Cultura e Spettacoli

Nevruz, il (non) cantante in bilico tra disastro e trionfo

Il concorrente più surreale che ci sia: veste alla Marilyn Manson ma non è cinico, più che un maledetto è un disoccupato fantasioso

Nevruz, il (non) cantante in bilico tra disastro e trionfo

Nevruz non è un cantante, così come Fini non è uno statista e Berlusconi un omosessuale. È un artista, e anche se stasera non vincerà a X Factor, sarà di lui che ci ricorderemo.

È un disoccupato intellettuale, il che ce lo rende simpatico, ha un nome che ricorda la nascita della primavera per i musulmani, infatti è figlio di un batterista turco-macedone, che se ne andò di casa quando aveva due anni, e di un’emiliana, è nato per caso a Caserta, veste come un Marilyn Manson dei poveri e ogni due per tre piange per la commozione. Più che un disperato è un devastato, più che un maledetto è un disgraziato. Però sul palcoscenico non cerca mai brani ruffiani, e se gli capita non si accontenta di cantarli come si dovrebbe e come il pubblico e la critica si aspettano, ma prova a interpretarli. Anche quando sbaglia, è per eccesso, mai per difetto. Si vede che ci crede.

Non è bello, a scuola non è andato oltre la terza media, non è un ragazzino: viaggia verso i trent’anni e per lui il successo, ha detto in un’intervista, vorrebbe dire «lavorare». In Cuore di de Amicis avrebbe trovato un posto fra il mutilatino, il piccolo tamburino sardo e l’eroico scrivano fiorentino: il cantante lavoratore.
Alla sua prima prova a X Factor si è presentato con una maschera.

Cantava canzoni non sue, ed era il suo modo di far vedere che lui è un’altra cosa, non una semplice voce e neppure un semplice interprete. Non sappiamo se scriva canzoni belle o brutte, ma siamo pronti a scommettere che non ne scrive di banali. In un’esibizione si è buttato sul pubblico a volo d’angelo, il pubblico si è scansato e lui si è schiantato a terra. Se avrà, come gli auguriamo, una carriera, di certo si romperà la faccia più di una volta, ma non per questo si farà la plastica.

A chi scrive Nevruz commuove e gli ricorda quel personaggio di Un pesce di nome Wanda che inseguiva la sua vendetta di amico degli animali, e però combinava disastri... Dà cioè l’idea di essere sempre in bilico fra la tragedia e il trionfo: non è cinico, non è scafato, è uno di quei diamanti grezzi rischiosi da tagliare. Ogni volta che la sua esibizione si conclude, lo vedi che resta lì come inebetito ad ascoltare i giudizi che lo riguardano. Quando parla, è un concentrato di luoghi comuni; la libertà dell’artista, la trasgressione, la rivoluzione, l’esprimersi, il trasmettere, brevi cenni sull'universo, insomma: però è sincero, e quindi lo si perdona con più facilità. Ma è sua anche la frase che «Nevruz è come il maiale, non si butta via niente», da cui si evince l’emiliano che si nasconde dietro il rock e il dark di cui si copre.

Nevruz è una scoperta-scommessa di Elio, il leader della band Elio e Le Storie tese. Come Morgan, Elio ha il complesso del musicista colto che ha sì successo, ma non quanto ritiene gli spetterebbe di diritto. A differenza dell’ex marito di Asia Argento, che la butta sul tragico e diventa patetico, Elio preferisce il registro ironico che però scivola nel buffonesco indignato. In Nevruz vede probabilmente qualcosa dei suoi inizi e delle sue illusioni giovanili; se non gli trasmette quel conformismo paraculo da salotto buono della satira televisiva, può essergli d’aiuto.

Nevruz vive nella Bassa modenese e se lo avesse incontrato Don Camillo lo avrebbe primo preso a pedate, con affetto, e poi lo avrebbe fatto stramangiare in canonica. È un concentrato di provincia e di voglia di evadere, di entusiasmo e di depressione, di tigna e di paura di non essere all'altezza. Suona la chitarra da quando aveva sedici anni, canta e compone canzoni da quando era ragazzino, da cinque anni si è dato alla batteria, ma oltre all’apertura di un concerto dei Metallica, quattro anni fa, e di un’esibizione al Rolling Stone di Milano, non è mai riuscito ad andare. Il suo pubblico era fra Cavezzo, San Prospero e Soliera, «quattro gatti» come ha ammesso lui stesso. Se continuava così, aveva deciso di emigrare.

Al provino per X Factor lo ha spinto la madre, e anche questo è molto italiano; perché si chiamerà pure Nevruz di nome e Joku di cognome, ma è uno di noi.

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