Cronaca locale

’Ndrangheta, arrestato l’avvocato delle cosche

Nuovo blitz della polizia: il legale, regolarmente iscritto all’albo, faceva lo strozzino e gestiva gli affari del clan. Presi anche un immobiliarista, un artigiano e nove affiliati. Gli inquirenti: "Ancora una volta nessuna denuncia"

’Ndrangheta, arrestato 
l’avvocato delle cosche

Ai primi di maggio del 2003 venne arrestato per usura e condannato l’anno dopo, con il rito del patteggiamento, a tre anni. Ma nonostante questo, Luciano Lampugnani di Rho aveva continuato non solo a fare l’avvocato, regolarmente iscritto all’ordine, ma anche lo strozzino. E ieri è finito nuovamente in manette nell’ambito della seconda tranche di indagini relative alla ’ndrina calabrese Valle, decapitata a luglio dalla squadra mobile. Con lui anche un immobiliarista, un artigiano, e nove appartenenti al clan già fermati in estate. Agghiaccianti le telefonate alle vittime: "Tu non arrivi a Natale", "Vengo a casa e ti butto dalla finestra", "Come stanno i tuoi figli?".
Ancora una volta però, come sottolinea il capo della Mobile Alessandro Giuliano, nessuno ha denunciato. Anzi su nove casi accertati, quattro vittime interrogate hanno smentio anche di fronte all’evidenza. Come Francesco Resta, 54 anni di Trezzano, pregiudicato per stupefacenti, armi ed evasione, un piccolo panettiere che si era impegolato con il clan capeggiato dal vecchio Francesco Valle, 73 anni, e composto da figli, generi e nuore. Non solo non ha ammesso l’usura ma si era dato da fare per convincere altre vittime a non parlare. Forse da parte sua, oltre la paura, anche un coinvolgimento nelle attività del clan che solo con solo con gli ultimi "affari" aveva racimolato 400mila euro. Soldi poi investiti in attività pulite, grazie anche a Matteo Fazzolari, 33 anni, rampante immobiliarista di Cornaredo, e soprattutto Lampugnani, 55 anni, che dava una parvenza di legalità agli affari dei Valle. Senza disdegnare di intervenire di persona avvertendo una vittima che le sarebbe potuto accadere "qualcosa di brutto" se non avesse venduto un immobile per pagare i calabresi.
Perché non pagare significava essere convocati alla Masseria, quartier generale dei Valle a Cisliano, dove personalmente il vecchio Francesco prendeva a schiaffi i ritardatari per poi chiedere beffardo: "Come stanno i tuoi figli?". Il figlio Fortunato invece, dopo il pestaggio, chiamò una vittima al telefono: "Ti scavo una buca e ti metto dentro". Uno della sua banda, Antonio Spagnolo, fu intercettato mentre spiegava a un imprenditore: "Tu rischi di non farti Natale a casa e far succedere qualche disgrazia dentro le famiglie degli altri". A un altro: "Questo qui (Fortunato) non ti molla fino a quando non ti prende, che tu dici che adesso stamattina mi viene su e mi butta giù dal balcone".

Italiano stentato, ma messaggio chiarissimo.

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