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Niente espulsione per i «poveri» clandestini

RomaLa Corte Costituzionale allarga ancora le maglie del pacchetto sicurezza varato dal governo nel luglio del 2009. L’ultima sentenza in materia, la numero 359 depositata ieri in cancelleria, offre agli immigrati destinatari di un decreto di espulsione la possibilità di non essere puniti se non lasciano l’Italia nei tempi dovuti. Ecco l’appiglio: basterà dimostrare di essere poveri, talmente poveri da non poter partire con mezzi propri. Per la Consulta, infatti, non sono perseguibili gli extracomunitari che in «estremo stato di indigenza» o comunque per «giustificato motivo» non hanno reiteratamente ottemperato all’ordine di allontanamento del questore. Anche se questo vuol dire consentire loro di rimanere illegalmente nel nostro paese. Clandestini a tutti gli effetti, dunque, ma con il placet dei giudici.
La questione è stata portata all’attenzione della Corte Costituzionale dal Tribunale di Voghera. Il caso è quello di una donna straniera sorpresa ancora nel nostro Paese dopo essere stata raggiunta per ben tre volte da un decreto di espulsione. Viveva nel sottoscala di uno stabile fatiscente privo di servizi e senza riscaldamento. Arrestata e portata davanti ai giudici, l’immigrata ha spiegato che non aveva i soldi per comprare un biglietto di viaggio. «Un giustificato motivo», dunque, non previsto però dall’articolo 14 comma 5 quater del testo unico sull’immigrazione, anche se secondo la Corte si tratta di una clausola tra quelle «destinate in linea di massima a fungere da “valvola di sicurezza” del meccanismo repressivo».
Nel caso in questione, per esempio, di «estrema indigenza, indisponibilità di un vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo, difficoltà nell’ottenimento dei titoli di viaggio», la clausola di «giustificato motivo» esclude la configurabilità del reato. Per i giudici «è manifestatamente irragionevole che una situazione ritenuta dalla legge idonea ad escludere la punibilità dell’omissione, in occasione del primo inadempimento, perda validità se permane nel tempo». «Un estremo stato di indigenza, che abbia di fatto impedito l’osservanza dell’ordine del questore nello stretto termine di cinque giorni - scrive il giudice Gaetano Silvestri - non diventa superabile o irrilevante perché permanente nel tempo o perché insorto o riconosciuto in un’occasione successiva». Per cui, o si procede coattivamente all’espulsione degli extracomunitari, oppure, nel caso in cui si affidi ai clandestini stessi l’esecuzione del provvedimento, è necessario tenere conto delle difficoltà pratiche dei singoli soggetti. «Per la Consulta, infatti, esiste «un ragionevole bilanciamento tra l’interesse pubblico all’osservanza dei provvedimenti dell’autorità, in tema di controllo dell’immigrazione illegale, e l’isopprimibile tutela della persona umana».
È questa, insomma, l’ennesima spallata dei giudici alla legge sull’immigrazione del governo Berlusconi dopo che lo scorso giugno, sempre la Consulta, aveva decretato l’illegittimità dell’aggravante di clandestinità prevista nel primo pacchetto sicurezza del luglio 2008 e dopo la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione sulla possibilità di evitare il rimpatrio dei clandestini con figli. Una sentenza che divide. Carolina Lussana, della Lega Nord, si chiede «quale clandestino ora verrà non dichiarato indigente?». «Per l’ennesima volta - commenta la vicepresidente dei deputati - il Parlamento approva leggi rigide per contrastare l’immigrazione clandestina e i giudici ne vanificano l’operato». Critico anche il vicesindaco di Milano: «A furia di cavilli, il mezzo milione di clandestini che gironzolano in Italia reiterando reati che destano allarme sociale ce li terremo tutti. A poco a poco i giudici stanno smontando il “pacchetto sicurezza”. Mi chiedo alla fine quali irregolari possano effettivamente essere espulsi».

Il deputato di Fli Fabio Granata definisce invece la decisione della Consulta «una pagina di civiltà» e Livia Turco, responsabile Politiche sociali e immigrazione del Pd, «una vittoria per i diritti umani».

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