Cronaca locale

Nelle case rosse dello Stadera dove gli abusivi dettano legge

Nei 148 appartamenti solo 73 inquilini pagano l’affitto Anziani terrorizzati e anche i custodi sociali scappano. Le case degli immigrati morosi spesso subaffittate ad altri irregolari

Via Giambellino: la paura fa 58. È il numero civico che si apre su un piccolo inferno condominiale. Là dentro anche il più navigato abitante del quartiere Stadera potrebbe sentirsi a disagio. Lo stabile fa parte di un quadrilatero di Case Aler costruite durante il Ventennio. Tutti, in zona, le conoscono come «case rosse»: un caseggiato dove l’intonaco cade a pezzi e che fa angolo con via Bellini dove, ironia della sorte, svettano gli sportelli tirati a lucido della Aler di zona Giambellino-Lorenteggio.
Al 58 di via Giambellino, gli inquilini regolari sono 73 su un totale di 148 appartamenti.
Giovani coppie di lavoratori con bambini; anziani che tirano la vita coi denti e con 400 euro al mese di pensione. Loro sono gli unici a pagare gli affitti che oscillano tra i 200 e i 450 euro al mese.
Negli altri 75 appartamenti, mono o bilocali, vivono abusivi per lo più egiziani e marocchini, molto spesso irregolari, il cui ultimo pensiero è proprio quello di pagare l’affitto.
L’atmosfera di illegalità si respira appena dentro il cortile su cui si affacciano i balconi, zeppi di antenne paraboliche. I portoni delle cinque scale sono tutti scardinati, come il cancello d’entrata: «Per fare i propri traffici - dice un anziano residente - certa gente non sopporta né lucchetti né serrature». La fotografia che ne esce? Una casbah a due passi da piazza Napoli in cui nascondersi e nascondere.
Al punto che gente mai vista prima, passa la notte nei solai, «ospite» di inquilini abusivi. In questi locali sporchi e degradati, vengono stipate reti, sedie che reggono televisori portatili, portacenere colmi di cicche. «Una situazione intollerabile - dice una signora che preferisce restare anonima - che incombe sul nostro destino da quando qualcuno ha divelto le maniglie delle porte di accesso ai solai. Nessuno dell’Istituto è venuto a sostituirle».
Col risultato che in un anno si sono verificati già due incendi perché d’inverno c’è gente che per scaldarsi porta in solaio la bombola del gas.
Il viavai di custodi è continuo: resistono pochi mesi, poi gettano la spugna: chi vuol fare rispettare le regole del vivere civile, viene minacciato.
L’accesso al cortile e alle scale, per centauri sgangherati, per sbandati e irregolari deve essere libero giorno e notte. Qualcuno, a scopo di intimidazione, qualche mese fa ha bruciato l’uscio in legno della portineria. Polizia e carabinieri? Chi abita qui ha paura: «Facciamo come le tre scimmiette - confessa Loris, 43 anni, bidello in una scuola media del centro -. Qui dentro nessuno vede, sente o parla». Un’aria talmente irrespirabile, che 68 dei 73 inquilini regolari, hanno firmato una petizione recapitata all’Aler: «Via loro, o via noi».
La risposta, a distanza di sei mesi: così tutto il caseggiato ha deciso che occuperà via Giambellino per una settimana. «I milanesi - si arrabbia una anziana - devono sapere in che condizioni viviamo».
Gli sbandati del Giambellino non solo non pagano l’affitto, ma fanno razzia nelle cantine, scardinando anche gli ultimi lucchetti dalle porte. Per non pagare la luce si attaccano alle centraline dell’impianto elettrico condominiale: piccoli black out, televisori ed elettrodomestici che vanno in tilt sono all’ordine del giorno.
Spaccio sotto gli alberi del controviale, prostituzione in appartamento e ricettazione.
«Da un anno e mezzo - dicono alcuni residenti - qui dentro è diventato l’inferno: facce da paura fanno i propri comodi a qualsiasi ora del giorno e della notte».
E l’Aler? «Questi sono problemi di ordine pubblico - dicono dal quartier generale di viale Romagna, 26 -. Non possiamo intervenire». L’inferno, per gli inquilini di via Giambellino, 58, comincia l’anno scorso, quando un extracomunitario moroso, lascia il monolocale in cui viveva, non prima di piazzarci dentro otto connazionali dai quali si presenta ogni fine mese per «riscuotere la pigione». Il degrado porta altro degrado. Così il tam tam della disperazione in breve fa approdare alla «casa rossa» gente di ogni risma.

Qui li chiamano «i vampiri»: di giorno dormono e di notte sbrigano i loro affari, costringendo la gente normale a una vita blindata.

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