografo Matthew Bourne (che mette tutti in mutandoni, con scarpe e calzini neri), al fianco di Robert Carsen sin dalla prima del 1991. Inglesissima per temi, humor, lingua, musica e tumulti da mare del Nord (Britten arriva da lì) A midsummer night's dream sottolinea la sua britannicità anche per il direttore Sir Andrew Davis. Il coro di voci bianche è diretto da Alfonso Caiani.

Dell'allestimento di Aix esiste un bellissimo DVD.

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