Cronache

Nell’ospedale impossibile il dottor Marcoré-Galvan cura i malati di Pennac

Il monologo diretto da Gallione debutterà lunedì al Modena

Nell’ospedale impossibile il dottor Marcoré-Galvan cura i malati di Pennac

Dario Vassallo

Che notte, quella notte! Iniziatica, tragicomica, folle: la definirebbe così chi l'ha vissuta sulla propria pelle, ovvero Gerard Galvan, giovane medico di un pronto soccorso parigino che vorrebbe sul suo ideale biglietto da visita - per lui, una vera e propria ossessione - la qualifica di «Fondatore della società francese dei medici d'urgenza». Accade tutto tra una domenica e un lunedì, momento nel quale statisticamente, ogni settimana, i ricoveri negli ospedali aumentano dappertutto in maniera esponenziale, chissà perché: fra crisi di asma e arti spappolati nota un uomo seduto su una sedia che ripete continuamente «non mi sento tanto bene». Un malato che accompagnerà presso tutti gli specialisti, convocati d'urgenza a risolvere crisi acute di ogni genere: dall'occlusione intestinale all'esplosione della vescica, dall'attacco epilettico a quello cardiaco. Così, salvare quell'uomo e impedire che muoia diventa la sua missione, inesorabilmente ostacolata dal fatto che ad ogni sintomo e ad ogni diagnosi fanno seguito un nuovo sintomo e una diagnosi altrettanto differente.
Questa vicenda così strampalata e stravagante l'ha raccontata nel 2002 Daniel Pennac in sessanta pagine dal sapore vagamente malausseniano che affidò ad un'antologia di racconti dedicati al bicentenario della prestigiosa Fondazione degli Ospedali di Parigi. Adesso «La lunga notte del dottor Galvan», questo il titolo, sorta di fiaba ricca di personaggi bislacchi e strampalati all'interno di un ospedale visto non tanto come luogo di dolore, malattia e morte ma piuttosto come bizzarra palestra del grottesco approda a teatro, a partire da lunedì prossimo al «Modena» di Sampierdarena, grazie ovviamente all'Archivolto che ormai da anni ha collocato Pennac nella ristretta schiera dei propri autori-feticcio.
Un'operazione, però, una volta tanto, controcorrente: nel senso che di solito si sceglie di portare in scena uno spettacolo a partire da un libro già in vendita mentre in questo caso il libro in Italia è stato dato alle stampe poche settimane fa, solo dopo che Giorgio Gallione, che lo conosceva per averlo letto nell'originale francese, ha deciso di portarlo in scena, facendogli così da traino editoriale: «A parte un paio di innesti molieriani, tratti dal 'Malato immaginario' e da una farsa semi-sconosciuta intitolata 'La gelosia del Barboulliè', non abbiamo apportato modifiche drammaturgiche fondamentali - afferma - rimanendo rispettosamente fedeli al testo. La vicenda rimane dunque narrata dal protagonista come un lungo flashback, vent'anni dopo averla vissuta».
Protagonista che ha il volto di Neri Marcoré, che quasi si schermisce, calandosi nei panni di Galvan in un momento della carriera nel quale rischia la sovraesposizione, con un film attualmente in sala («La seconda notte di nozze» di Avati, altri due che usciranno all'inizio dell'anno prossimo («Baciami piccina» di Roberto Cimpanelli e «Adelmo torna da me» di Carlo Virzì con Laura Morante), uno spot pubblicitario di successo, una fiction in programma a dicembre su Mediaset («Filippo», dove interpreta un autistico), «Per un pugno di libri» su RAI 3 e - ancora! - un nuovo progetto televisivo con Serena Dandini e Corrado Guzzanti cui sembra tenere molto: «Non so se essere davvero contento di tutto questo - celia, mentre il naso, che pure non ne avrebbe bisogno, sembra crescergli all'improvviso -. Ho sempre cercato di dosare i miei sforzi agendo su più fronti, ma in effetti il momento è quello che è. D'altronde uno può decidere di non andare al cinema o di non vedere la televisione, evitando così di trovarsi di fronte Marcoré. Ma al di là degli scherzi, spero solo che questa situazione non tolga curiosità a chi invece vuole vedere lo spettacolo, che per me è molto particolare e difficile dal momento che pur venendo dal cabaret è la prima volta che mi trovo di fronte ad un vero e proprio monologo che non posso modificare o correggere a mio piacimento.

Questo da un lato mi spaventa, dall'altro mi fa crescere l'adrenalina che spero di buttare fuori quando si aprirà il sipario senza entrare in confusione».

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